Ha utilizzato i social (in particolare Twitter) come principale megafono della sua campagna di comunicazione, con continui aggiornamenti e dichiarazioni giornaliere. Ma oggi Carlo Calenda, dopo l’accordo con il Partito democratico, subisce proprio sui social la rivolta del “suo popolo”. “Di sicuro avete perso il mio voto, oltre al voto di tanti come me che stavano valutando con favore l’ascesa di un centro moderato“, scrive ad esempio Cosimo commentando un suo video. “Hai tradito tutti noi. Non ci sono scuse che reggano”, incalza Alessandro. “Eravamo certi che tu fossi diverso da tutti i trasformisti incoerenti ed inaffidabili. Invece no, sei come loro. Peccato, la mia famiglia tutta ed io ti avremmo dato il voto ma ora non possiamo farlo più”, commenta Paolo.

Sono tanti i messaggi di questo tenore postati sulla pagina ufficiale del leader di Azione. Doveva almeno “evitare tante sceneggiate su Twitter i giorni scorsi”, scrive Luigi mentre tanti altri postano screenshot di precedenti tweet di Calenda. Come quello del 22 luglio scorso (rilanciato anche da Giuseppe Conte e dai renziani sul profilo di Italia viva), totalmente sconfessato dall’accordo raggiunto con Letta poco più di una settimana dopo. Escludeva, senza mezzi termini, l’ingresso di Azione “in cartelli elettorali che vanno dall’estrema sinistra a Di Maio“. “Questi cartelli sono garanzia di ingovernabilità e sconfitta“, aggiungeva Calenda definendo alleanze del genere come “prese in giro degli elettori”.

Sempre su Twitter arriva per l’ex ministro dello Sviluppo economico un’altra contestazione. A confutare la frase che nelle ultime ore il fondatore di Azione ripete senza sosta (“Non un nostro voto andrà a gente come Di Maio e Fratoianni“) è il padre della – tanto contestata e criticata – legge elettorale in vigore. Ettore Rosato spiega a Calenda che, con il suo rosatellum, “il voto dato a qualsiasi partito della coalizione contribuisce al riparto dei seggi di tutti (art. 83). Il voto dato solo al candidato uninominale viene ripartito tra tutti in proporzione ai voti ottenuti da ciascuna lista nel collegio, sia ad Azione che alla lista di Fratoianni o di Di Maio, per esempio (art. 58). Se la tua lista – continua Rosato – fa meno del 3% i tuoi voti vanno alle altre liste della coalizione. E’ una coalizione. Con leggi diverse, si vota con coalizioni dal 1994″, conclude il presidente di Italia viva.

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