Dalla padella alla brace. Dopo l’accademico Patrizio Bianchi che ricorderemo poco più che per il suo mantra della “scuola affettuosa” (dove l’ha vista ma?), ad occuparsi di bambini e ragazzi, la neo presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha pensato di nominare un altro accademico. Sembra essere il destino del ministero dell’Istruzione: mai un maestro, un professore di scuola “media”, un preside di un istituto comprensivo o di un liceo. Sia mai che ad occuparsi di nidi, scuole dell’infanzia, secondarie di primo grado, bullismo, intercultura, disabilità, sviluppo del bambino, ci sia un pedagogista.

A ricoprire il ruolo di ministro dell’Istruzione sono stati per la maggior parte politici di professione che non avevano frequentato le scuole se non da alunni o da genitori (Letizia Moratti, Giuseppe Fioroni, Maria Stella Gelmini) e accademici che ne sapevano più di università che di scuole dell’obbligo (Francesco Profumo, Maria Chiara Carrozza, Stefania Giannini, Lorenzo Fioramonti). Tra i politici e gli accademici, è arrivata una sindacalista (Valeria Fedeli), un ex insegnante diventato burocrate del ministero (Marco Bussetti) e una insegnante (Lucia Azzolina). Sei di loro sono arrivati dall’area del Partito Democratico; tre dal Centro Destra; due dal movimento “Cinque Stelle”. L’unica a restare in carica per più di due anni è stata Letizia Moratti.

Ora sulla sedia di viale Trastevere non arriva certo uno che studia tutti i giorni Freinet, Maria Montessori o Mario Lodi ma Giuseppe Valditara che si occupa da una vita di diritto romano e Storia del diritto pubblico all’Università.

Dal 70enne Patrizio Bianchi, non potevamo certo pretendere di più (alla fine mi stava quasi simpatico questo “nonno” arrivato a Roma dall’Emilia armato di affetto) ma ora da Valditara cosa possiamo aspettarci?

Qualche anno fa – andai a cena in una trattoria di Roma – con un ministro dell’Istruzione e gli regalai La pedagogia della lumaca. Gli disse: “Conosci Gian Franco Zavalloni vero?”. La risposta fu: “No. Grazie del libro ora lo conoscerò”. Mi piacerebbe vedere se nella libreria di Valditara ci sono La pedagogia della lumaca, Il paese sbagliato, Mongolfiera, Cominciare dal bambino di Mario Lodi; Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani; Favole al telefono di Gianni Rodari; qualche testo di Roberto Farnè su Alberto Manzi o per non pescare nel passato qualche libro dei pedagogisti Daniele Novara, Silvia Vegetti Finzi o Raffaele Mantegazza.

Mi piacerebbe sapere se il neo ministro leghista, sia mai stato a Barbiana, sia mai andato a visitare la “Casa delle arti e del gioco” di Mario Lodi o a quanti convegni dedicati a Lodi, abbia partecipato nel suo centenario. Mi piacerebbe sapere quando è stata l’ultima volta che Valditara ha messo piede in una scuola dell’infanzia o primaria.

Se così non fosse, vedrò di regalare al neo ministro Lettera a una professoressa dove sulla questione del merito, don Milani, forse aveva le idee più chiare di Valditara.

Nb. Notare che ad elogiare il ministero del Merito sono arrivati puntuali come un orologio svizzero i presidi. Ieri sera il presidente dell’Anp, Antonello Giannello, ha immediatamente scritto in un comunicato: “Riteniamo particolarmente apprezzabile il riferimento al merito, tristemente trascurato nel nostro Paese, di cui siamo convinti sostenitori”.

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