Domenica 7 agosto ha prestato giuramento a Bogotà il nuovo presidente della Colombia Gustavo Petro e la nuova vicepresidente Francia Marquez. Si tratta di una data storica per la Colombia e per tutta l’America Latina e il Caribe, a cui ho partecipato come vicepresidente del partito della Sinistra europea. E’ infatti la prima volta dalla nascita della repubblica colombiana che vincono le elezioni esponenti della sinistra, espressione delle classi popolari e non delle oligarchie al potere.

Petro è un economista ex guerrigliero e la vicepresidente è una femminista afrocolombiana, espressione di quelle comunità sfruttate e misconosciute che non hanno mai avuto voce nella storia del paese.

La cerimonia di giuramento, avvenuta in piazza, in una seduta pubblica del parlamento convocata davanti a centinaia di migliaia di colombiani in festa, è stata carica di emozioni (non capita sovente di vedere in una cerimonia pubblica così tanta gente che piangere di commozione) e di significati simbolici. Non a caso il primo atto politico di Petro, dopo il suo giuramento e prima di pronunciare il suo discorso, è stata quella di far portare in piazza la spada di Simon Bolivar, che in Colombia e tutta l’America la rappresenta il simbolo non solo della lotta di liberazione nazionale ma della lotta antimperialista dei popoli del sud America.

Il nodo fondamentale attorno a cui ha ruotato il discorso di Petro è quello della pace, della pacificazione del paese e di come uscire da una situazione di guerra civile che va avanti in forme diverse da 70 anni. La Colombia è infatti uno dei paesi più violenti del mondo in cui la delinquenza comune, le squadre paramilitari fasciste, le bande di narcos, le azioni illegali dell’esercito dell’esercito della polizia, la guerriglia hanno caratterizzato e in larga parte caratterizzano ancora, anche dopo gli accordi di pace del 2016, la vita del paese. L’uccisione di ex guerriglieri da parte dei paramilitari fascisti fa parte di una tragica quotidianità che rischia di riaprire la strada della guerra civile.

La scommessa di Petro, nel proporre a tutti e tutte il massimo di dialogo per uscire da questa situazione, è di costruire un effettivo processo di pace. Su questa base e su questa speranza Petro ha raccolto la maggioranza in parlamento e nel paese. La sinistra infatti ha vinto le elezioni presidenziali ma non ha la maggioranza parlamentare e proprio attorno alla scommessa di uscire dalla guerra civile la sinistra si candida ad essere egemone nella sua capacità di dare una soluzione ai problemi del paese. La pace come terreno concreto su cui si sono costituiti la maggioranza parlamentare e un governo di coalizione, che vuole aprire una nuova pagina nella vita del paese.

La ricerca della pace non è però stata proposta dal Presidente solo come un imperativo morale ma è stata fondata sulla base della giustizia e della dignità. Nell’agenda presentata in piazza davanti al popolo, figura al primo posto la riforma fiscale, per far pagare le tasse ai ricchi per poi articolarsi nella parità uomo-donna, nella difesa dei diritti dei più deboli, nello sviluppo della sanità e dell’istruzione pubblica, nella difesa dell’ambiente, nell’ascolto della popolazione. Un programma di pacificazione del paese che si intreccia con un processo di cambiamento fondato sulla giustizia sociale.

Non sarà un percorso facile quello di Petro e del suo schieramento riunito attorno al Pacto Historico. L’enorme presenza militare statunitense (la Colombia fa nei fatti parte della Nato), intrecciata con la presenza massiccia dei narcos, rendono tutto più difficile.

Anche per questo è necessario che il nostro paese abbia nei confronti di questa “seconda possibilità” che ha il popolo colombiano – come l’ha chiamata nel suo discorso il presidente dialogando con Cent’anni di solitudine – una forte attenzione. A partire dalla lotta per conoscere la verità sulla morte di Mario Paciolla per arrivare a trovare una sintonia con i popoli latinoamericani protagonisti di lotte e cambi di governo che dovrebbero costituire una speranza e una indicazione di azione anche in questa Italia un po’ depressa e narcotizzata…

I processi di cambiamento in America latina non sono un fatto che non ci riguarda ma indicano una concreta possibilità anche per i popoli europei: pace e giustizia sociale!

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