I malumori della fronda nordista per lo scarso risultato della Lega di Matteo Salvini iniziano a venire a galla in modo prepotente. Nonostante le tre ore di Consiglio federale, al termine delle quali sono state diffuse note distensive e una fotografia con i vertici al completo e “sorridenti”, le tensioni sono appena cominciate. E l’umiliazione elettorale di Umberto Bossiil cui seggio da capolista a Varese non è scattato a causa della débâcle – rischia di fare da casus belli per l’innesco della resa dei conti all’interno del partito. Anche perché lo stesso Bossi dice che “il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro ed inequivocabile che non può non essere ascoltato”. A farsi portavoce di questo messaggio è l’ex ministro ed ex segretario Roberto Maroni in un contributo pubblicato sul Foglio: “Il congresso straordinario della Lega ci vuole. Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi. Stay tuned”. Il profilo più immediato è quello del governatore veneto Luca Zaia, che ieri ha parlato di un “risultato deludente” e della necessità di “un’analisi seria sulle cause”. Ma un cavallo alternativo potrebbe essere il presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, che ha più esperienza romana. Il caos rischia peraltro anche di far deflagrare la “pax” siglata nel 2014, quando Bossi e Salvini firmarono una scrittura privata che – tra l’altro – impegnava Salvini a non querelare i membri della famiglia Bossi per l’appropriazione indebita di centinaia di migliaia di euro di fondi del partito usati per spese personali.

Il Consiglio federale cerca di minimizzare i problemi – Dopo tre ore di Consiglio federale, i vertici del Carroccio hanno cercato di nascondere la polvere sotto il tappeto. E in una nota ufficiale hanno parlato del prossimo esecutivo: “La Lega sarà parte fondamentale del governo di centrodestra”, si legge. “Due ore di lavoro con lo sguardo rivolto soprattutto al futuro e ai problemi da risolvere grazie al nuovo governo di centrodestra, di cui la Lega sarà parte fondamentale”. E soprattutto, fonti del Carroccio hanno anche assicurato che non è stata messa in discussione la leadership di Salvini: “C’è stata una discussione franca, ma è emersa la tutela assoluta del segretario federale Matteo Salvini: hanno parlato tutti e nessuno lo ha messo in discussione”. A testimonianza del clima di condivisione, la Lega ha diffuso una foto della riunione in cui si vede Salvini seduto accanto a Luca Zaia. Poi Massimiliano Fedriga vicino a Attilio Fontana. Poco dietro Giancarlo Giorgetti. Nel corso dei lavori del federale è emersa la richiesta unanime, fanno sapere, “di avere Salvini al governo”.

Castelli: “Finita la stagione del Salvini premier” – Intanto le voci critiche nei confronti di Salvini, anche da parte degli eletti, iniziano a moltiplicarsi. “Oggi c’è il Consiglio federale. Forse al primo punto dell’ordine del giorno dovrebbe esserci l’ipotesi di cambiare nome al partito. Mi pare che Lega-Salvini premier non sia più attuale”, dice Roberto Castelli in un’intervista all’Huffington post. “Raccogliamo i frutti di una linea politica sbagliata“, sostiene l’ex ministro della Giustizia, riferendosi al sostegno al governo di Mario Draghi. “La Lega è passata dall’essere un partito no Euro, nel 2018 – se li ricorda i nostri validi economisti, Enrico Borghi e Alberto Bagnai, che dicevano che dovevamo uscire dall’Euro? – al finire nel governo più europeista che potesse esserci. Questa giravolta in molti non l’hanno capita. Mettendo da parte l’autonomia, hanno votato pensando al caro bollette, alla guerra, alle sanzioni. E hanno visto in Giorgia Meloni una persona più affidabile”. Ma Salvini dunque dovrebbe dimettersi? “Non so cosa deciderà il consiglio federale della Lega – spiega Castelli – La stagione del ‘Salvini premier‘ è finita. Se decide lui di andare avanti, sulla base di quale politica può farlo? Quella del ritorno alle origini? E con quale credibilità?”. E allora chi sarebbe un successore adeguato? “I nomi – dice l’ex ministro – sono, lì, sul tavolo. Sono i nomi di chi incarna, anche fisicamente, il messaggio autonomista. Mi riferisco ai tre governatori: Luca Zaia, Attilio Fontana, e Massimiliano Fedriga. Quest’ultimo, beato lui, governa una regione che ha già l’autonomia. Credo che il successore sia da trovare tra uno di loro. Sempre che ne abbiano voglia”.

Le altre critiche – Molto critico anche Paolo Grimoldi. “La dignità imporrebbe dimissioni immediate. L’unica via da percorrere per uscire da questo disastro e ricostruire il nostro movimento e la credibilità è andare subito a congresso: serve subito il congresso della gloriosa Lega Lombarda”, ha detto ieri il deputato, che oggi ha lanciato una raccolta di firme per la convocazione del congresso della Lega Lombarda. “Le avvisaglie c’erano tutte: destrutturazione del partito sui territori, abbandono frettoloso dei temi sui quali la Lega è nata e cresciuta per andare in cerca di un facile consenso a latitudini in cui l’alta volatilità del voto è da sempre cosa nota”, ha scritto invece in un duro post su Facebook il deputato varesino Matteo Bianchi, vicinissimo a Giancarlo Giorgetti. “Non si può pensare di ricondurre le responsabilità del disastro a Draghi e un partito non può reggersi sulla fede, sui commissariamenti e sulla criminalizzazione del dissenso. Noi siamo nati per far crescere i nostri territori: per questo invito i militanti a chiedere la convocazione immediata dei congressi tramite i propri segretari/commissari di sezione”.

La difesa di Fontana, le parole di Bossi – A difendere il segretario ci pensa il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Salvini a rischio? Non credo proprio”, dice il numero uno del Pirellone, spiegando che oggi al consiglio federale “faremo una attenta analisi del voto” e “sentiamo tutte le persone che hanno qualcosa da dire. Ci troviamo, ragioniamo tutti insieme e faremo le nostre vautazioni”. Nonostante il risultato delle politiche, con Fdi che ha sorpassato la Lega anche in Lombardia, secondo Fontana la sua ricandidatura al vertice della Regione – si vota a marzo – non è a rischio. “Ho già detto tutto quello che c’era da dire. Non credo che sia cambiato niente, non credo ci siano novità. Credo di poter dire come mi è stato detto singolarmente dai rappresentanti dei 4 partiti della coalizione che sarò candidato”. Chi invece nonostante la candidatura non è stato rieletto è Umberto Bossi, fondatore della Lega. “Bossi è la storia di questo Paese quindi deve essere sicuramente presente in uno dei due rami del Parlamento”, sostiene Fontana. Ma se non è stato eletto? ‘”Credo che Bossi sia la persona che più di ogni altra meriterebbe di rientrare in Parlamento e mi sembra una buona idea quella di nominarlo senatore a vita”, sostiene Fontana. Il diretto interessato, però, non sembra per nulla deluso. “Sono contento poiché avevo deciso di non candidarmi. Mi hanno pregato e solo per il rispetto verso la militanza ho accettato”, dice il senatur. Che sulla disfatta elettorale della Lega, sostiene: “Il popolo del Nord esprime un messaggio chiaro ed inequivocabile che non può non essere ascoltato”.

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Umberto Bossi fuori dal Parlamento dopo 35 anni: il tracollo della Lega non fa scattare il suo seggio. Salvini: “Lo voglio senatore a vita”

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