Il governo di Kiev segna un punto a suo favore nel braccio di ferro tra Vaticano e Ucraina sulle prospettive della guerra. Dopo l’intervento di Francesco, in cui condannava la guerra come “pazzia” e deplorava la morte di tanti innocenti e i tanti bambini ucraini e russi rimasti orfani e dedicava un pensiero anche a Darya Dugina, “povera ragazza volata in aria per una bomba messa sotto il sedile della macchina a Mosca”, il Vaticano è stato costretto ad arretrare. Dopo la furia scatenatasi nell’opinione pubblica ucraina e la dura protesta del governo di Kiev, il cui ministro degli Esteri aveva convocato il nunzio papale, un comunicato vaticano ha spiegato che gli interventi del Papa non vanno considerati una “presa di posizione politica” bensì un appello “in difesa della vita umana e dei valori connessi ad esse”. Quanto alla guerra: è stata “iniziata dalla Federazione russa”, Francesco l’ha chiaramente condannata ed è una guerra “moralmente ingiusta, inaccettabile, barbara, insensata, ripugnante e sacrilega”.

L’ambasciatore ucraino presso il Vaticano, Andrii Yurash, ha registrato soddisfatto che la “reazione attiva dell’Ucraina ha incontrato la comprensione del Vaticano”. E’ la seconda volta che il Vaticano è costretto a fare marcia indietro. La prima fu quando l’Osservatore Romano rinunciò a mettere in prima pagina la foto del Venerdì santo in cui una donna ucraina e una donna russa reggevano la croce come simbolo di speranza in una futura riconciliazione. La vicenda illumina la ferrea determinazione con cui il governo di Kiev vuole imporre all’opinione pubblica la sua visione. Come ricordato recentemente dal Corriere della Sera, in questa guerra viene applicato il Resistance Operations Concept, un manuale elaborato dal Pentagono dopo la guerra russo-georgiana del 2013. Il manuale, focalizzato sugli aspetti militari e civili di una resistenza nel caso di aggressione di una grande potenza a un piccolo paese, dedica attenzione speciale al “controllo della narrazione”.

E’ esattamente quello che il governo di Kiev sta facendo, quando non tollera che venga offerta al pubblico nessuna interpretazione dei pregressi e delle prospettive della guerra, diversa dalla “guerra fino alla sconfitta totale” della Russia propugnata dal presidente Zelensky. Non a caso Zelensky ha istituito un canale televisivo di informazione unica. Papa Francesco è fuori dal coro, perché non demonizza i russi in quanto popolo e chiede una concreta iniziativa per un cessate il fuoco. Perciò va diplomaticamente bastonato.

E’ successo già nei mesi scorsi con Francia e Germania. Quando il presidente francese ha sostenuto che l’Ucraina andava aiutata ma non doveva esservi “vendetta, revanscismo e umiliazione della Russia”, da Kiev è venuto un fuoco di sbarramento. Il bastone mediatico è stato applicato particolarmente ai dirigenti socialdemocratici tedeschi. Il presidente federale Steinmaier fu accusato dall’allora ambasciatore ucraino Andriy Melnyk (oggi avvicendato) di essere invischiato in una “ragnatela di rapporti” con la Russia. E quando il cancelliere Scholz rimandò il viaggio a Kiev per queste polemiche, l’ambasciatore Melnyk rincarò la dose affermando che il cancelliere si comportava da “pirla offeso” (in tedesco: salsiccia offesa).

Nella sua linea di guerra ideologica totale contro Mosca, Kiev è appoggiata dalla Polonia e dai paesi baltici, un fronte di falchi cui ora si è aggiunta la Finlandia (quasi dovesse vendicarsi delle guerre con la Russia di ottant’anni fa). Resta da normalizzare la Santa Sede. Un’impresa difficile. Bergoglio non si lascia chiudere facilmente la bocca. Il comunicato vaticano è del livello minimo. Non riporta parole di Francesco, non è una presa di posizione del Segretario di Stato cardinale Parolin, non è una dichiarazione del portavoce vaticano. E’ un foglio anonimo. Confezionato per accontentare Kiev. “Bergoglio è una testa politica, se necessario sa andare a zig zag”, dicevano di lui già a Buenos Aires. Due passi avanti, uno indietro. Seguendo la sua rotta. E tuttavia le sue parole sulla guerra “pazzia di tutte le parti” hanno scatenato – come confida un intellettuale di Kiev – una “ondata di odio” contro il Papa nei mass media in Ucraina, destinata a lasciare il segno. Ciò che preoccupa maggiormente la Santa Sede non è solo la spirale di un’escalation militare con distruzioni e vittime in crescendo, ma l’estendersi di un odio etnico sempre più acceso.

Il Vaticano lo registrò già durante il conflitto nell’ex Jugoslavia, quando si manifestarono fiammate di odio quasi razziale tra popoli, che per decenni avevano vissuto tranquillamente fianco a fianco. L’odio antirusso in Ucraina ha assunto connotazioni metafisiche. L’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, riporta il colloquio con un teologo domenicano dell’Istituto superiore di scienze religiose “Tommaso d’Aquino” di Kiev, che considera “ingenuo” chi crede nella diplomazia e condivide pienamente la decisione del governo ucraino di vietare i libri di letteratura russa, gli spettacoli di teatro russo, le rappresentazioni dell’opera russa, i concerti di musica russa, i video russi. Una messa al bando di stampo totalitario, che contraddice totalmente i valori dell’Unione europea. Eppure il domenicano giustifica questa violenta censura con il fatto che scrittori, compositori, pensatori e musicisti russi siano veicoli di una “subdola forma di sciovinismo” panrusso al servizio dell’imperialismo di Mosca. Pensare che chi pronuncia tali concetti indossi la tonaca dell’ordine di san Tommaso, un gigante della connessione tra fede e razionalità, suscita inquietudine. Ma è un dato reale. Resta l’interrogativo se l’Europa debba lasciarsi guidare da simili impulsi.

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