Zentile e Schietta si lanciano a tutta velocità verso la curva di San Martino. Sono pancia a pancia, con i fantini di Chiocciola e Istrice abbarbicati sulla groppa. Tutto si consuma in una frazione di secondo. Schietta scivola, si rialza, riprende a correre. Non sembra avere particolari problemi, eppure il silenzio cala su Piazza del Campo. Perché non c’è niente di peggio di vedere un cavallo che si infortuna. Soprattutto durante la prova generale. Soprattutto dopo una falsa partenza. La geografia emozionale del Palio di Siena dello scorso 2 luglio è stata piuttosto complessa. Il sollievo per il ritorno della Festa dopo due anni di attesa è stato sovrascritto dalla delusione di veder partire solo sei cavalli su dieci. Due barberi non si sono neanche presentati alla mossa. Vankook, il cavallo della Civetta, è stato tenuto a riposo per un problemino fisico riportato nelle prove del giovedì. Schietta per un ematoma formatosi dopo la caduta del venerdì. Il giorno della carriera non è andata poi meglio. Volpino, il barbero del Leocorno che doveva partire di rincorsa, è tornato nell’Entrone per un colpo ricevuto alla partenza, mentre Uragano Rosso, che durante alcune prove aveva dato segni di nervosismo, ha forzato la mossa facendo finire sul tufo il suo fantino, Scangeo, che è stato portato via con la lettiga.

Una gara a eliminazione che ha generato opinioni contrastanti. Secondo le associazioni animaliste è il simbolo dell’arcaicità del Palio. Secondo il Comune è la testimonianza della bontà di quel lavoro di tutela del benessere del cavallo portato avanti ormai da decenni. L’esclusione dei due barberi, infatti, è stata precauzionale, un modo per evitare qualsiasi problema che possa mettere a rischio la loro integrità (e il prosieguo della loro carriera). La linea portata avanti dal Comune è chiara. Gli incidenti ai cavalli non possono essere predetti. Quindi bisogna concentrarsi sulla prevenzione, in modo da permettere agli animali di arrivare alla carriera nel miglior stato psicofisico possibile. Ma poi è necessario un lavoro costante di assistenza e screening, oltre a centri capaci di intervenire immediatamente in caso di infortuni più o meno gravi.

La mole di interventi è sterminata e non coincide con i giorni del Palio, ma inizia parecchio tempo prima e finisce ben oltre la fine della corsa. Uno dei passaggi più importanti ha portato all’istituzione nel 2000 del Protocollo Equino, che introduce un apposito “Albo dei cavalli” addestrati per correre il Palio. In estrema sintesi, si è scelto di non far più gareggiare i purosangue ma i mezzosangue. Questi non sono solo più robusti, ma hanno anche una falcata meno ampia che permette loro di accelerare nella curva di San Martino evitando il rischio di finire contro le barriere. I barberi poi devono seguire un particolare percorso di allenamento (che riguarda la forma fisica) e un addestramento (che consente alla Commissione veterinaria di valutare l’adattabilità del cavallo alle condizioni che troverà al Palio). Per questo il Comune organizza una serie di prove sulle piste di Mociano (una copia perfetta del Campo e delle sue pendenze, che si trova alle porte di Siena) e Monticiano. E per arrivare a correre in piazza è necessario un lavoro di almeno un anno con la partecipazione a un numero minimo di lavori.

Ma niente è lasciato al caso. C’è un dettaglio che spiega in maniera significativa la puntigliosità del lavoro che è stato svolto in questi anni. E riguarda il canape. In un primo momento si è dibattuto addirittura su quale dovesse essere la sua massa (60 o 30 chili), in modo da calcolare, in base alla ridotta altezza da terra e alla “debole viscosità” dell’aria, il suo tempo di caduta al suolo (la differenza è di 0.0004 secondi). Poi, su impulso del sindaco, si è deciso di adottare un sistema di doppio sgancio, che fa si che il canape sia libero da entrambe le estremità in modo da non creare ostacolo ai cavalli che forzano mossa.

Tener conto di tutti gli interventi è praticamente impossibile. Dal 1999 la curva di San Martino è rivestita di una nuova barriera di protezione ad alto assorbimento in PVC mutuata dai circuiti automobilistici, mentre viene tenuta sotto stretta osservazione anche l’umidità del tufo che ricopre Piazza del Campo, in modo da garantire la giusta stabilità del cavallo. Altro elemento fondamentale è la velocità dei soccorsi. Nel 2020 il Comune si è dotato di una nuova ambulanza veterinaria capace di prestare il primo soccorso anche negli incidenti più gravi (in caso di necessità può contare sulla scorta della polizia). L’obiettivo non è solo salvare i cavalli infortunati, ma permettere loro di portare avanti una seconda vita. E infatti diversi barberi sono stati pienamente recuperati. È il caso, ad esempio, di Reynard King, che ha riportato una frattura alla seconda falange dell’anteriore destro nel Palio dell’Assunta del 2016, di Morosita Prima, che nella carriera d’agosto 2017 ha riportato una frattura al posteriore destro, e di Quintiliano, che nella corsa del Provenzano del 2015 riportò un’avulsione totale della scatola cornea del posteriore sinistro.

Per loro le gare sono finite, ma si è aperta una seconda vita. Uno degli interventi più interessanti ha portato alla creazione, trent’anni fa, del Pensionario dei cavalli di Palio, situato nel comune di Radicondoli, nella Riserva Naturale Statale di Palazzo. I barberi che dopo infortunio nella carriera non possono più essere accuditi dai proprietari a causa dei costi elevati, diventano di proprietà del Comune che li mantiene per tutta la vita in una sterminata area verde. Secondo le stime, solo nel 2019 i costi per la sicurezza dei cavalli sostenuti dal Comune si aggirano intorno ai 273mila euro. “Non si tratta dell’acquisto di un’indulgenza – afferma il sindaco di Siena, Luigi De Mossi – ma il prezzo di un progetto articolato e faticoso”.

Di strada ne è stata fatta molta, ma sarebbe ipocrita affermare che le condizioni dei cavalli non rappresentino ancora un problema. Dal 2000 a oggi sono 8 i cavalli morti per infortuni riportati nel Palio. L’ultimo è stato Raol, nella carriera straordinaria del 2018. La questione è sostanzialmente etica. E una mediazione con gli animalisti sembra in qualche modo impossibile. Anche per questo il fenomeno Palio appare incomprensibile ai non autoctoni. “Bisognerebbe interrogarsi sul rapporto che abbiamo con il mondo animale inteso come risorsa – ci spiega Fabio Mugnaini, professore di antropologia all’Università di Siena – Se pensiamo agli animali come esseri senzienti dobbiamo cambiare molti dei nostri comportamenti. Prendere un Husky e tenerlo in un appartamento a trenta gradi vuol dire non trattarlo bene. Un cane con un vestito di velluto è offensivo come un cavallo che si fa male. È giusto scandalizzarsi, ma bisogna guardarsi bene attorno prima»”. Quello che colpisce, però, è la profondità di questo legame fra Siena e i cavalli. Un rapporto che dura da secoli e che va oltre il concetto di singola esistenza. “Quando avviene un incidente non c’è nessun segno di indifferenza – afferma Mugnaini – i cavalli che sono morti in piazza hanno lasciato le proprie tracce in città. Rimangono le loro foto, i loro zoccoli vengono esposti nel museo della contrada. I cavalli che hanno corso il Palio sono seppelliti con tanto di lapide e sono oggetto di visite. Questo rapporto va considerato, perché il cavallo a Siena viene visto in questo quadro, è l’elemento senza cui si può portare a termine questo incontro fra destino e strategia“. Tutto vero. Anche se le due posizioni resteranno sempre inconciliabili.

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