La minaccia nucleare irrompe anche sul dibattito pubblico russo. Se, però, tra la popolazione la possibilità dell’uso di un arma atomica rimane ancora un’ipotesi lontana, i media hanno iniziato a mettere l’attenzione sulle ultime parole del Cremlino, in particolar modo quelle pronunciate dal portavoce Dmitry Peskov che lunedì ha precisato: “L’uso delle armi nucleari da parte della Russia è possibile solo in accordo con la sua dottrina”. Ed è proprio sulle procedure e i casi individuati da Mosca che i quotidiani si stanno concentrando per spiegare alla popolazione in quali situazioni l’uso delle nucleari tattiche potrebbe concretizzarsi.

È stato proprio Vladimir Putin che, nel 2000, ha approvato la dottrina militare della Federazione Russa secondo la quale il Paese si riserva il diritto di lanciare un attacco nucleare solo come risposta a un’offensiva e solo in due casi specifici. In primo luogo, in risposta all’uso di armi nucleari o di armi di distruzione di massa contro lo Stato o i suoi alleati. In secondo luogo, in risposta all’aggressione su larga scala con l’uso di armi convenzionali se “l’esistenza stessa dello Stato è in pericolo”. Non è chiaro come determinare quando si verifica una situazione del genere, il che lascia alla leadership militare russa molto spazio di manovra. E questa vaghezza preoccupa ancora di più se si pensa all’intenzione dell’Ucraina di riconquistare i territori occupati dall’esercito di Mosca che, nel frattempo, ha però ufficializzato l’annessione delle quattro aree del Donetsk, del Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia.

Inoltre, la leadership russa considera il potenziale nucleare principalmente come uno strumento non per la distruzione diretta del nemico, ma per l’impatto psicologico che può avere su di esso. Tenendo in considerazione un rapporto del 2020 in cui esperti militari statunitensi hanno analizzato l’evoluzione della strategia militare russa, si può sostenere che la minaccia di utilizzare armi nucleari da parte delle autorità russe è soprattutto una dimostrazione della volontà di escalation. Si presume che in questo modo il comando russo dovrebbe intimidire il nemico e questo, a sua volta, porterà a una tregua o alla pace. Un tale sistema comprende molte fasi di deterrenza che precedono l’uso diretto delle armi.

Le parole di Peskov hanno cercato di chiarire quale sia, al momento, la posizione del Cremlino sull’utilizzo di armi nucleari, tuttavia l’unica strategia russa pubblicamente disponibile è progettata per uno scenario di difesa e nessuno spiega come interpretarla in una guerra d’aggressione. In generale, le questioni relative all’uso delle armi nucleari sono coperte dal mistero. Molto spesso in senso letterale: la maggior parte delle informazioni sull’arsenale nucleare e sui piani strategici della Russia sono classificate. In aggiunta, spesso le parti in conflitto si esprimono deliberatamente in termini vaghi, tentando di disorientare il nemico costringendolo a scommettere su quale sarà il prossimo passo. Per questo è impossibile prevedere, tra l’altro, dove la Russia potrebbe sferrare il primo colpo: in campo aperto o in una struttura militare ucraina, ad esempio. Gli esperti concordano solo sul fatto che questo colpo (in piena conformità con la dottrina russa) sarà dimostrativo.

In ogni caso, la decisione di utilizzare armi nucleari viene presa dal presidente della Russia. A questo proposito, il media di opposizione russo Meduza ha ricordato come la retorica del capo del Cremlino sia cambiata negli ultimi 22 anni: durante questo periodo, Putin è passato dalla voglia di ridurre le armi nucleari alla minaccia aperta di usarle. Fino al 2018, il presidente ricordava che la dottrina nucleare russa non contiene il concetto di attacco preventivo e che invece contempla solo un “colpo di risposta”. “Certo, sarebbe una catastrofe globale, ma ripeto, non possiamo essere noi gli iniziatori di questa catastrofe, perché non abbiamo il colpo preventivo”, aveva assicurato. Ma con l’inizio della guerra in Ucraina, Putin ha cominciato a minacciare anche coloro che decideranno di “intervenire nel corso degli eventi”.

Finora, lo spazio informativo russofono si limita a discutere la dottrina nucleare russa e a citare le opinioni di esperti russi e stranieri, i quali generalmente ritengono che il rischio di una minaccia nucleare sia minimo, sebbene non possa essere completamente escluso. Nonostante l’attuale tensione non sia paragonabile, sostengono, ai tempi della crisi dei missili a Cuba, questa è la situazione più pericolosa da allora, anche più pericolosa dell’inizio della guerra in Ucraina. La consolazione è che un attacco nucleare dalla Russia non può essere più considerato una sorpresa: è molto probabile che i preparativi vengano notati dall’intelligence occidentale.

Tenendo presente che la dottrina russa si oppone alle armi ad alta tecnologia occidentali usate come pressione psicologica sotto forma di intimidazione, l’osservatore militare del servizio russo della Bbc Pavel Aksenov sostiene: “Per qualsiasi esercito che manchi di armi ad alta precisione, la tentazione di risolvere il problema con un colpo potente è molto grande. Ad esempio, per liberare l’area occupata dal nemico prima di sferrare un’offensiva”. Aksenov osserva che il presidente russo può però essere fermato dall’indignazione dei partner stranieri. “L’uso delle armi nucleari in Ucraina è contrario agli interessi del mondo intero, ma soprattutto della stessa Russia”, dice al canale televisivo Nastoyashcheye Vremya (Tempo Presente) Robert Pszczel, l’ex capo dell’ufficio informazioni della Nato in Russia.

Maxim Starchak, ricercatore presso il Centro per la politica internazionale e di difesa della Queen’s University ed esperto di politica nucleare russa, spiega in un’intervista: “Se una potenza nucleare decide di lanciare un attacco nucleare su uno Stato non dotato di armi nucleari, può farlo. Sì, seguirà la condanna internazionale, ma gli ostacoli reali non ci sono”. La dottrina russa afferma che non si possono usare armi nucleari contro Paesi che non ne possiedono, a meno che questi non attacchino la Russia “in collaborazione con uno Stato che ne possiede”. Allo stesso tempo, Starchak ricorda che per consentire l’uso di armi nucleari, il presidente deve trasmettere un segnale codificato attraverso un sistema di controllo al quale sono collegati anche il ministro della Difesa e il Capo di Stato Maggiore.

Se il permesso arriva da tutti e tre i dispositivi, viene avviata un’intera catena di ordini che lascia un po’ di tempo per prevenire il disastro (a proposito, nel caso di un attacco tattico, questa catena è più lunga che nel caso di quello strategico). Allo stesso tempo, secondo Aleksey Arbatov, capo del Centro per la sicurezza internazionale dell’Istituto di economia mondiale e relazioni internazionali dell’Accademia delle scienze russa, alcuni tipi di vettori in grado di essere caricati con testate nucleari, ad esempio i missili balistici, sono costantemente in allerta e possono essere lanciati in pochi minuti.

Con tutto questo, i politologi e i giornalisti russi non hanno fretta di attribuire troppa importanza all’ultimo tentativo di Putin di dimostrare che il suo ricatto nucleare “non è un bluff”. Finora, il presidente si limita ad avvertire, senza esprimere minacce e condizioni specifiche. Non è ancora chiaro come la presa di posizione sia stata percepita dalla popolazione. Stranamente, un sondaggio sull’opinione pubblica condotto a luglio ha mostrato che i russi sono più preoccupati per l’aumento dei prezzi e la carenza di merci che per una possibile escalation della situazione in Ucraina che porterebbe a una guerra nucleare.

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