Alle 14 di oggi il 37° governo israeliano, il sesto guidato da Benjamin Netanyahu ha prestato giuramento mentre migliaia di persone protestavano davanti alla Knesset contro il nuovo esecutivo. Il Bibi VI° si presenta come uno dei governi più contestasti, per la decisa svolta destra impressa aprendo la porta ai partiti ultra religiosi e xenofobi come Sionismo Religioso e Jewish Power e facendo tornare nelle sedie che contano i suoi tradizionali alleati: i tre partiti religiosi ultraortodossi.

Netanyahu ha nominato 29 ministri e tre viceministri. In tre ministeri del governo – Difesa, Istruzione e Welfare – si alterneranno due ministri. Il vasto numero di incarichi per un Paese piccolo come Israele la dice lunga su quanto siano stati laboriosi i negoziati, pieni di centinaia di clausole scritte, nelle quali gli alleati di governo di Netanyahu vengono ampiamente ripagati. Le trattative hanno dato vita al governo più a destra della storia di Israele e le premesse dell’azione dell’esecutivo si presentano come sconvolgenti per molti israeliani. Bibi ha accettato tutte le richieste dei suoi alleati, specie quelli dell’ultra destra nazionalista che prendono il controllo della Difesa, della Polizia, dell’ente che si occupa dei Territori occupati (COGAT), ma anche dell’housing e delle forze armate (Idf). In cambio Bibi ha ottenuto mano libera sulla Giustizia, e sui 3 processi dove è imputato per corruzione. Ci sono poi le premesse per leggi più restrittive per LGBT, per l’esonero dal militare per gli ortodossi e i finanziamenti alle loro comunità, per l’insegnamento religioso nelle scuole.

Il discorso di insediamento di Netanyahu è stato chiaro. La Cisgiordania è in cima alla lista delle priorità del prossimo governo. L’esecutivo “promuoverà e svilupperà gli insediamenti in tutte le parti della terra d’Israele, in Galilea, Negev, alture del Golan e Giudea e Samaria”, nomi biblici che si riferiscono alla Cisgiordania.

Al centro della politica del Netanyahu VI° ci sono le riforme nei sistemi giudiziari e la “concessione di priorità” alla legiferazione della cosiddetta “ clausola che scavalca”, che consentirebbe a una maggioranza della Knesset di annullare le sentenze della Corte Suprema, il vero baluardo della democrazia israeliana.

Negli accordi di coalizione ci sono poi modifiche di diverse leggi per consentire ai nuovi governanti di poter occupare importanti posizioni di governo. Perché quattro dei primi cinque leader di partito del governo di coalizione entrante – Bibi Netanyahu, Aryeh Deri, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir – sono stati arrestati, incriminati, condannati o hanno scontato una pena detentiva con l’accusa di corruzione o istigazione al razzismo. Due di loro sono destinati a un ruolo chiave. L’ultranazionalista e anti-arabo Ben-Gvir, leader del partito Jewish Power, è ministro della sicurezza nazionale che avrà la supervisione non solo della polizia israeliana ma anche di altre forze dell’ordine, inclusa la polizia di frontiera, che sono molto attive nella Cisgiordania occupata. Smotrich è il nuovo ministro delle Finanze e a lui e al suo partito, Sionismo religioso, andrà la responsabilità dell’amministrazione civile (COGAT), che invece è sempre stata gestita dal ministero della Difesa israeliano. L’amministrazione civile ha il potere di espandere gli insediamenti ebraici, di limitare la vita quotidiana dei palestinesi e di far rispettare la legge, compresa la demolizione delle case.

Singolare il fatto – viene fatto notare da tutti i parlamentari dell’opposizione – Ben-Gvir e Smotrich avranno accesso ai file dello Shin Bet (la sicurezza interna di Israele) che li riguardano quando, negli anni scorsi, erano sotto sorveglianza per le loro attività xenofobe e razziste, per attentati contro chiese e moschee.

“Non si tratta di nuove leggi per quanto estreme e oltraggiose – ha sintetizzato lo scrittore David Grossman su Haaretz – ma di un cambiamento nella nostra identità, un cambiamento di carattere dello Stato. E quando si scoprirà che dove si è spinto Netanyahu non c’è ritorno, sarà impossibile eliminare o addirittura domare il caos che ha creato”. Non è solo l’opposizione ad essere allarmata dai cambiamenti che il Bibi VI° vuole imporre. Malumori pubblici per la decisa svolta a destra sono venuti anche da dirigenti del Likud – il partito di Bibi – come Dan Meridor, esponente dell’ala centrista e liberale del partito ed ex ministro della Giustizia in diversi governi guidati proprio dal nuovo premier – ha accusato Netanyahu di anteporre la sua ambizione al potere agli interessi del paese, svendendo il carattere democratico di Israele per conquistare i partner della coalizione aderendo a richieste controverse. Si moltiplicano le prese di posizione pubbliche, 100 ex ufficiali dell’Iaf (l’aeronautica israeliana) e 78 giudici in pensione hanno firmato un appello contro le annunciate decisioni del governo. Il capo di Stato maggiore –Aviv Kochavi – in un raro intervento pubblico ha chiesto a Bibi di non dare il comando delle strutture della Cisgiordania al “Sionismo religioso” e il controllo della polizia di frontiera a “Jewish Power”.

Tra i funzionari dell’intelligence dell’IDF, c’è una crescente preoccupazione che i conflitti in Cisgiordania possano aumentare nel prossimo futuro. Ciò, alla luce dei processi interni all’Autorità palestinese e dei piani del nuovo governo di compiere mosse unilaterali in Cisgiordania, sulla Spianata delle Moschee o Monte del Tempio e con i cittadini arabi di Israele. L’establishment della sicurezza israeliano teme che in futuri conflitti l’Idf debba agire in più arene contemporaneamente, anche contro l’Iran, Hezbollah, Hamas, così come contro i nuovi gruppi armati come Lion’s Den in Cisgiordania. Questa combinazione, affermano fonti della sicurezza, potrebbe portare a una significativa escalation.

Netanyahu non sembra avere dubbi, convinto che il suo carisma, il suo potere personale e la sua astuzia saranno in grado di sostituire i controlli istituzionali e impedire ai suoi partner estremisti di spingere Israele verso un precipizio. Difficile sapere se ce la farà. Certo è, come scrive Grossman, che “le fauci spalancate dell’anarchia stanno mostrando i denti alla più fragile democrazia del Medio Oriente”.

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