Dieci anni di indagini, una carriera rovinata, processi, due condanne e un annullamento della Cassazione. Il calvario dell’ex viceprocuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna è finito in un’aula della Corte d’Appello di Reggio Calabria che lo ha assolto definitivamente dall’accusa di falso in atto pubblico. Il processo si è concluso con una sentenza nel merito che la presidente della Corte, Lucia Monaco, e i giudici a latere, Claudio Treglia e Concettina Garreffa, hanno emesso dopo che Cisterna, difeso dall’avvocato Giuseppe Milicia, ha rinunciato alla prescrizione.

Dopo averlo indagato per anni in seguito alle accuse del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, la Procura non è mai riuscita a trovare elementi contro uno dei magistrati reggini più impegnati nella lotta alla ‘ndrangheta. L’unico processo imbastito è stato quello che si è concluso oggi con un nulla di fatto e che già la Cassazione aveva bocciato nel 2021. In sostanza, in qualità di professore a contratto presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, Cisterna è stato accusato di avere attestato falsamente nel registro didattico l’effettuazione delle lezioni e la regolarità e il completamento del corso che lo stesso magistrato teneva a titolo gratuito.

La vicenda riguarda alcune lezioni tenute da una collaboratrice del magistrato nell’anno accademico 2009-2010 in alcuni periodi in cui si sarebbe trovato fuori città. L’indagine, all’epoca, era stata coordinata dall’allora procuratore Giuseppe Pignatone e dal pm Beatrice Ronchi che interrogarono centinaia di studenti dell’ateneo reggino nella speranza di raccogliere prove contro Cisterna. La condanna in primo grado a un anno di carcere era stata confermata nel 2019 dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. L’anno scorso, però, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio quella sentenza descrivendola come una “decisione erronea” e “illogica” in quanto “debitrice di un ragionamento congetturale privo di fondamento fattuale”.

In altre parole, secondo gli ermellini, “a fondamento dell’affermazione di responsabilità” di Cisterna, oggi presidente di sezione al Tribunale di Roma, non c’erano “veri e propri indizi, ma una mera congettura, nella sua dimensione più debole di mero sospetto”. In attesa delle motivazioni, che arriveranno nelle prossime settimane, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha probabilmente tenuto in considerazione le indicazioni fornite dalla Cassazione che aveva annullato con rinvio la condanna di Cisterna per il quale ha chiesto l’assoluzione anche la Procura generale guidata da Gerardo Dominijanni.

Con l’assoluzione nel secondo processo d’appello, si chiude così una vicenda giudiziaria durata oltre 10 anni, iniziata nel periodo in cui Cisterna aveva paventato l’ipotesi di presentare domanda come procuratore di Reggio Calabria. Una vicenda il cui unico effetto è stato quello di aver stroncato la carriera del magistrato che, dopo aver prestato servizio nella procura reggina, nel 2002 a 42 anni era già sostituto della Dna diventando presto viceprocuratore nazionale.

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