“Il 5 novembre ci sarò anch’io in piazza perché nessuno può tirarsi indietro in questo momento: serve una manifestazione unitaria, senza bandiere se non quella della pace”. A sostenere a gran voce l’iniziativa promossa da molte realtà, tra cui Arci e Acli è padre Alex Zanotelli, missionario comboniano 84enne: lui non ha mai smesso di puntare il dito contro i governi che hanno sostenuto il commercio delle armi per interessi nelle guerre. Lo fece a metà degli anni Ottanta da direttore della rivista Nigrizia, lo fa oggi dalla sua minuscola abitazione nel campanile della chiesa del rione Sanità di Napoli, dove ha scelto di vivere dopo dodici anni trascorsi nella più grande baraccopoli del Kenya.

Padre Alex è realista: “Non penso che arriveremo ad avere in piazza milioni di persone come nel 2003, mi accontenterei di cinquecentomila partecipanti, ma per arrivare a questi numeri serve che ciascuno faccia la sua parte, che anche le parrocchie scelgano di esserci, che si possa andare oltre i distinguo”. In questi giorni in cui, padre Alex, legge che Enrico Letta ma anche Carlo Calenda lanciano altre manifestazioni e presidi per la pace, lui chiede un passo indietro a tutti per lasciare spazio alla Chiesa, alla via indicata da Papa Francesco nell’Angelus del 2 ottobre scorso. Non solo. Il missionario comboniano chiede che nessun cittadino sia giudicato come sostenitore di una parte o dell’altra.

Lo spiega a ilfattoquotidiano.it citando Papa Bergoglio: “Ho qui davanti il testo dell’Angelus. Lo rileggo ora: ‘Rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni’. Questo è parlare chiaramente. Il Papa disegna in maniera netta uno scenario che non metta in condizioni la Russia di umiliarsi così come insiste perché questa pace sia accettata dagli Usa”.

Ma perché, padre Alex, di fronte a una manifestazione per la pace senza bandiere di partito c’è chi fa distinzioni, c’è chi come il Pd non ha ancora scelto se esserci o meno?
Tantissime realtà vogliono portare avanti iniziative piazzando la propria bandierina ma così non si va da nessuna parte. Continuano a guardare solo il proprio ombelico senza comprendere che oggi solo i grandi movimenti popolari possono scuotere i sistemi. Solo in questo modo si può essere credibili.

Eppure sono giorni in cui tutti evocano la parola pace. Carlo Calenda ha lanciato un’iniziativa a Milano e il segretario uscente del Partito Democratico, Enrico Letta, è andato davanti all’ambasciata a Roma.
Ora tutti parlano di pace ma come fanno certi politici a pronunciare questa parola quando hanno votato sull’aumento delle spese militari entro il 2028, passando dai 25 miliardi l’anno attuali (68 milioni al giorno) ai 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno)? Tutti si riempiono la bocca della parola “pace” ma bisogna capire di quale pace stiamo parlando e come arrivarci. Dobbiamo lavorare per disarmare i nostri arsenali, altrimenti ci stiamo prendendo in giro. Lo Stato italiano continua a vendere armi in barba alla Legge 185/1990 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Come fanno a presentarsi in piazza senza guardarsi dentro? Quando è scoppiata la guerra nessuno partecipava ai sit-in che organizzavamo, intanto siamo arrivati a un passo dalla Terza Guerra Mondiale.

In molti sono convinti della necessità di un ruolo diplomatico della Chiesa come avvenne per la pace in Mozambico, realizzata grazie al lavoro della Comunità S. Egidio che dal 23 al 25 ottobre ha pure organizzato un incontro al quale parteciperanno il presidente italiano Sergio Mattarella, il francese Emmanuel Macron e Mohamed Bazoum del Niger
Magari fosse possibile. Chiariamo: il Mozambico non è l’Ucraina, gli interessi mondiali sono diversi ma pur avendo da sempre detto che Papa Francesco non sarebbe potuto intervenire in prima persona per non incrinare i rapporti già delicati con l’ortodossia, sono convinto che serva un forte segnale religioso perché entrambi i popoli, quello russo e quello ucraino, sono legati alla religiosità. Faccio un appello alle conferenze episcopali di tutt’Europa perché si incontrino nella cattedrale di Santa Sofia a Kiev e vi restino finché non sarà concesso il cessate il fuoco.

Oggi chi si permette di criticare l’Ucraina magari anche solo perché terrorizzati dall’atomica di Putin rischia di passare per essere un traditore, un filo putiniano. Non le sembra assurdo tutto ciò? Avanti di questo passo non si ragionerà più sui fatti.
È vero. A volte vengo visto anch’io come uno che vive sulla Luna, solo perché mi permetto di avere delle posizioni critiche nei confronti di alcune scelte del premier Zelensky che ha potuto paventare la sua forza e fare un braccio di ferro con la Russia, perché sapeva fin dall’inizio di avere dietro la Nato. Non possiamo dimenticare che si è presentato davanti al parlamento greco accompagnato dai nazisti del Battaglione Azoz. È assurdo essere arrivati a questo punto.

Vede qualche spiraglio diplomatico con l’avvento al Governo di Giorgia Meloni?
Non credo. È vero che Matteo Salvini aveva o ha delle relazioni con la Russia ma il giorno dopo le elezioni, Giorgia Meloni si è schierata con le posizioni di Mario Draghi, che rappresenta il sistema economico militarizzato.

Un’ultima cosa, per strapparle un sorriso. Vittorio Feltri nei giorni scorsi in un suo editoriale ha proposto di far intervenire come mediatore diplomatico, Silvio Berlusconi?
È una barzelletta. Se siamo arrivati a questo punto, la politica ha chiaramente fallito.

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