Nell’ultimo atto della campagna elettorale gli ex alleati si sfidano nelle piazze di Roma. È dal palco di Santi Apostoli, storico ritrovo dell’Ulivo, che un Giuseppe Conte esaltato dalla rimonta arringa i suoi sostenitori. Mentre Enrico Letta sceglie piazza del Popolo, lo stesso teatro in cui 24 ore prima aveva sfilato il centrodestra, ma non la riempie nemmeno a metà. “Ma che succede? Ci avevano dati per morti. Questa piazza però mi sembra sintomo di buona salute. Ancora una volta si sono sbagliati“, esordisce il leader M5s nella prima parte del suo intervento. Sullo sfondo e sui maxischermi compare ovunque lo slogan scelto per la corsa elettorale, “Dalla parte giusta”. “Domenica dobbiamo scegliere, non possiamo non comprendere la portata storica di questo voto. Siamo chiamati a decidere se alzare gli stipendi di chi prende due, tre o quattro euro lordi l’ora o alzare quelli di chi già prende diecimila euro al mese, come è stato già fatto. Dobbiamo decidere se vogliamo che la regola siano contratti di un giorno o un contratto a tempo indeterminato. Dobbiamo decidere: ma questa svolta green la vogliamo a chiacchiere? Vogliamo approfittare di questa emergenza energetica per tornare al fossile o guardare avanti, verso il futuro delle rinnovabili”. E poi la guerra: “Il governo dei migliori ci ha chiamato a scegliere tra la pace e i condizionatori. Ma la pace è sparita dai radar e non sappiamo nemmeno se potremo riaccendere i riscaldamenti. Che gran successo!”. “Dobbiamo rivolgerci agli indifferenti, a coloro che non credono più nella buona politica. Dobbiamo convincerli a decidere insieme il futuro di questo Paese”, ha detto ancora Conte.

“Tanti si fregavano le mani, ma siamo ancora qui” – Riprendendo la parola, alla fine della manifestazione, ha rivendicato tutti i passaggi della sua esperienza politica. “Realizzare l’80% del nostro programma ci è costato tanto impegno e tanta fatica, ma è stato rivoluzionario. Non l’aveva mai fatto nessun’altra forza politica. Quel giorno quando sono uscito da Chigi in tanti hanno applaudito, alcuni si sono commossi, ma c’erano anche tanti furbi che si sono fregati le mani. Li abbiamo mandati via. Siamo ancora qui, più forti e determinati di prima”. Conte ha parlato del suo primo governo, che “è stata un’esperienza difficile, ma ci ha permesso di realizzare il Reddito di cittadinanza, la Spazzacorrotti, il Decreto dignità”. Poi la pandemia (“Abbiamo assunto misure coraggiose che mai altri partiti avrebbero neppure pensato, come il blocco dei licenziamenti che ha salvato 300mila lavoratrici e lavoratori”) e i mesi delle trattative per il Recovery fund: “Ci dicevano che era impossibile, ma quando si ha coraggio e determinazione anche i sogni impossibili si avverano”. Fino al governo Draghi e al “braccio di ferro” sulla riforma penale Cartabia: “Abbiamo salvato i reati di mafia dall’improcedibilità, ma appena avremo di nuovo responsabilità di governo rivedremo questa riforma“. Non manca l’attacco a Luigi Di Maio, mai nominato: “”I compagni che ci hanno lasciato hanno ascoltato le sirene del sistema, ne sono rimasti ammaliati. Nei salotti buoni ti convincono che puoi diventare uno statista, e tu ci credi. Ma è stata la nostra salvezza. Buona fortuna a chi è andato via e più forza, più determinazione per noi”.

Gli interventi dal palco – In piazza tra i militanti pentastellati anche i parlamentari uscenti di Leu Stefano Fassina e Loredana De Petris (quest’ultima ha dichiarato pubblicamente il suo voto al M5s). Dal palco hanno parlato i big che non si sono ricandidati per la regola del doppio mandato, come l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, accolto da un’ovazione: “Oggi nel settore della giustizia abbiamo la legge Spazzacorrotti, che guardacaso tutti vogliono cancellare, il codice rosso, la legge sulle intercettazioni, quella sulle porte girevoli. Ci siamo messi contro tutto e contro tutti per approvarle. Siamo noi gli unici che in questa campagna elettorale hanno parlato di lotta contro tutte le mafie: forse perché siamo gli unici che possono farlo con credibilità”. Poi è toccato alla vicepresidente del partito Paola Taverna e al presidente della Camera Roberto Fico e al ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli (tra i più applauditi) mentre la sindaca di Torino Chiara Appendino ha inviato un messaggio video. anche i nomi del “listino” dei capilista scelti da Conte: l’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il professore di ingegneria energetica Livio De Santoli, l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho e l’ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, che ha ottenuto l’ovazione più potente: “La vecchia politica ha sentito l’odore dei soldi, vogliono fare l’assalto alla diligenza del Pnrr”, ha detto. “Vogliono negare ai poveri anche quel pezzo di pane del Reddito di cittadinanza, per spingerli nelle mani della mafia”.

Letta: “Difendiamo i diritti e la Costituzione” – È rimasta semivuota invece piazza del Popolo per la manifestazione di chiusura della campagna elettorale Pd che si è aperta, come al solito, sulle note della “Canzone popolare” di Ivano Fossati. Sul palco – lo stesso che 24 ore prima ha ospitato i leader del centrodestra – la scritta “Scegli”, slogan della campagna dem. “La scelta l’abbiamo fatta sui diritti, sapendo che dall’altra parte abbiamo un’Italia retrograda che non pensa sia possibile dare libertà alle persone di vivere i diritti. Le scelte che anno fatto e le parole che usano sono intollerabili. Noi su questi temi si deve andare avanti. A partire dalla legge sulla cittadinanza”, ha detto il segretario Letta nel suo discorso di chiusura, con tutto lo stato maggiore alle spalle. E ancora: “Abbiamo fatto la scelta di difendere la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza e dell’antifascismo, non permetteremo che quella Costituzione, la più bella del mondo, venga stravolta dalla destra”. Letta ha parlato di una “rimonta” avvenuta in questi giorni e “figlia del fatto che nel nostro partito c’è la migliore classe politica sui territori”. E ha concluso: “Viva l’Unione europea, l’Italia democratica e progressista. Viva il Pd. Andiamo a vincere domenica”.

De Luca: “Il Rdc è una porcheria” – Gli interventi dal palco, in attesa di quello del segretario, sono stati contenuti a due minuti ciascuno: a esordire il sindaco della Capitale Roberto Gualtieri, poi la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, la presidente del partito (e sindaca di Marzabotto) Valentina Cuppi, il capodelegazione a Bruxelles Brando Benifei, la vicesegretaria Irene Tinagli. Il presidente della Campania Vincenzo De Luca (accolto con un’ovazione) ha potuto sforare di parecchio il limite imposto e si è lanciato in una lunga orazione contro il reddito di cittadinanza, definito “una porcheria” che “ha mischiato i poveri con i parassiti e i figli di buona donna”. Dopo di lui è toccato alla segretaria democratica dei Giovani democratici Caterina Cerroni, al governatore pugliese Michele Emiliano e a quello emiliano Stefano Bonaccini, al deputato Alessandro Zan (“nella prossima legislatura la sua proposta diventerà legge”, ha assicurato Letta), alle capogruppo di Camera e Senato (Simona Malpezzi e Debora Serracchiani) e ai ministri Lorenzo Guerini, Andrea Orlando e Dario Franceschini e Roberto Speranza. Subito prima di Letta invece è toccato a Elly Schlein, la vicepresidente dell’Emilia Romagna che è il più promettente tra i nuovi volti del centrosinistra.

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