A che punto è la crisi di governo? Come ci si avvicina al discorso del presidente del Consiglio di mercoledì al Senato? Cosa pensa Mario Draghi mentre i partiti della sua maggioranza si chiedono se e come tenere in piedi la legislatura? E quali sono le condizioni del premier per rimanere a Palazzo Chigi? A leggere i retroscena più che informati di diversi giornali le possibilità che Draghi resti capo del governo si riducono di ora in ora. “Ci sono ragioni per andare e ragioni per restare” è la frase fatta trapelare per esempio su Repubblica, ma è il massimo dell’ottimismo che viene concesso dagli ambienti vicini al presidente del Consiglio. Sempre secondo Repubblica ci sarebbe pure una condizione in forza della quale Draghi si potrebbe convincere a ripensarci, revocare le dimissioni e rilanciare la sua azione a capo del governo. E cioè dovrebbe accadere che in Senato i leader o i loro luogotenenti si dovrebbero alzare uno ad uno per chiedere al premier di restare, rinnovare esplicitamente la fiducia al governo per farlo arrivare al 2023 superando le emergenze dei prossimi mesi e travasare questo concetto in una mozione di maggioranza su cui porre la fiducia. Vaste programme. Il M5s dovrebbe superare in due o tre giorni i suoi innumerevoli travagli interni e le sue spaccature tra chi vuole andarsene e chi vuole restare, la Lega e Forza Italia dovrebbero abbandonare i loro sogni di correre (e trionfare, verosimilmente) alle elezioni o – in subordine – di partecipare a una maggioranza senza i 5 Stelle.

Che è esattamente quello che Draghi non vuole, o meglio è la ragione fondativa della sua scelta di giovedì scorso di salire al Quirinale per dare le dimissioni. O c’è la maggioranza di unità nazionale nata nel febbraio 2021 o il governo finisce, è il ragionamento del presidente del Consiglio descritto sui quotidiani. Siamo al punto che, secondo il resoconto della Stampa, se continuano le dinamiche di venerdì (con il M5s che non dice ancora cosa vuole fare e il centrodestra attratto dalle sirene di Giorgia Meloni), è inutile aspettarsi qualcosa da questi giorni che separano la sua decisione dal discorso in Senato, che lo staff sta già preparando. A leggere il Corriere della Sera, ad ogni modo, l’umore è nero. “Se c’era uno spiraglio, si sta chiudendo” dicono dallo staff di Palazzo Chigi. Il giudizio del presidente del Consiglio è che “il caos stia aumentando, anziché diminuire” e che chi ha provocato la crisi “non si rende conto dello sconquasso creato”. Certo, a furia di cercare l’origine dello sconquasso si passerebbe un paio di notti in bianco, a partire dalla scissione di Luigi Di Maio, non certo stigmatizzata dal premier che così credeva di stabilizzare un governo che invece ha cominciato ad andare ben di più sul tagadà. Nel weekend Draghi si ritirerà come per abitudine nella casa in Umbria. Dicono che è “irremovibile” (Repubblica), “risoluto” (Corriere), “determinato” (Messaggero), perché il governo, se non ricominciasse su basi solide, su un patto di fiducia ben ancorato, sarebbe subito di nuovo sottoposto alle richieste di una parte e dell’altra. Il punto lo sintetizza Edoardo Rixi, plenipotenziario della Lega: “Fare un governo con il M5s è impossibile”, dice a Sabato Anch’io, su Radio1, e sull’ipotesi di escludere i grillini dalla maggioranza “il Partito democratico non ci sente, perché riterrebbe il governo troppo spostato verso il centrodestra. Per questo Draghi si trova in difficoltà”.

Ad oggi, e almeno in apparenza, il cammino di Draghi resta ancora sospeso. Sempre la Stampa racconta che alla camera ardente per Eugenio Scalfari, qualcuno ha incoraggiato il presidente del Consiglio: “Tenga duro!”. E lui ha risposto con una battuta che non si sa se è fatta più di amarezza o più di sarcasmo: “Ma intende tenga duro e fare marcia indietro? Oppure tenere duro e confermare le dimissioni?”.

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