Se si viaggia nell’Appennino tra Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, i segni del terremoto del 2016 che sconvolse intere comunità con diverse scosse, la prima il 24 agosto, sono ancora tangibili. Soluzioni abitative d’emergenza, zone rosse ed edifici distrutti, sono visibili a tutti, memoria dell’evento che sei anni fa ha causato 303 vittime e 400 feriti, costringendo oltre 40mila persone a lasciare la propria casa (attualmente circa 31mila ancora sfollati). La ricostruzione secondo Giovanni Legnini, che dal 2020 guida la struttura commissariale, “viaggia a ritmo sostenuto”, come si legge nel Rapporto sulla ricostruzione del 2022, aggiornato a fine giugno, che restituisce un quadro completo dello stato di avanzamento dei lavori nell’area del cratere sismico, nonostante le criticità del mercato dell’edilizia, saturo e vittima dell’esplosione dei prezzi dei materiali.

Numeri alla mano, nel più grande cantiere a cielo aperto in Italia, oggi si contano 7mila lavori privati completati, con la riconsegna alle famiglie di 16.500 unità immobiliari, e altri 7mila cantieri avviati. Eppure il bacino ipotetico degli interventi è molto più grande: in totale sono oltre 50mila le richieste di contributo che dovrebbero essere presentate, di queste 22.700 sono state effettivamente già protocollate, mentre oltre 27mila restano “da presentare” e sono state calcolate sulla base di una “manifestazione di volontà” a richiedere il contributo redatta dagli stessi cittadini. Dati molto minori rispetto agli 80mila edifici inagibili stimati poco dopo le scosse, che quindi alzano la percentuale degli edifici ricostruiti al 14% rispetto al 6% dello scorso anno. A pesare oggi, si legge nel rapporto, è soprattutto l’assenza di imprese disponibili per la ricostruzione post sisma oltre al ridotto numero di professionisti attivamente impegnati nella progettazione degli interventi di ricostruzione. Segno che l’appello, già lanciato lo scorso anno da Legnini e rinnovato anche quest’anno, a “venire a lavorare nel centro Italia” non è stato molto ascoltato. “Se ci fossero più professionisti e imprese potremmo viaggiare a un ritmo più sostenuto”, spiega il commissario.

La crisi di governo e quindi la prossima “congiuntura politica”, assicura ancora il Commissario, non influiscono “sul percorso di ricostruzione già delineato”. L’ipotesi è addirittura quella di poter superare la struttura commissariale, creando “una nuova governance che veda il pieno coinvolgimento delle Regioni e dei Comuni”, di fatto istituendo un Dipartimento delle ricostruzioni post sisma. Una scelta che, però, specifica il commissario “è solamente politica”. E, risponde Legnini al Fattoquotidiano.it, se il nuovo esecutivo dovesse decidere di cambiare il commissario (il cui mandato scade il prossimo 31 dicembre ndr), la prima richiesta che farà, per non ricominciare sempre daccapo con inutili e dannose perdite di tempo che tanta sofferenza aggiungono a chi è colpito da catastrofi e terremoti, “sarà quella di proseguire l’iter che porterà all’approvazione del Codice delle ricostruzioni” . La ricostruzione, spiega, “ha bisogno di una struttura stabile e uniforme”, altrimenti, “i primi tre, quattro anni si perdono, così come accadde anche all’Aquila”. “A un mio eventuale successore? – continua – Suggerirei di fare questo lavoro con dedizione senza interessi o condizionamenti di ogni genere, perché si ha a che fare con la vita e con la sofferenza delle persone. Poi gli suggerirei di proseguire con i programmi e non ricominciare daccapo perché ci è voluto tempo per far funzionare la macchina”.

LA RICOSTRUZIONE PRIVATA – Per la prima volta dal 2016 e dal primo censimento che aveva individuato oltre 80mila edifici inagibili, grazie alla sollecitazione fatta ai cittadini, ai quali è stato chiesto di compilare le “manifestazioni di volontà” se interessati a richiedere il contributo pubblico di ricostruzione, pena la decadenza del diritto al contributo, oggi si ha un quadro più definito delle reali necessità del territorio. Sono 22.700 le richieste presentate, di cui 14.234 accolte, 5.690 in fase di istruttoria e 2.771 respinte, per un importo totale richiesto pari a oltre 7,5 miliardi di euro e (appena) 2 miliardi liquidati. Sono molti di più però i cittadini che hanno intenzione di presentare la domanda di contributo pubblico, ma non l’hanno ancora fatto. Secondo i dati raccolti mancherebbero all’appello circa 27mila domande, pari al 55% delle domande attese con una stima dei costi pari a circa 12 miliardi di euro.

Un indubbio sprint rispetto a due anni fa, quando la quota delle domande presentate sul totale delle attese era pari al 39%, ma che restituisce anche una verità: non tutti gli edifici dichiarati inagibili con il censimento del 2017 saranno ricostruiti. Simbolo che, almeno in parte, le aree dell’entroterra già difficilmente popolabili, andranno incontro a un ulteriore spopolamento. Ma non solo: rispetto all’accelerazione dello scorso anno, quando erano state presentate quasi 6.700 domande di contributo in soli 12 mesi, il ritmo sembra essere notevolmente diminuito. Sono appena 2.000 in più le richieste di contributo presentate in un anno, mentre restano circa 4mila quelle accolte in un anno. Per quanto riguarda i cantieri, invece, rispetto allo scorso anno ne sono stati avviati quasi 4mila, erano 10.263 nel 2021 e oggi sono 14.165, e conclusi oltre 2.300 in più rispetto allo scorso anno quando i lavori finiti erano 4.923 (oggi sono 7.259).

Per i cittadini però il tempo scorre: tutti i progetti di ricostruzione vanno presentati entro il 31 dicembre 2022, e per i cittadini che usufruiscono ancora di assistenza, come chi percepisce il Cas, il contributo di autonoma sistemazione (circa 23mila persone secondo i dati di agosto 2022 comunicati dalla Protezione civile) o chi vive nelle Soluzioni abitative d’emergenza (circa 7mila persone), la scadenza è anticipata al 15 ottobre.

Se si guarda ai costi, secondo le stime della struttura commissariale, ci vorranno 19,6 miliardi di euro per ricostruire i soli edifici privati, che potrebbero salire a circa 22 miliardi tenendo conto degli aumenti dei prezzi. A marzo, spiegano, “si è esaurito il primo stanziamento di bilancio disposto dal governo subito dopo il sisma, pari a 4 miliardi di euro” e così si è cominciato a impiegare “lo stanziamento varato con la legge di bilancio 2022” pari a 6 miliardi di euro. Se si guarda però a quanto hanno effettivamente ricevuto le imprese fino a oggi, la somma scende considerevolmente: a giugno 2022 erano 2 miliardi di euro.

E i tempi? Di certezze non ce ne sono, l’auspicio della struttura commissariale, però, è quello di far crescere il numero di imprese e professionisti impegnati nel maxi-cantiere del centro Italia. Diversamente, “senza un ampliamento del numero di lavoratori impegnati nella progettazione e realizzazione delle opere, non sarà facile corrispondere alle legittime e pressanti aspettative dei cittadini”.

LA RICOSTRUZIONE PUBBLICA E LE CHIESE – Anche scuole, comuni, chiese e infrastrutture pubbliche sono state duramente danneggiate dalle scosse a cavallo tra il 2016 e il 2017. Edifici fondamentali, spesso fulcro delle piccole comunità dell’entroterra, che, così come le abitazioni private, aspettano ancora di essere ricostruiti. Anche per queste strutture il 2021 ha rappresentato un anno di svolta, sia per quanto riguarda la spesa effettivamente erogata a carico della contabilità speciale del Commissario, sia per quanto riguarda lo stato di avanzamento degli interventi. Attualmente sono stati finanziati i lavori per 1967 opere pubbliche e 925 chiese ed edifici di culto, mentre sono in fase di programmazione 2660 nuovi interventi pubblici e su altre mille chiese.

La spesa effettiva, grazie anche alle procedure veloci delle Ordinanze speciali per i comuni più colpiti, è arrivata a luglio a 768 milioni di euro, rispetto ai 559 di fine 2021 e i 265 milioni di fine 2020. Ma gli importi che andrebbero spesi sono molto più alti: solo le opere pubbliche necessitano di 2 miliardi e 725 milioni di euro, di cui più di un miliardo solo nelle Marche, dove si concentrano 1056 opere da realizzare.

Nel giro di un anno, comunque, i cantieri realizzati sono aumentati considerevolmente: il numero dei cantieri pubblici realizzati, considerando anche le chiese, è passato da 151 a 365. Mentre sono 316 i cantieri attualmente in corso di realizzazione, circa il doppio rispetto allo scorso anno. Certo il lavoro non è finito, ma, secondo il Commissario, i numeri sono destinati a crescere e non è irrealistico immaginare che, entro sei mesi, si possano vedere all’opera circa un migliaio di cantieri pubblici.

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