Una sorta di star televisiva che “raccontò frottole” e che lo fece con “dolo”. È una requisitoria durissima quella che il pm di Marsala Roberto Piscitello ha pronunciatore nei confronti dell’ex magistrata Maria Angioni, accusata di false informazioni a pubblico ministero. L’ex pm, che indagò sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone, la bimba sparita da Mazara del Vallo l’1 settembre del 2004, è imputata di aver mentito ai colleghi della Procura di Marsala denunciando depistaggi e omissioni nell’inchiesta sul sequestro della bambina. Per lei la procura ha chiesto la condanna a due anni di carcere.

“Angioni ha mostrato assoluto spregio della Giustizia, ha ingannato il pubblico ministero ed il giudice tutte le volte in cui ha preso la parola; ha presentato confusi documenti tanto sovrabbondanti quanto irrilevanti; ha mantenuto un comportamento ostinatamente calunnioso anche dopo la commissione del reato, infangando nei media la Polizia nei Mazara del Vallo” , ha detto Piscitello al termine della requisitoria. “Tanto ha fatto per tenere lontana da tutti l’idea che Denise Pipitone non sia stata trovata e i colpevoli assicurati alla giustizia, per incapacità a lei attribuibili. – ha aggiunto – Circostanza questa che denota la rilevante intensità del dolo. Da magistrato ha ritenuto di potersi muovere tra cavilli ed interpretazioni, suggestionando l’interlocutore a ritenere che potesse essere incorsa in un cattivo ricordo, in quanto tale incompatibile con l’elemento soggettivo del dolo richiesto dalla norma incriminatrice”.

“Nelle fluviali dichiarazioni che molto generosamente rilasciava nelle sue plurime apparizioni televisive, nei suoi account internet, nei social in cui la sua presenza mai mancava, Angioni gettava più di un’ombra sulle modalità con le quali il commissariato di Mazara del Vallo avrebbe condotto le indagini. Senza mezzi termini lasciava intendere che quelle investigazioni furono segnate dall’assoluta infedeltà della polizia giudiziaria che in qualche caso avrebbe operato delle gravi omissioni, dei favoritismi tutti finalizzati a garantire l’impunità ai colpevoli del sequestro di Denise Pipitone “. Angioni non si limitò, però, alle dichiarazioni tv e confermò le sue accuse di depistaggi a verbale davanti ai colleghi di Marsala che a quel punto cercarono riscontri. Dagli accertamenti – ricorda il pm – “è emerso, però, che le sue dichiarazioni erano completamente prive di fondamento, facendo tutte riferimento a fatti e mai verificatisi nei termini così perentori in cui li aveva riferiti da testimone“. Iscritta nel registro degli indagati a quel punto l’ex pm venne convocata per rendere interrogatorio. “L’imputata da cui ci si sarebbe allora ragionevolmente atteso una semplice presa d’atto di quanto la procura aveva accertato, con conseguente indolore correzione delle dichiarazioni precedentemente rese – spiega il pm – nel corso dell’interrogatorio ha invece sostanzialmente confermato le frottole raccontate in sede di informazioni, impegnandosi in una estenuante tiritera di ammissioni e smentite non seguite da una presa d’atto chiara ed inequivocabile che ciò che aveva riferito non corrispondeva al vero”.

Maria Angioni mentì quando disse ai colleghi della Procura di Marsala di aver scoperto ‘non senza sconcerto’ che una telecamera montata nel corso dell’indagine sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone fosse stata disattivata dal commissariato di Mazara del Vallo, illegittimamente, a sua insaputa, quindi senza che la Procura lo avesse disposto, danneggiando così l’inchiesta sul sequestro della bambina. “I documenti prodotti dimostrano esattamente il contrario e cioè che fu proprio la polizia ad avere l’intuizione investigativa di montare la telecamera il 15 novembre del 2004 e Angioni stessa, con un provvedimento a sua firma, ad attivarla e che la cessazione del funzionamento della telecamera venne disposto dalla Procura di Marsala il 3 giugno 2005”, ha spiegato il magistrato.

Angioni non ha mai tolto le indagini al commissariato di Mazara del Vallo (poi accusato appunto di aver inquinato l’inchiesta), anzi, da titolare del caso coinvolse maggiormente i poliziotti secondo Piscitello: “Angioni, infatti, immediatamente dopo una prima interruzione delle intercettazioni in atto, sottoscrisse, subito, più decreti delegando tutte le operazioni allo stesso commissariato di Mazara del Vallo”, ha fatto notare Piscitello che ha sottolineato che “in un altro momento, prendendosi gioco finanche della Giustizia, Angioni ha goffamente cercato di spostare in avanti il momento in cui ha ostinatamente (e falsamente) ribadito di aver preso la decisione di sottrarre le indagini al commissariato di Mazara”. Il pm ha parlato di “malafede” dell’imputata. “Ci vorrebbe uno psicologo o uno psichiatra e questa faceva il magistrato”, ha aggiunto.

“Assoluta consapevolezza, sguaiati tentativi di difendersi attivamente, calunnie nei confronti del commissariato di Mazara del Vallo, lettura malevola dei fatti, dolo ingannevole” ha aggiunto il pm. “Angioni ha sempre agito con fare sicuro; – ha detto il magistrato – le sue affermazioni, spesso rafforzate dal sarcasmo di chi dice solo verità sono state pronunziate in maniera scientificamente calcolata e lucida, con il preciso obiettivo di accreditare la sua visione volutamente denigratoria dell’organo di Polizia preso di mira. Dichiarazioni necessarie – dal suo punto di vista – per giungere alla conclusione che proprio quella infedeltà portò all’insuccesso delle indagini”. “Va da sé, allora, come questo atteggiamento psicologico, se da un lato è finalizzato ad allontanare sospetti di incapacità professionale; dall’altro evidenzia che dileggiare il commissariato di Mazara del Vallo fosse diventata per lei una conseguente necessità rispetto alla quale, anche dal punto di vista mediatico, finì per esporsi a feroci critiche”, ha aggiunto. Nella requisitoria il pm ha alternato la ricostruzione dei fatti alla trasmissione di spezzoni di interventi della Angioni in tv.

“Condivido l’irritazione del pm, ma in questo processo bisogna separare la fase delle dichiarazioni televisive da quelle rese all’autorità giudiziaria. Quando la Angioni, da indagata, venne ascoltata in procura, disse: ‘se gli atti dicono cose diverse dalle mie, valgono gli attì – ha detto l’avvocato Andrea Pellegrino, legale della Angioni – Sono convinto che va scusato come l’errore grossolano anche il cattivo ricordo, altrimenti in ogni processo verrebbero contestate tante false testimonianze, reato per cui fino alla riforma del 1989 si prevedeva l’arresto in aula. La Angioni non aveva gli atti del procedimento Denise non aveva gli atti e non poteva consultarli. È stata una negligenza non chiederli. Ma il dato oggettivo è che non li ha consultati”, ha sostenuto il co-difensore Stefano Pellegrino. Il legale ha anche affermato che la sua cliente avrebbe ritrattato le dichiarazioni rese.

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