Doveva essere il teatro del dialogo rinnovato tra il Pd (o meglio, la sinistra interna di Goffredo Bettini e Andrea Orlando) e il M5s di Giuseppe Conte, di certo non è bastato per ricucire le fratture delle ultime Politiche, dopo la rottura dell’alleanza a causa della caduta del governo Draghi. Di fronte alla platea dell’Auditorium parco della Musica di Roma, per la presentazione del libro dello stesso Bettini, “A sinistra. Da Capo” (edito da Paper first), non c’è stato alcun riavvicinamento tra il Movimento 5 Stelle e il Pd, in vista delle prossime Regionali nel Lazio. Una partita che dem e pentastellati non correranno insieme, al di là di appelli unitari e timidi tentativi di convergenza.
“Abbiamo posto dei punti fermi, punti cardine della nostra azione, aprendo a tutte le forze politiche, senza rancore e senza indicare candidati”, si è difeso dalla Capitale l’ex presidente del Consiglio. Lo stesso che pochi giorni prima aveva però dettato condizioni che il Pd ha subito bollato come ‘irricevibili’: dal no all’inceneritore – voluto a Roma dal sindaco Roberto Gualtieri – allo stop delle nomine e del “connubio perverso tra Sanità e politica”. Un implicito riferimento ad Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità, da settimane già indicato tra i possibili candidati Pd alla successione di Nicola Zingaretti, con il sostegno del Terzo Polo, e poi ufficializzato nelle scorse ore dagli stessi dem (in attesa di capire se verranno o meno realizzate – complicate – primarie).
“Avevo chiesto solo di definire prima un programma e di trovare insieme il miglior interprete per attuarlo. Invece due giorni dopo la risposta è stata scegliere l’interprete già designato da Carlo Calenda”, ha attaccato così Conte. E ancora, considerando l’asse con Iv e Azione uno slittamento al centro (se non a destra) inconciliabile con i valori M5s: “Non possiamo perdere l’anima, non possiamo metterci con Matteo Renzi che propone referendum sul Reddito di cittadinanza, o con Calenda che chiede la militarizzazione per il rigassificatore”. Parole alle quali ha però replicato lo stesso Bettini: “Conte, attenzione. Nel Lazio si interrompe un’esperienza unitaria che già c’è. Tu dici di aver posto delle condizioni, ma in un processo unitario non si pongono condizioni”, ha replicato l’ex europarlamentare. Pur con una stoccata diretta verso i vertici del Nazareno: “Non ho nessuna remora sulla figura di D’Amato. Ma certamente l’esito dell’alleanza politica mi ha un po’ sconcertato”.
Nemmeno l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, tra coloro che nel Pd erano tornati a spingere per ricreare l’asse tra dem e M5s, ha digerito il nuovo strappo in quello che una volta era il ‘campo largo’: “Dialogare col M5s? Certo che sì, ma in questo momento si fa più difficile la strada di un dialogo che abbia anche degli esiti concreti”. E ancora: “Errori Pd in vista delle Regionali? No, sta facendo quello che deve, con la disponibilità a fare le alleanze. Le responsabilità della rottura sono chiare, almeno nel Lazio, mi pare che sia un errore netto dei Cinque stelle di chiamarsi fuori“, ha attaccato.
Conte però ha tagliato corto: “Ho aperto a tutte le forze politiche. Ho messo qualche punto fermo, poi gli altri scelgono i candidati che vogliono”, si è limitato a replicare alla sinistra Pd. E pure l’ex senatrice M5s Paola Taverna, rimasta fuori dal Parlamento per la regola dei due mandati, si è allineata: “Paletti irricevibili per il Pd? I nostri sono punti programmatici, se il Pd vuole impegnarsi in un’area politica progressista non può considerarli come dei paletti, ma dovrebbe abbracciarli con convinzione”.
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