La Banda di Casanova a Bolzano ha preso di mira ragazzini di nemmeno 14 anni. Mentre il gruppo di Vibo Valentia che metteva a segno furti nelle case e spacciava cocaina si era dato un nome altisonante: la Nuova banda della Magliana, anche se per questione anagrafica dei criminali che dominavano su Roma al massimo hanno vissuto davanti a uno schermo la rappresentazione cinematografica. La Barrio Banlieue di Milano, invece, si è resa protagonista di aggressioni e risse, subito postate sui social. La Squadra di Cicciare aveva terrorizzato mezza Terni, arrivando ad aggredire un anziano con il nipote di 3 anni perché aveva osato rimproverarli mentre mettevano a segno una delle loro scorribande. Ci sono buona parte delle baby bang italiane nel primo rapporto esplorativo su un fenomeno che nei primi quattro mesi dell’anno ha avuto un’attenzione mediatica importante: 1.909 articoli su siti, giornali e agenzie di stampa. Oltre il 50% di riferimenti in più rispetto a tutto il 2021 e più di due volte il numero di articoli in tutto il 2020, quando furono 741.

A realizzare il report – una vera e propria mappatura, condita da analisi e proposte di intervento – è stato Transcrime, il centro di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica, dell’Università di Bologna e di quella di Perugia. A collaborare con i tre atenei, il Dipartimento di Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno e il Dipartimento per la giustizia minorile del ministero della Giustizia. Lo scopo dichiarato del rapporto è quello di superare il “vuoto di conoscenza” dovuto alla “mancanza di dati” in grado di permettere di monitorare le caratteristiche del fenomeno. Ecco quindi, per la prima volta, una classificazione puntuale delle gang giovanili anche grazie al supporto di dati e informazioni fornito dalla Polizia di Stato e dall’Arma dei Carabinieri, oltre che dagli Uffici di Servizio Sociale per minorenni. E proprio i dati di questi ultimi fotografano nitidamente come nel periodo post pandemia il fenomeno abbia vissuto un’espansione: nel 2021 sono stati presi in carico 186 appartenenti a gang giovanili, un netto aumento rispetto ai 79 del 2020 e ai 107 del 2019.

Ma come si compongono e dove sono attive le baby gang? Dall’analisi di Transcrime risulta un’omogeneità su tutto il territorio, con una “leggera prevalenza” nel Centro-Nord. “Secondo la metà degli Uffici di Servizio Sociale per i minorenni e il 46% delle questure e dei comandi provinciali dei carabinieri negli ultimi cinque anni sono aumentate”, si legge nel rapporto. Nella maggior parte dei casi sono “composte da meno di 10 individui”, in prevalenza maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. Sfatato il tabù che vorrebbe associate le baby gang agli italiani di seconda generazione: “Nella maggior parte dei casi i membri sono italiani, mentre gruppi formati in maggioranza da stranieri o senza una nazionalità prevalente sono meno frequenti”, scrive Transcrime. Le contestazioni più frequentemente avanzate nei loro confronti da parte di investigatori e inquirenti riguardano risse, percosse e lesioni, bullismo, atti vandalici e disturbo della quiete pubblica. Meno frequenti e di solito commessi dai gruppi più strutturati – emerge dall’analisi di Transcrime – sono spaccio di stupefacenti, furti e rapine. Le vittime? Nella maggior parte dei casi, si tratta di altri giovani tra i 14 e i 18 anni. Ma le gang giovanili, chiarisce il rapporto, sono un mondo variegato e frastagliato che può essere raggruppato in quattro tipologie con “caratteristiche differenti” e una “diversa distribuzione sul territorio”.

La maggior parte dei gruppi sono privi di una struttura definita e agisce in maniera “occasionale”. I legame tra i membri è “debole” e di “natura fluida” né esiste una “gerarchia chiara”. Un caso tipico è quello della Banda di Casanova, che ha preso il nome dal quartiere di Bolzano dove i membri, tutti under 14 anni, ha compiuto “molteplici piccoli furti” ai danni di coetanei, oltre a rubare e maltrattare cani. Forte la presenza di queste gang anche in Lombardia (Z4 e Ripamonti M5 a Milano, Cremona Dissing a Cremona), Verona (QBR e Usk) e Torino (Gang di Sant’Ottavio). Di tutt’altra estrazione geografica, i gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali: in questo caso il loro radicamento, seguendo quello dei clan, è principalmente al Sud “in contesti urbani in cui vi è storicamente una presenza mafiosa”. Le baby gang, in questo caso, sono composte “quasi totalmente da italiani” con un elevato coinvolgimento di minorenni. Ne sono state segnalate a Milano in contatto con la ‘ndrina Di Giovine-Serraino, a Napoli con i clan Sibillo e Buonaerba e a Crotone con la locale di Cirò. Dietro l’adesione, si legge nel rapporto, c’è la “volontà di accrescere il proprio status criminale” con “l’auspicio di entrare a fare parte” dei clan. Più organizzate e strutturate, queste gang riescono a compiere attività criminali “orientate al profitto”: spaccio ed estorsioni, principalmente. Mentre in questo segmento scompare quasi del tutto il ‘terreno’ sul quale agiscono solitamente gli altri gruppi, come risse e lesioni o atti vandalici e disturbo della quiete pubblica.

C’è poi un lungo elenco di gang che si ispirano alle organizzazioni criminali straniere. Attive principalmente a Milano e Genova – Ms13, Z2, KO Gang, HB Albanesi infernali – ma presenti anche a La Spezia e Sassari, nonché segnalate occasionalmente in altre province, fra le attività criminali più spesso associate emergono risse, percosse e lesioni, atti vandalici e disturbo della quiete pubblica. Rispetto alle altre gang hanno un numero di membri maggiore – spesso fino a 40 e di età compresa tra i 15 e i 17 anni – e in prevalenza sono composte da italiani di seconda generazione in “situazione di marginalità o disagio socioeconomico”, puntualizza il rapporto. Maggiore anche la loro struttura, con la presenza di una gerarchia interna. Usano spesso simboli distintivi e tentano di controllare il territorio, anche attraverso estorsioni e atti di bullismo. In diversi casi, come quella della Barrio Banlieue a Milano che si ispira alle gang parigine, è risultata rilevante la “presenza di comunicazioni” con gruppi violenti di altri Paesi.

Il quarto gruppo identificato è quello di gang con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni: sono presenti in tutte le macroaree d’Italia e compiono spesso furti o rapine in centri commerciali, si legge nel report di Transcrime. Rispetto alle altre tipologie, sottolinea il rapporto, “non hanno interesse a pubblicizzare le proprie azioni” e la decisione di aderire è “probabilmente legata a problematiche di inclusione nel tessuto sociale” o “nell’inserimento in percorsi scolastici e lavorativi”. Nell’ultimo decennio, una “differenza” ed “evoluzione” nel fenomeno delle baby gang, spiega il capo del Dipartimento per la giustizia minorile Gemma Tuccillo, è legata in particolare alla “crescente efferatezza” e “violenza gratuita” nonché “insensatezza” della condotta. “Di fronte a tali fenomeni è necessario interrogarsi sulle nuove fragilità e sui nuovi linguaggi, con la consapevolezza – sottolinea Tuccillo – che le risposte saranno tanto più efficaci quanto più ampio sarà il numero degli interlocutori coinvolti nello studio e nella comprensione dei sempre nuovi disagi giovanili”. Secondo i dati della Giustizia minorile, nel 50% dei casi i membri delle gang che hanno commesso reati usufruiscono della sospensione del procedimento con messa alla prova. Il ricorso alla detenzione avviene solo in casi isolati, mentre nella maggioranza vengono predisposti piani con attività di studio e lavoro.

Modificato da redazione web alle 11:57 del 7 ottobre 2022

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