E’ inutile girarci intorno: la sanità è uno di quei settori che si regge interamente sui suoi operatori. Cioè su quel genere di risorse che si definiscono “umane”. La sanità, quindi i servizi sanitari, senza risorse umane è come se non ci fosse. Se senza il cuoco non si cena, in sanità senza operatori (medici, infermieri e altri) la cura dei malati è impossibile. Le risorse umane in sanità sono il vero capitale.

Una irrefutabile verità ma che negli ultimi decenni, soprattutto dalla sinistra di governo, è stata spudoratamente negata. Anzi, con la scusa della sostenibilità finanziaria la sanità è stata deliberatamente de-capitalizzata bloccando le assunzioni, ricorrendo al precariato, riducendo gli organici, bloccando il turn over, fino ad arrivare alla decisione estrema: mettere tetti ai fabbisogni di personale e quindi a priori sbarrare per legge la strada alle assunzioni.

La de-capitalizzazione della sanità prende forma con il centro sinistra, quindi prima di Meloni. Sarà infatti il governo Conte 2, quindi il rivoluzionario ministro Speranza, segretario di Articolo 1, che nel 2019 (dl 53) metterà a regime una vera e propria norma di sbarramento il cui principio ancora oggi è in auge: le regioni non possono spendere per il personale più di quello che hanno speso nel 2018.

Dopo le ultime elezioni arriva il centrodestra che per tutta la campagna elettorale aveva sparato a palle incatenate contro i tetti alle assunzioni per la sanità. E che fa? I ministri Schillaci e Giorgetti, rispettivamente salute e economia, confermano in sanità i tetti alle assunzioni, limitandosi a limarli un po’ (del 5%): nulla rispetto al reale fabbisogno. Ma non solo: si inventano una metodologia in base alla quale nessuna regione può derogare dai tetti se prima non si è messa in regola con gli standard che in questi anni hanno guidato il processo di deospedalizzazione nel nostro paese (Dm70).

Siccome in sanità da più di mezzo secolo vale il criterio che il personale degli ospedali è calcolato in base al numero dei posti letto, le regioni che grazie ai tetti al 5% volessero assumere un po’ di personale in più prima di tutto dovrebbero chiudere gli ospedali giudicati inutili e quindi ridurre il numero di posti letto. Una follia se pensiamo a come sono ridotti i pronto soccorso e alla grande carenza nel nostro paese di posti letto.

Tutti i media non filogovernativi, in occasione della finanziaria, hanno sottolineato correttamente il problema grave dei sottofinanziamenti alla sanità. Io addirittura ho parlato di ritorno dei tagli lineari. Ma nessuno ha segnalato il problema del mantenimento dei tetti alle assunzioni. La vera mazzata alla sanità pubblica, proprio perché la cena senza cuoco non è possibile, verrà dalla decisione ora al vaglio delle regioni del governo Meloni non di correggere le politiche di de-capitalizzazione della sanità, ma di riconfermarle anche confermando il Pnrr, con in più l’obbligo da parte delle regioni di completare il processo di smantellamento degli ospedali pubblici che era cominciato a partire dalle controriforme del Pd (leggi 502/1992 e 229/1999).

Se in sanità la destra fa esattamente quello che ha fatto la sinistra, restando del tutto subalterna alle visioni contro-riformatrici, neoliberali, privatizzanti e de-capitalizzanti del Pd, allora è finita. Del resto anche per cambiare il Pnrr e le politiche sbagliate della sinistra ci vogliono delle idee, che da quel che vedo a lungotevere ripa sono piuttosto scarse.

Le mazzate quindi con la finanziaria decisa e a Pnrr (missione 6) invariante contro la sanità sono due: niente soldi e sempre meno operatori. Gli operatori che si potranno assumere con tutti gli standard da rispettare sono enormemente inferiori al fabbisogno reale.

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