450 milioni di euro. Alla vigilia del nuovo dibattito parlamentare in vista di un sesto decreto per l’invio di armi all’Ucraina, l’Osservatorio Mil€x stima il costo dei sistemi d’arma inviati finora per combattere contro le forze russe. Domani e mercoledì il tema sarà discusso a Montecitorio, dove ai deputati sarà sottoposta anche la mozione del Movimento 5 Stelle. Il testo non chiede uno stop all’invio di armi a Kiev, bensì impegna il governo “a voler illustrare preventivamente alle Aule l’indirizzo politico da assumere in occasione di consessi di carattere internazionale riguardanti il conflitto Russia-Ucraina, compreso quello concernente l’eventuale invio di forniture militari“; in più chiede all’esecutivo di essere “protagonista” in “una nuova fase di sforzi diplomatici“. Impegni che persino il governo potrebbe accettare e che anche i Dem avrebbero difficoltà a non condividere. Il successo di Conte consisterebbe nel far votare un proprio documento ai Dem, che infatti stanno predisponendo una propria mozione, che però deve mettere d’accordo anche l’intero gruppo del Pd.

Il costo reale della spesa del nostro Paese, come di tutti i Paesi Ue, è da calcolare in riferimento allo European Peace Facility, strumento di copertura scelto dal Consiglio Europeo visto che “i fondi militari sono esclusi dalle competenze specifiche dell’Unione, secondo i Trattati costitutivi”. Il contributo per ogni Paese, si legge su Mil€x, è stabilito “in base al Reddito nazionale lordo” e “la quota di contribuzione annuale dell’Italia è quindi di circa il 12,5%“. “La modalità di erogazione fondi a copertura degli invii delle armi rimane definita in base al controvalore degli armamenti secondo i meccanismi di funzionamento già stabiliti. Ciò significa che ciascun Paese può richiedere rimborsi Epf in base a quanto dichiara di aver inviato all’Ucraina: poiché però i controvalori dei materiali d’armamento spediti sono molto più alti del fondo comune già deciso la copertura non potrà essere integrale. Al momento, soprattutto a seguito delle forti pressioni della Polonia che è ai vertici della lista dei sostenitori militari dell’Ucraina, ci si sta orientando su una copertura pari a circa il 50%“.

A fronte di questi dati, l’Osservatorio sulle spese militari italiane calcola il peso effettivo sulle casse italiane: “Partendo dall’unica cifra diffusa in qualche modo dal Ministero della Difesa il nostro Paese si dovrebbe vedere restituiti 75 dei 150 milioni spesi ma a fronte di una “quota Epf” di circa 387 milioni di euro. Cioè un totale complessivo per le casse pubbliche che supera abbondantemente i 450 milioni di spesa“. Senza contare che “l’eventuale aumento del “controvalore dichiarato” dall’Italia (assumendo che la cifra fornita da Guerini mesi sia solo una stima minima di base, superata dagli invii successivi) non anderebbe a migliorare l’impatto finanziario, anzi lo peggiorerebbe per vari motivi. Da un lato – scrive l’Osservatorio – perché la segnalazione spregiudicata di alti “valori di magazzino” per ottenere più rimborsi da parte di alcuni Paesi UE sta già creando tensione tra gli alleati, senza dimenticare che l’Epf – come visto – già ora non è in grado di coprire interamente le richieste: se l’Italia chiedesse un maggiore rimborso la quota non coperta supererebbe dunque per mera algebra i 75 milioni stimati al momento. Dall’altro perché l’intensificarsi di richieste da parte degli Stati Membri potrebbe spingere a decisioni di irrobustimento del totale del Fondo, a cui l’Italia come detto contribuisce per un non residuale 12,5%, di fatto aumentando e non certo diminuendo la forbice tra erogato e ricevuto”. La cifra, in ogni caso, è soltanto una stima dedotta dalle cifre finora a disposizione. In base “a quale sarà l’indirizzo preso, che potrebbe essere definito e chiarito nell’ambito delle decisioni sulla Legge di Bilancio in discussione a breve, la stima complessiva del costo per l’Italia del sostegno militare all’Ucraina potrebbe dover essere significativamente ritoccata, in aumento”.

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