Non solo la repressione delle forze di sicurezza e le uccisioni durante gli scontri in strada, da oggi anche il boia inizia a colpire le manifestazioni anti-governative in corso in Iran da più di 2 mesi, scatenate dalla morte della 22enne Mahsa Amini, la giovane deceduta mentre era in custodia della polizia morale che l’aveva arrestata per aver indossato male il velo. È stata infatti eseguita la prima condanna a morte di un dimostrante, Mohsen Shekar, arrestato durante le proteste, come annunciato dalla magistratura della Repubblica Islamica. Le forze di sicurezza di Teheran continuano ad aprire il fuoco contro i manifestanti scesi in strada e i medici intervistati dal Guardian riferiscono che le donne vengono generalmente colpite nella faccia, sul petto e sui genitali, a differenza degli uomini. E intanto un nuovo membro della famiglia della Guida Suprema, Ali Khamenei, si scaglia contro l’ayatollah: “Mio fratello è un despota”, ha scritto in una lettera aperta a La Stampa la sorella, Badri Hossein Khamenei.

L’esecuzione di Shekari – Shekari è stato accusato di aver bloccato una strada, di disordini, di aver estratto un’arma con l’intenzione di uccidere nonché di aver ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio. La magistratura ha detto che l’udienza si è tenuta il 10 novembre e l’imputato ha confessato le accuse a suo carico. Così, dopo la sentenza di colpevolezza, l’uomo è stato impiccato nella mattinata dell’8 dicembre dopo essere stato giudicato colpevole da un tribunale rivoluzionario di “inimicizia verso Dio”. Le organizzazioni che lottano per i diritti umani nel Paese lanciano l’allarme: Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights, con sede in Norvegia, ha twittato che le esecuzioni dei manifestanti inizieranno a verificarsi quotidianamente a meno che le autorità iraniane non siano messe di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale”.

Gli Usa: “Esecuzione è escalation sinistra del regime” – E non si è fatta attendere la reazione della comunità internazionale. “L’esecuzione di Mohsen Shekari rappresenta una escalation sinistra dei tentativi del regime per eliminare tutte le critiche e reprimere le manifestazioni” ha detto il portavoce del dipartimento di stato Usa Ned Price, mentre il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha twittato che gli Usa “chiederanno conto al regime iraniano delle violenze brutali che ha inflitto al suo popolo”.

Teheran replica: “Nostra reazione proporzionata, Occidente ipocrita” – A sua volta Teheran ha replicato duramente alle accuse degli Stati Uniti. “Nel contrastare le rivolte, l’Iran ha mostrato la massima moderazione e, a differenza di molti regimi occidentali che diffamano e reprimono violentemente anche i manifestanti pacifici, l’Iran ha impiegato metodi antisommossa proporzionati e standard” si legge sul profilo Twitter ufficiale del ministero iraniano degli Esteri., secondo cui “lo stesso vale per il processo giudiziario: moderazione e proporzionalità”, con il regime che respinge “l’ipocrita paternale all’Iran” da parte dell’Occidente. “Tuttavia, la sicurezza pubblica è una linea rossa – continua l’intervento in un secondo post collegato – L’assalto armato e il vandalismo non sono tollerabili, nemmeno per i regimi occidentali che hanno trovato un pretesto per fare un’ipocrita paternale all’Iran. Invece di sbandierare la sua falsità con dichiarazioni politicizzate – si legge ancora – l’Occidente deve smetterla di ospitare, sostenere e incoraggiare i terroristi“.

La repressione della rivolta: colpite le donne – Fino a oggi, sono 11 le persone arrestate durante le manifestazioni di piazza in diverse città della Repubblica Islamica e condannate a morte. Sentenze che si basano sulla lettura fornita dall’establishment iraniano, secondo il quale le proteste sono istigate dai nemici stranieri del Paese, ordinando per questo alle forze di sicurezza di “affrontarle con decisione”. Finora, almeno 475 manifestanti sono stati uccisi e 18.240 sono stati arrestati, secondo l’agenzia di stampa degli attivisti per i diritti umani Hrana che ha anche riferito la morte di 61 membri del personale di sicurezza. E la repressione continua senza sosta. Il Guardian ha intervistato diversi medici e testimoni secondo i quali le ferite da arma da fuoco riscontrate sui corpi dei dimostranti di sesso maschile e quelle di sesso femminile sono generalmente diversi. Se i pallini degli shotgun del regime colpiscono i primi generalmente alle gambe, alle natiche e alla schiena, per le donne le parti più interessate sono invece la faccia, il petto e i genitali.

L’atteggiamento dei vertici iraniani ha scatenato l’indignazione e le proteste di molti all’interno e fuori dal Paese, comprese alcune persone vicine alla Guida Suprema. Dopo l’arresto della nipote di Khamenei, Farideh Moradkhani, per aver sostenuto i dimostranti, adesso è la madre della donna e sorella dell’ayatollah a scagliarsi contro il fratello: “Il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per ottenere i suoi diritti. Spero di vedere presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia che governa l’Iran. Che la giusta lotta del popolo per raggiungere la libertà e la democrazia si realizzi il prima possibile”, ha scritto nella missiva pubblicata dal quotidiano torinese. E ha poi aggiunto: “Nel nome di Dio, perdere un figlio ed essere lontano da tuo figlio è una grande tristezza per ogni madre. Molte madri sono rimaste in lutto negli ultimi quattro decenni. Penso che sia opportuno ora dichiarare che mi oppongo alle azioni di mio fratello ed esprimo la mia simpatia per tutte le madri che piangono i crimini del regime della Repubblica Islamica, dai tempi di Khomeini all’attuale era del dispotico califfato di Ali Khamenei“. La sorella del leader iraniano conclude la sua lettera spiegando che “l’opposizione e la lotta della nostra famiglia contro questo sistema criminale sono iniziate pochi mesi dopo la rivoluzione. I crimini di questo sistema, la soppressione di qualsiasi voce dissidente, l’imprigionamento dei giovani più istruiti e ispirati di questa terra, le punizioni più severe e le esecuzioni su larga scala iniziarono fin da subito. Come tutte le madri in lutto iraniane sono anche triste per il fatto di esser lontana da mia figlia. Quando arrestano mia figlia con violenza, è chiaro che applicano migliaia di volte più violenza ad altri ragazzi e ragazze oppressi che sono sottoposti a crudeltà disumana”.

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