La martellante campagna politico-mediatica orchestrata dal presidente Jair Bolsonaro contro la credibilità del sistema elettorale vigente in Brasile e il rischio di ingerenza delle forze armate. Sono gli elementi che preoccupano la comunità internazionale in vista delle elezioni generali del 2 ottobre, comuni ai dossier di denuncia presentati nelle ultime settimane. Dalle Nazioni unite al Senato Usa, dall’Organizzazione degli Stati americani a Human Rights Watch, sono diversi gli osservatori che con l’avvicinarsi del voto del 2 ottobre, cercano di gettare un fascio di luce sulla campagna elettorale, che rischia di radicalizzarsi al punto di causare destabilizzazioni istituzionali gravi a ridosso del voto. Da quando la popolarità di Bolsonaro ha iniziato a mostrare un calo – a partire dalla criticata gestione della pandemia – il capo dello Stato ha sostenuto con sempre maggior vigore che il voto elettronico, utilizzato nel Paese dal 1996 senza mai una denuncia di irregolarità, costituirebbe un rischio per le prossime elezioni. Il presidente ha in più occasioni promesso di esibire le prove a sostegno della sua tesi, salvo poi ammettere di possedere solo “indizi”. Nonostante la bocciatura in Parlamento di una proposta di legge che reintroduceva il voto cartaceo, la messa in dubbio dell’affidabilità delle urne ha continuato ad occupare quotidianamente la cronaca politica brasiliana.

“Il presidente Bolsonaro continua con la sua sconsiderata e pericolosa campagna di disinformazione contro il sistema elettorale. Seminando dubbi infondati il presidente sembra gettare le basi per contestare la volontà del popolo se non viene rieletto o addirittura tentare di annullare il voto”, ha affermato la direttrice di Hrw Brasil, Maria Laura Canineu. “La comunità internazionale – ha affermato – dovrebbe inviare un messaggio forte a Bolsonaro che qualsiasi tentativo di sovvertire il sistema democratico e lo Stato di diritto è inaccettabile”. L’Osservatorio per il monitoraggio dei rischi elettorali in Brasile (Demos), composto da giuristi e accademici brasiliani, ha chiamato in causa la Commissione interamericana per i diritti umani (Iachr), chiedendo l’adozione di misure urgenti. Nel dossier inviato all’organismo dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), Demos sostiene che “il governo incoraggia pubblicamente attacchi alle istituzioni, violenza contro gli oppositori politici e mina la fiducia nel potere costituzionale”. In vista dell’Universal Periodic Review, il processo con cui l’Onu esamina la situazione dei diritti umani in ogni paese, un gruppo di ong brasiliane e internazionali ha inviato alle Nazioni unite un dossier in cui vengono ricostruite “le tattiche usate per minare il sistema democratico e il processo elettorale” tra cui “la diffusione di contenuti di disinformazione finalizzati ad attaccare le istituzioni democratiche, cercando di compromettere la fiducia della popolazione nelle elezioni”.

In patria intanto, a causa delle numerose accuse lanciate dal capo dello stato, Bolsonaro è stato già lo scorso anno inserito tra gli indagati dell’inchiesta sulle “fake news” aperta presso la Corte suprema nel 2019 e, successivamente, oggetto di un procedimento aperto presso il Tribunale superiore elettorale (Tse). In reazione alle inchieste aperte a suo carico, Bolsonaro ha risposto alzando il tono della polemica arrivando a suggerire – nel corso di una diretta su Facebook – che le Forze armate a lui molto vicine, istituiscano un sistema parallelo per il conteggio dei voti delle prossime elezioni presidenziali. La reazione del presidente della Corte elettorale, Edson Fachin, non si è fatta attendere: l’alto magistrato ha affermato che nella Costituzione “non è previsto alcun potere moderatore alternativo alla giustizia elettorale cui la Carta affida il compito di garantire il processo”, ha affermato, sottolineando che non accetterà alcun tipo di “intervento” delle forze armate. Il rischio di ingerenza delle forze armate ha fatto scattare l’allarme nel Senato degli Stati Uniti dove un gruppo di senatori democratici ha proposto un emendamento in cui si chiede al governo Biden di impegnarsi a “non continuare ad aiutare il Brasile nel campo della sicurezza qualora diventasse chiaro che le forze armate hanno interferito in modo decisivo nelle elezioni o promosso un colpo di Stato”. Il testo, proposto dal senatore Tom Malinowski del New Jersey, e firmato da cinque colleghi, si chiede al Dipartimento di Stato di presentare al Congresso “una relazione che descriva l’operato delle Forze armate brasiliane durante il processo elettorale”.

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