La nuova operazione militare turca contro le milizie curde in Siria rischia di scatenare una nuova crisi internazionale in Medio Oriente. La violenza con la quale i missili di Recep Tayyip Erdoğan si sono scagliati contro quelli che considera i suoi principali nemici nel Rojava siriano ha provocato la reazione anche della Russia, Paese che da Ankara è visto più come un partner che come un avversario, e rischiano anche di creare uno scontro interno alla Nato, visto che uno di questi ha colpito una base delle Forze Democratiche Siriane condivisa però con l’esercito americano, che mantiene una sua presenza nell’area. Intanto un nuovo attacco missilistico da parte delle milizie curdo-siriane Ypg/Ypj ad Azaz, cittadina della Siria vicina al confine con la Turchia, ha causato morti e feriti.

Lunedì il presidente turco aveva allontanato qualsiasi ipotesi di frenata dell’offensiva ribattezzata “Spada d’artiglio”, affermando che l’operazione non si limiterà ai raid aerei, ma potrebbe coinvolgere anche truppe di terra. E anche oggi il presidente turco ha ribadito che un’operazione con truppe terrestri potrebbe esserci “presto”: “Se Dio vuole, presto li eradicheremo con i nostri carri armati, la nostra artiglieria e i nostri soldati. Abbiamo risposto al vile attacco che è costato la vita a 6 innocenti distruggendo obiettivi terroristi nel nord dell’Iraq e della Siria. Sappiamo molto bene chi arma e incoraggia i terroristi”.

Ma questa aggressività rischia di creargli problemi nei rapporti con Stati Uniti e Russia. Un drone armato di Ankara, come riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, ha infatti colpito la base Usa-Sdf nella regione di Hasake, uccidendo tre miliziani curdi. Azione avvenuta poco prima del messaggio inviato dal Cremlino in cui si avvertiva l’esecutivo turco che alcune azioni in Siria possono provocare un’ulteriore “destabilizzazione”, invitando, tramite il portavoce Dmitry Peskov, tutte le parti coinvolte alla moderazione. “Russia e Turchia hanno opinioni differenti sulla situazione in Siria e su chi non abbia rispettato gli impegni del memorandum di Sochi – ha spiegato il portavoce di Putin – Queste differenze sono state ripetutamente discusse dai due presidenti. Grazie a Dio, le relazioni amichevoli e di partenariato con la Turchia rendono possibile discutere queste differenze in modo aperto e costruttivo”.

La Russia, tramite l’inviato speciale ad Astana, dove si terrà un incontro tripartito tra Russia, Turchia e Iran sulla Siria, ha poi aggiunto di sperare che Erdoğan mostri “moderazione” e si astenga da “qualsiasi uso eccessivo della forza” in Siria: “Speriamo di convincere i nostri colleghi turchi ad astenersi dal ricorrere all’uso eccessivo della forza sul territorio siriano” per “evitare l’escalation di tensione”.

Intanto, però, Ankara fornisce i numeri della nuova operazione militare nel nord siriano, dopo la campagna di Afrin e Tall Rifat ribattezzata “Ramoscello d’ulivo” che ha costretto migliaia di civili a lasciare le proprie case per fuggire dalle violenze delle milizie islamiste cooptate dalla Turchia. E dichiarano di aver “neutralizzato circa 184 terroristi del Pkk” nell’operazione aerea transfrontaliera lanciata domenica tra il nord dell’Iraq e il nord della Siria, dove il partito, a loro parere, “ha nascondigli illegali” e pianifica “attacchi sul suolo turco”. Sono 89 gli obiettivi, inclusi rifugi, bunker, grotte, tunnel e magazzini che sono stati distrutti nella prima fase dell’operazione. “Le forze armate turche stanno mostrando un livello di sensibilità che nessun esercito ha mostrato per non danneggiare i civili, l’ambiente, le strutture storiche, culturali e religiose, sia nella pianificazione che nell’esecuzione delle attività. L’esercito turco farà tutto ciò che deve essere fatto in linea con tutte queste sensibilità fino alla fine”. Il ministro della Difesa ha poi concluso dicendo che dall’inizio dell’anno la Turchia ha “neutralizzato 3,585 terroristi”.

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