La protesta degli studenti della scuola “Politi” di Agrigento accende i riflettori sulla scarsa sicurezza delle scuole e sulla mancanza, nella Città dei templi, di strutture idonee ad accogliere alunni e professori. Tutto parte dalla caduta di alcuni calcinacci che hanno reso inagibili sei classi, costringendo la dirigente scolastica a interdire anche corridoi e palestra: il tutto ricavato da magazzini in affitto da privati per trentamila euro all’anno, senza alcuna manutenzione che possa garantire la sicurezza di chi frequenta l’istituto. “Ci rifiutiamo di fare scuola in questo edificio” hanno gridato per giorni gli alunni, scesi in piazza a centinaia dopo la chiusura. Per loro il commissario dell’ex provincia – oggi consorzio dei Comuni – ha trovato una soluzione temporanea: spostarli in un’altra scuola semivuota, che a differenza della “loro” ha laboratori, palestre e tutto ciò che occorre all’attività educativa, perché nata come una scuola vera e propria. Questa sistemazione, però, è soltanto provvisoria. Eppure, spostando nella scuola semivuota anche le restanti 11 classi – quelle rimaste nell’immobile in affitto – si risolverebbe l’annoso problema dello scorporamento del liceo in tre diverse sedi, tra cui, appunto, strutture non nate come scuole ma prese in locazione senza alcun criterio di sicurezza.

Ma la soluzione non è praticabile: quell’edificio infatti è stato promesso a un’altra scuola, l’Ipia Enrico Fermi, che da dieci anni si trova in zona industriale accanto a fabbriche e discariche, dove non di rado scoppiano incendi che inquinano l’aria respirata da alunni e dai professori. Già quest’estate le classi avrebbero dovuto spostarsi, ma conti alla mano è venuto fuori che non c’era spazio per tutti gli studenti. Nell’attesa, quindi, non si trasferisce nessuno, nonostante le speranze degli studenti del Fermi, stufi di passare le mattinate tra tir carichi di rifiuti e fumi delle fabbriche. L’istituto attende una soluzione da un decennio, da quando l’edificio che lo ospitava era stato dichiarato non a norma (dopo anni e anni di lezioni) poiché costruito con cemento depotenziato (come d’altra parte l’ospedale cittadino). Lo spostamento in zona industriale, che doveva essere una soluzione temporanea, era diventata la normalità, nonostante le proteste.

Per far rientrare il tema nell’agenda delle istituzioni si è dovuto attendere lo scorso anno, quando un progetto per ingrandire la discarica davanti alla scuola (creando un’area per le acque nere) è stato bloccato per la presenza dell’istituto. Solo allora ci si è accorti che una scuola lì non ci può stare, e la pratica dello spostamento – chiesto da anni da cittadini e genitori – è tornata sul tavolo del nuovo commissario. Che per questo motivo, nonostante a oggi il trasferimento del Fermi sia impossibile, ha negato invece le aule al liceo Politi, dove cadono calcinacci e occorrono interventi urgenti. “Ve lo scordate proprio, non ci penso nemmeno”, ha risposto alle richieste del segretario generale Cgil Agrigento, Alfonso Buscemi, e degli alunni, “con tono infastidito e imperioso”, recita la nota del sindacato. Che avvisa: “La prossima mossa sarà dei genitori del liceo Politi, i quali potrebbero chiedere agli organi competenti se questo immobile è provvisto di tutte le autorizzazioni di legge necessarie per tenere le lezioni”. Insomma, a chi potrebbe trasferirsi non è concesso di farlo, mentre la scuola in zona discarica attende invano il suo destino e l’altra resta semivuota in attesa di una decisione. E la vecchia scuola costruita con cemento depotenziato? Vandalizzata e distrutta, poteva essere ristrutturata grazie a un fondo previsto dalla Regione, ma l’assenza di un progetto ha fatto sì che i soldi tornassero indietro, mentre gli alunni sono tornati a fare scuola tra fumo e rifiuti.

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