Una pioggia di soldi così, sull’università italiana e in un colpo solo, probabilmente non si è mai vista. Grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza sono previste risorse per 1,8 miliardi da destinare alla ricerca, sotto forma di assunzione di almeno 900 nuovi ricercatori a tempo determinato e di finanziamento di 5.350 progetti entro il mese di giugno 2025. Si tratta dell’investimento previsto dal “Fondo per il Programma Nazionale della Ricerca (PNR) e Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale”, compreso nel Pnrr. Gli addetti ai lavori sostengono che si tratta comunque di una rincorsa, rispetto alle maggiori risorse di cui dispongono in via ordinaria gli altri paesi industrializzati.

La gestione di tutto questo denaro richiede un controllo e una supervisione, per evitare sprechi, discriminazioni e mancato raggiungimento degli obiettivi. Per questo la Corte dei Conti ha avviato una verifica costante, affidandola al Collegio del controllo concomitante presso la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato. Presieduto da Massimiliano Minerva, il collegio ha approvato una deliberazione che ha fatto propria la relazione del giudice Fedor Melatti. Luci ed ombre di un percorso che offre, in ogni caso, grandi opportunità. Il responso? I giudici raccomandano “una fortissima accelerazione” delle procedure di valutazione dei progetti di ricerca che verranno presentati in risposta ai bandi, così da poter raggiungere il prossimo target europeo. Altrimenti c’è il rischio di perdere i finanziamenti. In secondo luogo l’obiettivo di destinare il 40% delle nuove assunzioni di ricercatori ad atenei dell’Italia meridionale è molto lontano dall’essere raggiunto, visto che ci si attesta per ora al di sotto del 30 per cento. È la dimostrazione di un’Italia a due velocità anche in ambito culturale e universitario.

L’investimento è inserito all’interno della Missione 4 “Istruzione e ricerca”, ha come soggetto attuatore il Ministero dell’Università e Ricerca e mira a “rafforzare le misure di sostegno alla ricerca scientifica indicate nel Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) 2021-2027, nonché di finanziare Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN), di durata triennale”. È suddiviso in tre sub-investimenti: “Risorse per assunzioni”, “Programma Nazionale per la Ricerca” e “Progetti PRIN”. I target da raggiungere sono 3.150 progetti assegnati entro il 2023, 5.350 progetti assegnati entro il 2025 e 900 ricercatori a tempo determinato assunti con scadenza al 2025.

Per quanto riguarda le assunzioni, il Mur ha informato la Corte dei conti che, avendo raggiunto le 2.308 unità, è stato abbondantemente superato il target europeo. In merito al Pnr, sono stati finanziati 16 progetti di ricerca presentati da enti e istituzioni pubbliche, nonché 433 progetti di unità di ricerca delle università. Nell’ambito dei bandi Prin, una prima tranche ha finanziato definitivamente 308 programmi di ricerca, pari a 1.259 unità di ricerca (ognuna di queste appartiene a diversi atenei, enti o istituzioni, che collaborano allo stesso progetto, ma ha autonomia contabile). Una seconda tranche relativa al 2022 (che ha una dotazione di 741,8 milioni di euro, di cui 550 milioni in quota Pnrr) ha registrato richieste di finanziamento per 7.817 progetti per complessivi 1,8 miliardi di euro: tenendo conto di un valore medio per progetto pari a 240mila euro, si prevede che saranno finanziati 3.050 progetti (con circa 6.100 unità di ricerca), in linea con il target europeo. Ma si tratta, sostengono i giudici contabili, solo di una stima: i progetti assegnati sono al momento il 10 per cento, anche se l’iter va completato entro il 2023. Per questo raccomandano una “accelerazione”, alla luce del “ritardo nello stato di avanzamento” e alla mancanza di poco più di un anno alla scadenza.

Una nota dolente viene dal sub-investimento “Risorse per assunzioni”. Per legge era stata individuata una quota pari al 40 per cento da destinare alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia). Dai dati trasmessi dal Mur emerge, invece, che su un totale di 2.308 assunzioni finora effettuate, 707 afferiscono a istituzioni universitarie con sede in regioni del Sud, pari al 30 per cento. “Si rileva dunque che dai dati sulle assunzioni dei ricercatori a tempo determinato emerge il mancato rispetto della quota pari al 40 per cento” scrivono i giudici. Per questo la Corte ha deciso di segnalare il caso di scostamento al Dipartimento per le politiche di coesione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, “al fine di sottoporlo, ove necessario, alla Cabina di regia, per l’adozione delle occorrenti misure correttive e la proposta delle eventuali misure compensative”.

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