Sul whistleblowing il governo di Giorgia Meloni si salva in calcio d’angolo. A 24 ore dalla scadenza l’esecutivo ha recepito la direttiva europea sul whistleblowing, cioè la numero 2019/2037. Con la influenzata, è stato il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani a presiedere un Consiglio dei ministri flash tenutosi stamane a Palazzo Chigi. In meno di 20 minuti il governo ha approvato diversi diversi decreti legislativi di attuazione di direttive europee su varie materie, dalla qualità delle acque, ai trasporti.

La norma più importante è il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio. Un atto emenato dagli organismi comunitari più di due anni fa, il 23 ottobre 2019: da allora vari appelli erano stati lanciati nei confronti dei governi – soprattuto quello guidato da Mario Draghi con Marta Cartabia ministra – per recepire la direttiva ch potenzia la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. All’interno del decreto approvato dal Cdm, infatti, ci sono disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.

In pratica viene allargata la platea dei beneficiari delle protezioni previste dalle normative varate a partire dal 2012 e poi dalla legge che nel 2017 ha introdotto in Italia la figura del whistleblower prendendola in prestito dai Paesi anglosassoni. Whistleblower vuol dire letteralmente colui che soffia nel fischietto come un arbitro che segnala una scorrettezza e blocca il gioco. Con questo termine si indica, quindi, il lavoratore che scoprendo un illecito decida di denunciarlo assumendosi il rischio di vessazioni, ritorsioni o molestie. Nella bozza dello schema di decreto legislativo oltre ai dipendenti pubblici vengono tutelati come whistleblower anche collaboratori, consulenti, volontari o tirocinanti ma anche colleghi di lavoro della persona segnalante che hanno con essa un rapporto abituale.

Nella bozza della schema del decreto entrato a Palazzo Chigi si allarga anche il confine di quelle che sono considerate ritorsioni nei confronti del whistleblower: non solo il licenziamento o una decurtazione dello stipendio, ma anche, ad esempio, le discriminazioni o i danni, anche alla reputazione, in particolare sui social media. “Finalmente l’Italia recepisce la normativa europea sul whistleblowing – sottolinea il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia – da Anac fortemente voluta. La tutela del whistleblower è un diritto fondamentale, riconosciuto a livello internazionale, estensione del diritto di libertà di espressione”.

Nella stessa bozza entrata in Consiglio dei ministri si prevedeva pure il potenziamento del team dell’Autorità Anticorruzione per garantire tempi certi e dare una risposta al whistleblower: sette giorni per la conferma di ricezione, tre mesi per dare un responso sulla segnalazione. Ma l’Authorithy dovrà intervenire anche comminando sanzioni salate – fino a 50mila euro – ai datori di lavoro o i superiori che si vendicano contro il whistleblower.

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