Il rigassificatore di Piombino “va realizzato in tempi brevi. È ormai una questione di sicurezza nazionale“. Dell’opera da realizzare nella città portuale toscana Carlo Calenda ha fatto una delle bandiere della sua campagna elettorale. Il tema dei rigassificatori era già uno dei punti dell’accordo – poi rotto – con Enrico Letta, è una delle parole più utilizzate dal leader di Azione nella sua pioggia di tweet quotidiani. “Senza rigassificatore a Piombino rischiamo il razionamento“, ha scritto il 26 agosto. “Può immediatamente essere operativo“, diceva al Tg2 48 ore prima. Prima ancora un altro tweet: “È fondamentale“. Per Calenda, insomma, il progetto di Snam è la chiave per affrancarsi dal gas russo e mettere in sicurezza l’inverno per famiglie e imprese. Quando era ministro dello Sviluppo economico, però, lo stesso Calenda disse no a un rigassificatore. Era il 2016 e definì l’impianto che doveva essere realizzato a Trieste “un’opera non strategica“. Oggi rivendica quella decisione: “Vero. Non lo era. Per la lunghezza dei tempi di realizzazione e la localizzazione. Per questo nella SEN abbiamo previsto le navi di rigassificazione. Esattamente quelle che stiamo cercando ora”, spiega ora Calenda (sempre su Twitter). Nel frattempo invece altri si sono pentiti di quel no: “Oggi saremmo una città ricchissima. Penso a quanto avremmo potuto fare per noi e per il nostro paese in questo momento”, ha detto nel marzo scorso il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, in carica proprio dal 2016.

Per Calenda, quindi, il rigassificatore va fatto a Piombino mentre non andava fatta nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Come accade oggi nella cittadina sulla costa toscana, anche sei anni fa furono le istituzioni territoriali in primis ad opporsi al progetto presentato dal gruppo catalano Gas Natural. Adesso è il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari, che rilancia ai quattro venti la sua contrarietà all’opera, mentre il governatore Pd della Toscana, Eugenio Giani, è favorevole. Nel 2016 invece fu soprattutto la presidente del Friuli Venezia Giulia, la dem Debora Serracchiani, ad opporsi al rigassificatore di Zaule. I suoi appelli però furono raccolti da Calenda, alla guida del ministero dello Sviluppo economico. Fu una decisione politica: il governo Renzi il 10 giugno 2016 decise di non procedere alla realizzazione dell’opera, ritenendola appunto “non strategica“.

Il leader di Azione, a posteriori, giustifica quella decisione sostenendo che i tempi di realizzazione sarebbero stati troppo lunghi e che già allora aveva chiesto di puntare sulle navi di rigassificazione. Calenda cita nello specifico la Sen, ovvero la strategia energetica nazionale. Nel documento del 2017 in effetti si trova scritto: “Lo sviluppo del GNL trasportato tramite navi metaniere, sempre più consistente a livello globale, rappresenta un’opportunità per migliorare la flessibilità di approvvigionamento del gas naturale“. E poi il passaggio chiave: “Questo acquisirà ancora maggiore flessibilità con lo sviluppo degli impianti galleggianti sia di liquefazione che di rigassificazione, che hanno costi e tempi di sviluppo vantaggiosi rispetto a quelli degli impianti classici di liquefazione/rigassificazione onshore o offshore“.

In altre parole, l’opera che doveva essere realizzata a Trieste – un altro progetto simile non vide mai la luce anche a Brindisi – era su piattaforma. Nel progetto di Snam, invece, il porto di Piombino ospiterebbe la nave Golar Tundra, capace di stoccare 170mila metri cubi di gas naturale allo stato liquido che, grazie alla temperatura dell’acqua di mare verrebbe riportato allo stato gassoso per correre nei tubi e raggiungere le case degli italiani. Quello che suggeriva la Sen firmata da Calenda nel 2017. Se l’obiettivo dell’opera di Piombino, però, è quello di scongiurare almeno in parte l’emergenza energetica attuale, già nel 2016 era chiaro come i rigassificatori – di qualunque tipo – potessero servire a ridurre la dipendenza dalla Russia.

Lo scriveva il ministero guidato da Calenda nello stesso documento: “È aumentata la dipendenza da un unico fornitore (Russia)”, si legge in un passaggio della Sen. E ancora si sottolinea la “crescente esigenza di fronteggiare i rischi geopolitici connessi all’elevata dipendenza dagli approvvigionamenti di gas dall’estero”. Già nel 2016, quindi, la situazione geopolitica faceva emergere nitidamente come servissero delle alternative al flusso in arrivo da Mosca. Calenda e il governo Renzi invece ritennero il rigassificatore “non strategico”. Oggi, con l’emergenza in corso, è più facile sostenere che servano le navi. In 6 anni, però, l’impianto di Zaule avrebbe potuto essere pronto.

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