“Tanti anni di politica mi hanno insegnato che siamo tutti dentro la caverna di Platone, e vediamo solo le ombre. Chi passa dietro le ombre lo scopriremo”. Le parole dell’ex ministro Roberto Castelli danno voce al pensiero diffuso tra una particolare scuola di vecchi nordisti: quelli che non hanno mai aderito alla Lega per Salvini premier – la new company creata dal segretario nel 2019 – e sognano invece di rivitalizzare la Lega Nord, il partito commissariato, congelato e trasformato in scatola vuota, di cui hanno sempre conservato la tessera. E in questo senso l’iniziativa di Umberto Bossi, che ha lanciato un “comitato Nord” interno al Carroccio salviniano, non li convince. Troppo strani, ragionano, i comunicati a firma del Senatur affidati all’agenzia AdnKronos, in cui si ribadisce – per tre volte in meno di 24 ore – che la nuova corrente è “interna alla Lega per Salvini premier”, e che “non sono coinvolti nomi che non fanno parte del partito”. Un riferimento chiaro a Gianni Fava, Gianluca Pini, Giacomo Stucchi e tutti i “ribelli” rimasti iscritti solo alla vecchia Lega, che il prossimo 15 ottobre si riuniranno a Biassono, in Brianza, in un’assemblea chiamata “Per il Nord, riparte la battaglia”. E che non riescono a credere che proprio il fondatore della Lega Nord, il “papà” di tutti i militanti storici, rinneghi così apertamente la propria creatura.

“Le circostanze con le quali nasce la cosiddetta corrente bossiana all’interno della “Lega Salvini Premier” sono quantomeno sospette”, ha detto Fava, ex deputato e assessore regionale lombardo, il volto di riferimento della fronda (fu l’unico sfidante di Salvini alle primarie del 2017, raccogliendo il 17% dei voti). E l’aggettivo “cosiddetta” non è usato a caso. Perché la teoria è che Bossi sia stato malconsigliato (o addirittura manovrato) sfruttando il suo difficile stato di salute, e convinto a prestare volto e nome a un’operazione che conviene solo a Salvini: canalizzare il dissenso nordista in un’inoffensiva corrente interna al partito del Capitano, azzoppando sul nascere il progetto di ridare “agibilità politica” alla Lega Nord. Il vecchio partito infatti esiste ancora a tutti gli effetti, anche se non fa politica da tre anni: affidato alla gestione commissariale di Igor Iezzi (un fedelissimo di Salvini) si limita a versare 600mila euro l’anno alle casse dello Stato, come da accordo siglato con la procura di Genova nell’indagine sui 49 milioni di rimborsi elettorali trafugati. Soldi ricavati in massima parte dal 2xmille che ancora arriva al vecchio Carroccio, versato da per lo più ignari contribuenti. Dopo un tira e molla finito anche in Tribunale, la scorsa estate i frondisti hanno ottenuto un’importante vittoria: la convocazione del Consiglio federale che il prossimo 20 ottobre dovrà fissare la data del nuovo Congresso della Lega Nord, il primo dal commissariamento. Un’occasione d’oro, per i reduci ancora iscritti, di eleggere veri organi politici – Fava si è candidato a segretario – e fare concorrenzain casa” alla Lega di Salvini, cavalcando il malcontento della vecchia guardia moltiplicato dalla disfatta elettorale.

Un piano che ora il “Comitato Nord” rischia di mandare a monte. E per i ribelli non è una coincidenza. “Perché tutta questa fretta e perché proprio ora? Questa iniziativa serve a confondere le idee ai tanti che vorrebbero seguirci”, si sfoga Fava. “Siamo tornati al cerchio magico, come tanti anni fa. C’erano quelli che andavano in giro parlando a suo nome, “si fa così perché l’ha detto Bossi”, e poi scoprivi che Bossi non ne sapeva nulla. Mi piacerebbe parlarci, anche se non me lo permetteranno. Gli spiegherei che non si cava sangue da una rapa, non è possibile fare una rivoluzione autonomista all’interno della Lega Salvini premier. Il contenitore adatto ce l’ha, l’ha creato lui, e si chiama Lega Nord. Il Comitato serve a tutelare la carriera di qualche dirigente che punta a un ruolo di minoranza in quel che resta del partito di Salvini”. E fa il nome di Marco Reguzzoni, imprenditore varesotto già capogruppo del Carroccio alla Camera, “da sempre abile regista di queste operazioni, che non vorremmo servissero a portare acqua al mulino dell’agonizzante Lega salviniana”. Per poi concludere: “Non mi stupirebbe se fosse vera la voce per la quale si dice che nei prossimi giorni Salvini e Reguzzoni tornino ad incontrarsi”. Più sfumato, ma allusivo, l’ex ministro Castelli: “Ho imparato che in ogni iniziativa politica bisogna chiedersi, cui prodest? Perchè le letture possono essere tante”.

Ad alimentare i sospetti di una manipolazione di Bossi, si diceva, c’è la nota a lui attribuita e diffusa lunedì pomeriggio. E in particolare il passaggio in cui l’organizzazione del Comitato del Nord è affidata all’europarlamentare Angelo Ciocca e al deputato uscente Paolo Grimoldi: “Ho scelto i due esponenti della Lega per aiutarmi nel progetto poiché il comitato è interno alla Lega Salvini premier”, recita il comunicato firmato dal Senatur. “Impossibile che abbia detto una cosa del genere”, commenta uno dei frondisti, leghista della primissima ora. Tanto più che nel giro di pochi minuti entrambi mandano messaggi molto chiari, sempre a mezzo agenzia: “È tutto all’interno della Lega attuale, della Lega Salvini premier”, sottolinea Grimoldi. “Il progetto non è nostalgico ma guarda al presente e al futuro”, precisa invece Ciocca. E ancora: “Salvini? Non è lui in discussione, né vedo alle porte una scissione, perché chi vuole una scissione non fa mica un comitato interno a un partito da cui vuole uscire…”. Poi si rivolge direttamente a Fava, Castelli e gli altri: “Per aderire al Comitato, all’idea di Bossi, bisogna essere interni. Questa è la decisione. Si prendano anche loro la tessera blu della Lega per Salvini premier”, li sfida. Una provocazione a cui i ribelli rispondono in modo caustico: “Scommettiamo che tutti e due (Ciocca e Grimoldi, ndr) saranno premiati a breve con un posto di governo?”.

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