La sfida alla sostenibilità e molto più probabilmente alla sopravvivenza futura passa anche da un nuovo dato che riguarda l’umanità della sua totalità: la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di abitanti. La stima ufficiale è delle Nazioni Unite che definisce il traguardo “una importante pietra miliare nello sviluppo umano” e un monito, nel pieno della COP27 , della “nostra responsabilità condivisa di prenderci cura del nostro pianeta“. Per l’Onu, “questa crescita senza precedenti” – nel 1950 si contavano 2,5 miliardi di abitanti – è il risultato di “un graduale aumento della durata della vita grazie ai progressi della sanità pubblica, dell’alimentazione, dell’igiene e della medicina”. Ma la crescita della popolazione pone sfide importanti ai paesi più poveri.

Questo perché tutti noi consumiamo più di quanto abbiamo a disposizione. Ci vorrebbero quasi due pianeti, per l’esattezza 1,75, per reggere il ritmo a cui l’umanità sta consumando le risorse naturali. Nel 2022 l’Earth overshoot day, il giorno in cui finiscono le risorse che possono essere rigenerate nel corso di un anno, è infatti arrivato in anticipo ed è scattato il 28 luglio scorso secondo i calcoli del Global Footprint Network. In Italia addirittura la deadline è stata superata il 15 maggio. Quell’orologio virtuale ma drammaticamente reale ora segna il più grande deficit ecologico da quando il mondo è entrato nello sovrasfruttamento delle risorse, all’inizio degli anni Settanta. Le ondate di calore anomale, gli incendi, la siccità e le inondazioni sempre più frequenti sono tutti “sintomi” di questo sovrasfruttamento che ha causato un declino della biodiversità, a un eccesso di gas serra nell’atmosfera e ad una maggiore competizione per l’energia e le risorse alimentari. Le conseguenze di queste pressioni anche economiche sono già visibili: più di 3 miliardi di persone vivono in Paesi che producono meno cibo di quanto ne consumano e generano meno reddito della media mondiale. Hanno quindi una capacità alimentare inadeguata ed un enorme svantaggio nell’accesso al cibo sui mercati globali. Allargando il discorso a tutte le risorse, il numero di persone esposte alla doppia sfida – economica ed ambientale – sale a 5,8 miliardi di persone, il 72% dell’umanità.

Se fino al 1800 la Terra aveva meno di un miliardo di abitanti, sono bastati dodici anni per passare da 7 a 8 miliardi. A dimostrazione del rallentamento demografico, ci vorranno circa 15 anni per raggiungere i 9 miliardi nel 2037. Le Nazioni Unite prevedono un “picco” di 10,4 miliardi nel 2080 e una stagnazione fino alla fine del secolo. Il traguardo degli 8 miliardi è stato raggiunto nel bel mezzo della conferenza sul clima COP27 di Sharm el-Sheikh, che sottolinea ancora una volta la difficoltà dei Paesi ricchi, che sono i maggiori responsabili del riscaldamento globale, e dei Paesi poveri, che chiedono aiuto per farvi fronte, di accordarsi su una riduzione più ambiziosa delle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane.

“La sicurezza delle risorse naturali sta diventando un parametro essenziale della forza economica. Non c’è alcun vantaggio nel temporeggiare. Piuttosto, è nell’interesse di ogni città, azienda o Nazione proteggere la propria capacità di operare in un futuro inevitabile di maggiori cambiamenti climatici e scarsità delle risorse”, aveva affermato il fondatore del Global Footprint Network, Mathis Wackernagel. Invertire questa tendenza, secondo l’organizzazione, “non è soltanto possibile, ma farlo porterà vantaggi economici a coloro che guideranno il cambiamento”. Per esempio dimezzare gli sprechi alimentari a livello globale potrebbe spostare la data dell’Earth Overshoot Day di 13 giorni. Migliorare le infrastrutture ciclabili urbane in tutto il mondo, in linea con gli standard dei Paesi Bassi, ha il potenziale di far spostare la data dell’Earth Overshoot Day di 9 giorni. E produrre energia con eolico on-shore a costi competitivi, come avviene in Danimarca e Germania, ha il potenziale di far spostare la data dell’Earth Overshoot Day di almeno 10 giorni. Per fermare il riscaldamento globale a un grado e mezzo, in linea con gli Accordi di Parigi, è stimato come necessario spostare la data di overshoot di 10 giorni all’anno. La crescita infinita non è possibile come ha sottolineato lo scienziato Luca Mercalli nella prefazione di Un pianeta in crisi di nervi di Fausto Altavilla. “L’idea di una crescita infinita possa mantenersi in un pianeta finito e limitato” è una questione quasi ignorata. E si tratta di un “progetto insostenibile e irrealizzabile proibito dalle leggi fondamentali della fisica. È un pensiero ‘desiderativo’ che gli economisti e i politici di tutto il mondo continuano a perpetrare in modo dogmatico aggravando di giorno in giorno il rischio di un collasso ambientale e climatico”.

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