Negli Scritti corsari, Pasolini scriveva che la Chiesa “potrebbe essere la guida, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che rifiutano […] il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso”. Per questa via, il cristianesimo, ritrovando la propria originaria opposizione al potere mondano, potrebbe divenire parte integrante della protesta contro la falsità universale del regime del tecnocapitalismo, ponendosi come momento non secondario del “grande rifiuto” in nome della verità negata: ancora con le parole di Pasolini, “è questo rifiuto che potrebbe quindi simboleggiare la Chiesa: ritornando alle origini, cioè all’opposizione e alla rivolta. O fare questo o accettare un potere che non la vuole più: ossia suicidarsi”. Per non evaporare del tutto e, dunque, per non suicidarsi, il cristianesimo e la Chiesa di Roma saranno costretti a opporsi al potere dominante del market system, con ciò intercettando la protesta che sempre più prenderà forma nell’eterogeneo fronte degli sconfitti della globalizzazione mercatista.

Le profetiche parole di Pasolini risalgono all’incirca al momento storico in cui Ratzinger, al tempo non ancora pontefice, aveva messo a tema l’evaporazione del cristianesimo – quale si stava realmente consumando nell’evo post-conciliare – e la necessaria resistenza che ad essa si sarebbe generata a partire da un “piccolo resto”, da un “piccolo gregge” desideroso di piacere a Dio più che al mondo e di rimanere fedele al sacro più che al profano. Così diceva Ratzinger nel 1969:

“Avremo presto, preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge”.

Ratzinger stesso, dopo aver provato a resistere come pontefice, avrebbe incarnato “il piccolo resto”, la vera Chiesa minoritaria e clandestina, avversata e marginalizzata, che resiste al nuovo ordine mondiale e, dunque, anche all’evaporazione del cristianesimo e che, proprio per questo, è ridicolizzata e sottoposta a diffamazione permanente dagli aedi del pensiero unico politicamente e teologicamente corretto. La Chiesa – aveva asserito Ratzinger in altro contesto – “ha bisogno dell’insorgere di una nuova tensione spirituale” e necessita “di un nuovo incontro con il Sacro, attraverso un culto che faccia riconoscere la presenza dell’Eterno”. La Chiesa, in altri termini, è chiamata a ridivinizzare il mondo e a risacralizzare se stessa e il proprio messaggio. È significativo, a questo riguardo, che nel 1997 l’allora cardinale Ratzinger impiegasse lo stesso niente affatto neutro termine utilizzato da Pasolini – “opposizione” – in relazione al compito che la Chiesa era, in un certo modo, costretta ad assumere per poter sopravvivere alla propria evaporazione, passando quindi direttamente dalla parte di quanti l’ordine dominante della civiltà tecnomorfa contrastano: “L’inattualità della Chiesa è, da un lato, la sua debolezza – essa viene emarginata – ma può anche essere la sua forza. Forse gli uomini possono percepire che contro l’ideologia della banalità, che domina il mondo, è necessaria un’opposizione, e che la Chiesa può essere moderna, proprio essendo antimoderna, opponendosi a ciò che dicono tutti. Alla Chiesa tocca un ruolo di opposizione profetica”.

Si tratta, invero, di una posizione difesa da Ratzinger già prima della sua ascesa al soglio pontificio, se è vero che già in Rapporto sulla fede (1984) sosteneva che “è tempo di ritrovare il coraggio dell’anticonformismo, la capacità di opporsi, di denunciare molte delle tendenze della cultura circostante, rinunciando a certa euforica solidarietà post-conciliare” e alle “interpretazioni troppo positive di un mondo agnostico e ateo”. La Chiesa – era già chiaro al futuro pontefice – deve rinunziare al proprio pericoloso rincorrere lo spirito del tempo. Ritrovarsi e, dunque, salvarsi è possibile, per essa, solo entrando in contrasto con lo spirito di un mondo che la vuole annientare: “Invece di seguire lo spirito dell’epoca – scriveva Ratzinger – dovremmo essere noi a marchiare di nuovo quello spirito con l’austerità evangelica. Noi abbiamo perduto il senso che i cristiani non possono vivere come vive chiunque” e che, dunque, accettare il mundus non comporta la salvezza del cristianesimo ma la sua autodissoluzione. Per rimanere fedele ai propri valori e al depositum fidei, i cristiani sono ora costretti dalla situazione obiettiva ad avversare strenuamente lo spirito del mondo, evitando quel compromesso col mundus che, semplicemente, determinerebbe il suicidio stesso del cristianesimo.

I cristiani, che per la prima volta nella storia bimillenaria della Chiesa tornano a essere una minoranza, sono dunque chiamati all’insubordinazione rispetto allo spirito del tempo: la loro fedeltà a Dio non può che determinarsi in una concreta opera di opposizione al mondo della sdivinizzazione e della dissacrazione. Accettando quest’ultimo, rinuncerebbero eo ipso a Dio. È allora giunta, sempre secondo le analisi di Ratzinger, l’“epoca nuova”, in cui il cristianesimo si è venuto a trovare “nella situazione del seme di senape, in gruppi di piccole dimensioni, apparentemente ininfluenti”: più che mai occorre, proprio ora, “osare di nuovo con l’umiltà del piccolo granello, lasciando a Dio quando e come crescerà”, nella consapevolezza incrollabile del fatto che “le grandi cose cominciano sempre dal granello piccolo”. Il cristianesimo deve sapere ora ritrovare il proprio spirito originario o estinguersi per sempre. Nel tempo della neochiesa post-cristiana organica al nuovo ordine cosmomercatista, il “piccolo gregge” della vera Chiesa vive già nelle catacombe, isolato e perseguitato mediaticamente: il potere è saldamente nelle mani del sinedrio neomodernista e liberal-progressista, votato all’ateismo liquido dell’indifferenza.

La lotta per la risacralizzazione del mondo diventa, dunque, parte fondamentale della più generale opposizione a un mondo dissacrato, ove tutto è ridotto al rango di merce e di ente disponibile per la prassi nichilista della tecnica e ove il solo Dio riconosciuto e onorato è il mercato capitalistico. Proprio in ciò sta il necessario recupero del cristianesimo come momento veritativo fondamentale, nel senso hegeliano, rispetto alla falsità dell’Intero mercificato: la resistenza alla falsità universale deve necessariamente basarsi non già sull’idea di un rifiuto fine a sé, esso stesso espressivo del nichilismo, bensì sul ristabilimento di un fondamento veritativo, dunque sulla riabilitazione della potenza veritativa della filosofia, della religione e dell’arte. Anche per questo, Ratzinger è stato un gigante, rappresentando la lotta della ragione e della fede contro il nulla della civiltà del mercato e della tecnica.

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