Quasi 40 anni dopo tornano d’attualità le domande senza risposta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. La ragazza, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, aveva 15 anni quando sparì a Roma, alla fine di una lezione alla scuola di musica. Era il 22 giugno 1983: da allora il mistero Orlandi ha attraversato tre pontificati, quello di san Giovanni Paolo II, il Pontefice dell’epoca della scomparsa, e quelli di Benedetto XVI e Francesco. Proprio quest’ultimo, nella sua prima domenica da vescovo di Roma, il 17 marzo 2013, salutò la mamma e il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, dopo la messa che celebrò nella Parrocchia Pontificia di Sant’Anna in Vaticano, al confine tra lo Stato più piccolo del mondo e l’Italia. “Emanuela sta in cielo”, disse loro il Papa. Segno che per la Santa Sede la ragazza è ormai morta da tempo.

Ora il caso Orlandi è ritornato al centro della cronaca grazie allo straordinario successo mediatico ottenuto da Vatican Girl, la docuserie in quattro puntate di Netflix, scritta e diretta da Mark Lewis. Un mistero che attraversa quattro decenni tra intrighi internazionali, sacri palazzi e i legami con Cosa nostra e la Banda della Magliana, intrecciandosi con l’attentato a Wojtyla del 13 maggio 1981 per mano di Ali Agca. L’orologio della storia torna al drammatico Angelus del Papa polacco, il 3 luglio 1983: “Desidero esprimere la viva partecipazione con cui sono vicino alla famiglia Orlandi, la quale è nell’afflizione per la figlia Emanuela di 15 anni, che da mercoledì 22 giugno non ha fatto ritorno a casa. Condivido le ansie e l’angosciosa trepidazione dei genitori, non perdendo la speranza nel senso di umanità di chi abbia responsabilità in questo caso. Elevo al Signore la mia preghiera perché Emanuela possa presto ritornare incolume ad abbracciare i suoi cari, che l’attendono con strazio indicibile. Per tale finalità invito anche voi a pregare”. Un intervento, quello del Pontefice, che proiettò subito grande attenzione mediatica alla scomparsa della giovane di nazionalità vaticana. D’altra parte, già pochi giorni dopo la denuncia della famiglia, i servizi segreti italiani s’interessarono direttamente al caso, come racconta Pietro Orlandi: perché gli 007 avrebbero dovuto interessarsi al caso di un’adolescente scomparsa?

Ma non solo. Grazie alla voce narrante del giornalista Andrea Purgatori, che all’epoca della scomparsa seguì la vicenda da cronista, in Vatican Girl vengono passati in rassegna i 39 anni di misteri irrisolti. Fino alle ipotesi che sono emerse recentemente, durante il pontificato di Bergoglio, e che hanno trovato il Vaticano disposto a collaborare nella ricerca di una verità che appare sempre più lontana. Come quando, nell’estate 2019, la Santa Sede concesse l’apertura di alcune tombe nel Campo Santo Teutonico in Vaticano dove, secondo la famiglia Orlandi, sarebbe stata sepolta Emanuela. L’ennesima ipotesi rivelatasi infondata, ma segnata da un cambio di rotta all’insegna della trasparenza nella gestione del caso da parte della Santa Sede. Francesco, infatti, ha sempre incoraggiato la famiglia Orlandi a informare i promotori di giustizia vaticani di tutte le segnalazioni sulla scomparsa della ragazza. Una volontà di massima collaborazione ribadita più volte in tempi recenti dalla Santa Sede.

Eppure il mistero non solo continua, ma si infittisce sempre di più, come ha dimostrato anche la docuserie in onda su Netflix. Il riferimento è per un documento che riporta una sorta di nota spese – pari a 483 milioni di lire – affrontate dal Vaticano per mantenere Orlandi tra il 1983 e il 1997 e dunque 14 anni dopo la scomparsa. Un documento fornito da una fonte al giornalista Emiliano Fittipaldi e bollato come un falso dalla Santa sede. Un elemento che ha colpito l’attenzione del leader di Azione, Carlo Calenda, che su Twitter ha scritto: “Ho visto su Netflix il documentario su Emanuela Orlandi. Anche grazie al lavoro investigativo di Emiliano Fittipaldi è oramai chiaro che il Vaticano sa perfettamente cosa è accaduto a questa povera ragazza di 15 anni. È dovere dello Stato italiano pretendere la verità”. Immediata la risposta del vaticanista Mediaset, Fabio Marchese Ragona: “Mi spiace per l’abbaglio che ha preso, ma quel documento mostrato è palesemente falso. E ci sono numerosi elementi che lo provano. Il dubbio del resto lo pone anche Emiliano. Fermo restando che potrebbe esser stato fabbricato ad arte dalla fonte per mandare messaggi”. Il segno che la scomparsa di Emanuela è tutt’altro che un caso chiuso.

Twitter: @FrancescoGrana

Articolo Precedente

Asti, trasforma la sua Toyota in una Ferrari F430: denunciato. La scoperta della Guardia di finanza – Video

next
Articolo Successivo

Cassino, prende a calci un gatto come fosse un pallone e pubblica il video sui social: la denuncia dell’Enpa

next