Giornalisti in protesta di fronte ai tribunali di Roma e di altre città del Lazio contro il decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza, varato dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia in attuazione di una direttiva europea del 2016. La legge, entrata in vigore esattamente un anno fa (l’8 novembre 2021) impone pesantissime restrizioni all’informazione giudiziaria, prevedendo che magistrati e forze dell’ordine non possano più fornire notizie sulle indagini in corso al di fuori di cornici formali (e preferibilmente solo per iscritto), nonché sempre dietro autorizzazione del procuratore capo. Ogni ufficio ha applicato le nuove norme a suo modo: tra le più severe c’è proprio la Procura della Capitale, con il nuovo procuratore Francesco Lo Voi che appena insediato ha emanato una direttiva per porre un freno alle richieste della polizia giudiziaria di emettere comunicati stampa. Per questo l’Associazione stampa romana, il sindacato dei cronisti laziali, ha indetto presidi in tutta la regione.

“Questo provvedimento viene utilizzato in maniera strumentale per non far conoscere i fatti all’opinione pubblica. È stata utilizzata la direttiva europea per provare a regolare i conti con la stampa”, denuncia Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi (Federazione della stampa italiana), che ha partecipato all’iniziativa romana davanti alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio. “Non si può pensare di tutelare un principio sacrosanto che è la presunzione di innocenza andando a violare il diritto dei cittadini di essere informati. Io mi appello al Parlamento italiano per la modifica della legge e in caso contrario parleremo all’Europa per avviare una procedura nei confronti dell’Italia”, incalza. “La riforma Cartabia è stata una torsione nella libertà di informare, limitando l’accesso e i contatti delle croniste e dei cronisti con le fonti, magistrati e pubblici ministeri che indagano su casi giudiziari di preminente interesse pubblico“, denuncia Stampa romana.

I promotori della mobilitazione chiedono “una corretta lettura” della legge “attraverso nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio (come sta avvenendo) il diritto di cronaca. Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati, a Roma, ormai Procura e Questura sembrano, piuttosto, impegnate a imbavagliare la stampa”, denunciano. “Per la paura di assumersi responsabilità o di essere “redarguiti”, tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un “no comment” che spesso è o sfiora la censura. Una condizione inaccettabile: chi opera in difesa dello Stato e dei cittadini deve anche essere in grado di potere interloquire con i professionisti dell’informazione i quali, ricordiamo, hanno dei doveri già sanciti dai codici deontologici”, sottolineano. Chiedendo “di rivedere il meccanismo che ha portato a questo deterioramento dei rapporti che rischia di privare tutti i cittadini (non solo a Roma, ma in tutta Italia) della conoscenza effettiva di ciò che succede nelle loro città”.

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