Secondo l’inchiesta dal titolo emblematico “Soldi francesi, petrolio russo, sangue ucraino”, condotta da Global Witness con il quotidiano parigino Le Monde, il gruppo petrolifero francese Total Energies contribuisce a rifornire di carburante i jet militari russi che bombardano l’Ucraina. Il petrolio utilizzato per raffinare il kerosene proviene dal giacimento siberiano di Termokarstovoïe gestito da Terneftgaz, partecipata al 49% da Total e al 51% dalla russa Novatek, in cui Total ha, di nuovo, una partecipazione del 20%. A differenza di altre compagnie, come la britannica British Petroleum, Total non ha sinora ceduto i suoi asset russi. La compagnia, in cui anche il Tesoro francese ha una piccola partecipazione, ha sempre affermato che il petrolio estratto da questi pozzi non era utilizzato per scopi bellici. Tuttavia Global Witness è riuscita a ricostruire i movimenti dei carichi di petrolio provenienti dal giacimento. Il greggio viene prima inviato via treno alla raffineria di Gazprom che si trova ad Omsk, qui si ottengono i vari prodotti di lavorazione tra cui il kerosene.

Il carburante viene quindi mandato alle due basi aeree di Morozovskaïa e Malchevo, nella regione di Rostov, vicino ai confini ucraini da cui decollano i jet Sukhoi Su-34. Da qui sarebbero partiti anche i jet che hanno colpito il teatro di Marioupol causando la morte di 600 persone lo scorso 16 marzo. TotalEnergies ha condannato pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina (ma, fa notare Le Monde, evitando di tradurre il comunicato in russo), di fronte ai nuovi addebiti si difende affermando di non avere voce in capitolo nelle decisioni di Terneftgaz. Dopo che nel 2014 l’Unione europea ha imposto sanzioni contro Mosca per l’invasione della Crimea, Total ha ottenuto il via libera del governo francese per la continuazione dei lavori nel sito di Termokarstovoïe, entrato in produzione l’anno seguente. La società ha motivato la decisione di non lasciare la Russia neppure dopo l’invasione dell’Ucraina affermando che, a causa delle sanzioni, non è possibile vendere le partecipazioni a soggetti che non siano russi, e che quindi il trasferimento degli asset finirebbe per avvantaggiare Mosca.

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