Che nelle guerre del XXI secolo la geografia fisica conti quanto nelle campagne di Giulio Cesare o di Napoleone e che possa avere la meglio sui mezzi e le tecnologie moderne è un qualcosa che nessun alto ufficiale, impegnato nei talk show sulla guerra in Ucraina, vi dirà mai a cuor leggero: eppure, è proprio così. Nemmeno nel 2022 un battaglione può spostarsi da A fino a B con un nemico vicino ed armato di artiglieria senza che la presenza di un’altura neghi o dia vantaggio né più né meno di quanto accadeva con gli arcieri persiani nell’antichità o con i long bow inglesi nel Medio Evo.

È così che gli Ucraini hanno tenuto Severodonetsk dal 6 maggio fino al 25 giugno, addirittura per quasi un mese come vera e propria guerra urbana, approfittando non solo dell’impianto industriale Azot come roccaforte ma usando il 145 metri sul livello del mare della vicina Lysychansk come posizione privilegiata per colpire le posizioni avanzate dei russi – e fare strage di combattenti e mezzi – senza offrire agevoli vie di accesso. Per non parlare, poi, della larga gola fra Bucha, Irpin e Hostomel, località tristemente famose per le stragi di civili, dove i russi sono rimasti bloccati a causa anche della conformazione del territorio. Così, si è dimostrato essenziale il ruolo delle vie fluviali, ancora di più in un Paese come l’Ucraina dove i grandi fiumi nei tratti più stretti sono larghi come il Po vicino alla foce.

Ugualmente, noi tutti immaginiamo gli eserciti del nuovo millennio come delle macchine perfette che srotolano come un tappeto una passerella fatta di enormi pontoni, passano in scioltezza e vanno avanti senza impaccio, ma così funziona solo nei film o in episodi estremamente fortunati. La verità è che almeno due volte le truppe di Putin sono riuscite a farsi annientare interi battaglioni da imboscate ucraine sul fiume Siversky Donetsk, che a confronto del Dnipro fa la figura di un rigagnolo. Ricordiamo che un battaglione conta da 600 a 1.000 combattenti, fra ufficiali, sottoufficiali e soldati. Questo spiega perché da due settimane gli ucraini tengono sotto costante tiro di razzi – usando spesso gli ormai celebri HIMARS americani – il ponte Antovskiy a Kherson -poco meno di 1.400 metri di lunghezza: dieci volte Ponte Milvio a Roma e all’incirca quanto il Ponte strallato di Piacenza, per fare due paragoni nostrani – unico accesso stradale da Est verso il capoluogo dell’omonimo Oblast per i rifornimenti russi. Senza questa via di comunicazione, i soldati di Putin devono affidarsi ai traghetti o dovranno piazzare dei pontoni mobili per spostare uomini e mezzi, un vero incubo dopo gli attraversamenti “maledetti” del Siversky Donets di cui abbiamo appena parlato.

E la storia si ripete nel nord, a Nova Kakhovka: d’altronde, dopo la città di Zaporizia, ancora in mano a Kiev, e fino al Mar Nero il Dnipro può essere attraversato solo su questi due ponti. Ventuno secoli fa, nel 105 AC, i romani impararono a caro prezzo nella Battaglia di Arausio contro i Cimbri e i Teutoni che non è il caso di ingaggiare battaglia con alle spalle un fiume ampio e gonfio d’acqua, allora il Rodano, dovendo manovrare equipaggiamenti pesanti. È quello che hanno cercato di evitare gli ucraini – una volta caduta Severodonetsk – preferendo abbandonare sul campo, soprattutto dentro Azot, i mezzi più pesanti e attraversando a piedi lo stesso fiume Siversky Donets con solo in mano dei grossi sacchi neri – tipo quelli dell’immondizia – con dentro le armi leggere e alcune munizioni. In questo modo non hanno subìto perdite di rilievo. Come le alture e i corsi d’acqua, anche le strade non hanno perso la loro importanza: dai tempi dell’impero achemenide e di quello romano sono il percorso preferito delle truppe.

Insomma, dimenticate la retorica dei carri armati sovietici – e ora russi – che divorano la terra nelle campagne: se non trovano ferrovie e strade, i russi si devono fermare per ripararle o ricostruirle col genio militare. Così, si sono trovati bloccati nel fango a Nord di Kiev nell’ultima parte dell’inverno e sono riusciti a circondare la stessa Severodonetsk solo dopo aver distrutto e poi riaperto decine di strade di accesso. Lo stesso vorrebbero fare con le vie di accesso a Kramatorsk, la quale però torreggia a quasi 200 metri sul livello del mare e, come già detto, offre con questo un enorme vantaggio ai difensori, sia pure ancora con mezzi inferiori. Che dire, poi, di Kherson, collegata alle basi russe – e ai relativi rifornimenti – solo attraverso due strade: la E97 (in direzione Crimea) e la M14 (direzione Melitopol, altra città occupata dai russi dove i partigiani di Kiev sono molto attivi) e quindi per i russi una posizione ancora più difficile da tenere? Si è parlato dei due ponti sul Dnipro: una nota a parte meritano i due viadotti stradali e il ponte a cavallo dello stretto di Kerch che collegano la Crimea alla Russia. Ci vuole poco a capire che sono tutti elementi di grande debolezza, che se resi inutilizzabili potrebbero trasformare la Crimea stessa da base degli attacchi via terra nel sud dell’Ucraina a fortezza difficile da rifornire e da difendere per Mosca. In conclusione, forse dovremmo tutti studiare di nuovo la geografia fisica e non gettare via atlanti e mappe come cose vecchie e inutili.

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