di Riccardo Cristiano*

Dopo il summit Italia-Turchia ho avuto la sensazione che due gocce d’acqua si specchiassero in un lago ridotto a uno stagno. Ma le condizioni del lago non riguardano nessuna delle due gocce d’acqua, prese da tutt’altro, mentre le miserevoli condizioni del lago dove si ritrovano dovrebbero interessare entrambe. Queste due gocce d’acqua sono prese da un litigio “assoluto”: e proprio questa è la parola che vorrei proporre di escludere dal nostro vocabolario. La prima goccia ritiene che recandosi a Istanbul il nostro presidente del Consiglio abbia tradito i curdi, andando incontro al tiranno Erdogan. L’altra sostiene che chi dice questo proponga di andare incontro al tiranno Putin, tradendo gli ucraini.

Il paragone non è proprio perfetto perché il Pkk non rappresenta tutti i curdi, anzi ne rappresenta piccola parte, e poi i curdi vivono non solo in Turchia, ma anche in Siria, in Iraq, in Iran. Ma certo l’acquiescenza occidentale con la nuova operazione turca contro i territori e i nuclei familiari curdi che lì vivono, in Siria, è manifesta e orrenda. Come è manifesta l’insensibilità ai legittimi aneliti degli ucraini da parte di chi contesta.

In mezzo c’è la questione del grano che non può lasciare indifferenti. Sbloccando i porti ucraini si risolve (o si risolverebbe) un problema non più rinviabile al quale nessuno può fingersi indifferente. In questo modo la dimensione di “tiranno” diventa un giustificativo ideologico per i due campi. Quella che indica come tiranno Putin giustifica il campo che si accorda con il tiranno Erdogan, dimenticando quanto accade al riguardo dei curdi e dei siriani che vengono deportati da Erdogan nei territori che sta occupando. Quella che indica come tiranno Erdogan mira a delegittimare l’Occidente e i buoni propositi di cui si ammanterebbe, dimenticando che i diritti degli ucraini esistono comunque.

Entrambi hanno buon gioco a dire a se stessi che c’è una scala di priorità da seguire: la lotta a Putin è più importante per gli uni, quella a Erdogan e alla falsità occidentale per gli altri. E proprio questo consentirebbe di ritrovare un bandolo per ragionare.

Se ognuno può vedere una logica nella sua priorità, così facendo ammette che non c’è un “assoluto”. Non è assoluta la lotta al male né per gli uni né per gli altri. Tutto sommato è quello che disse Draghi di Erdogan tempo addietro: “è un despota, col quale dobbiamo parlare”. Vale per lui come vale per altri. Il bene “assoluto” non è per oggi né per domani. Ma anche i mali assoluti andrebbero contenuti, in questo mondo certamente imperfetto ma non condannato ad essere peggiore di quel che è.

Se sgombrassimo il campo dall’assoluto potremmo vedere alcune ragioni in chi antepone i diritti dei curdi, e non solo, come in quelli che antepongono i diritti degli ucraini, e non solo. Queste ragioni si confrontano con due leader che non piacciono, ma che hanno arrecato alla comunità internazionale un danno condiviso: l’uso di metodi illeciti nel perseguire obiettivi, diciamo, comprensibili: ritrovare o conquistare uno status globale. Entrambi infatti si avvalgono di mercenari prelevati da territori che tengono nella miseria più assurda. Entrambi strumentalizzano la religione per quel che non la riguarda. Entrambi mettono a repentaglio la sicurezza di Stati sovrani con metodi a dir poco impropri.

Se si convenisse tra tutti che questi sono problemi per la comune convivenza, si potrebbe trovare tra noi il modo per capirci e rapportarsi con loro in modo meno autolesionista, o opportunista. Ricordando che i popoli hanno diritti autentici, non funzionali ai nostri progetti.

Il Mediterraneo, nella sua lunghissima storia, ha un fascino nascosto nelle sue pieghe, dove si trovano tanti racconti che valgono contro i racconti assoluti. Ne sono testimonianza i canti veneziani che aspettavano il Sultano che avrebbe finalmente fatto la festa al Doge e ai suoi, come i canti dei pescatori di Istanbul che dicevano al Sultano: “la nostra è una città di commerci, se non commerciamo con i veneziani con chi lo faremo”?

Il racconto assoluto, da qualunque parte sia fatto, non ci aiuta a capire come costruire un racconto plausibile, che tolga le armi improprie, contenga gli interessi illegittimi. Uniti ci potremmo riuscire. Io credo che i custodi di interessi illegittimi come Putin e Erdogan si capiscano benissimo. Noi?

* Vaticanista di RESET, rivista per il dialogo

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