Dopo 79 anni di battaglie, prima sul ring e poi in politica, è morto il noto wrestler giapponese Antonio Inoki. Soffriva di una rara malattia: l’amiloidosi. Tra i pionieri della Mixed Martial Art, Inoki diventò professionista a soli 17 anni. Nato come Kanji Inoki nel 1943 a Yokohama, Inoki si trasferì in Brasile con la sua famiglia all’età di 13 anni e lavorò in una piantagione di caffè. Nel paese sudamericano incontrò un noto impresario giapponese che lo convinse a diventare un lottatore. È considerato l’artefice del successo del wrestling moderno, con la fondazione della lega professionistica a partire dal 1972 e l’avvento della televisione a bordo ring.

Nel 1976 sfidò anche il campione di boxe Muhammad Ali, in quello che per i giapponesi resta “L’incontro del secolo”. La sfida di arti marziali miste, andata in scena al Nippon Budokan di Tokyo, attrasse una audience globale e rafforzò ulteriormente la popolarità del wrestler. Dopo il ritiro del 1988, Inoki decise di entrare in politica: l’anno dopo fu eletto al parlamento tra le file del partito Sport e Pace. Si distinse per la sua intensa attività diplomatica. In Iraq nel 1990 si adoperò per il rilascio di ostaggi giapponesi durante la guerra del golfo e, nel corso degli anni successivi, ebbe un ruolo importante in Corea del Nord, dove trattò con il regime di Pyongyang, tramite canali non ufficiali, per la liberazione di alcuni prigionieri.

Nel luglio 2020 i primi segnali di una salute non più di ferro lo costrinsero ad ammettere problemi al cuore. La sua ultima apparizione pubblica, con la sua caratteristica sciarpa rossa che gli penzolava dal collo, è stata ad agosto in uno show televisivo, su una sedia a rotelle.

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