La Corte d’Appello di Caltanissetta ha condannato l’ex presidente di Sicindustria, Antonello Montante a 8 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. In primo grado era stato condannato a 14 anni. Sconto di pena pertanto per l’ex presidente degli industriali siciliani, ritenuto a capo di un sistema di spionaggio. La decisione della Corte d’Appello è arrivata dopo 8 ore di Camera di consiglio: lo scorso 15 gennaio l’accusa aveva chiesto 11 anni e 4 mesi di carcere.

Condannati anche alcuni componenti del suo “cerchio magico”, accusati a vario titolo di corruzione, rivelazione di notizie coperte dal segreto d’ufficio e favoreggiamento. A 5 anni è stato condannato il capo della security di Confindustria Diego Di Simone (in primo grado era stato condannato a 6 anni e 4 mesi), a 3 anni e 3 mesi il sostituto commissario Marco De Angelis, (4 in primo grado). Assolti il colonnello Gianfranco Ardizzone, ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Caltanissetta, che in primo grado aveva avuto 3 anni, e il questore Andrea Grassi, dirigente della prima divisione dello Sco che aveva avuto un anno e 4 mesi.

“Rispetto al primo grado c’è stato un ridimensionamento, anche se ovviamente non siamo assolutamente soddisfatti e quindi proporremo ricorso per Cassazione. Resta il problema dell’associazione che non riteniamo proprio configurabile”, ha commentato l’avvocato Carlo Taormina, difensore dell’ex leader di Sicindustria Antonello Montante. “Alcune ipotesi di corruzione, se pure ridimensionate, non sono rispondenti a quelle che sono le nostre ricostruzioni. Noi – ha aggiunto il legale – riteniamo che il rapporto di do ut des tra Montante e la polizia o la Finanza non sia mai stato provato”.

Montante era accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, accesso abusivo al sistema informatico e violenza privata, accusa quest’ultima caduta, mentre ha retto, a dispetto di quanto auspicavano i legali, la contestazione di associazione a delinquere. Secondo la tesi dell’accusa, Montante servendosi degli “accessi abusivi al sistema informatico“, riuscendo a “ottenere mediante sistematiche azioni di corruzione, notizie segrete” su “indagini” o sul contenuto “della banche dati della polizia”, “non gestiva potere, ma lo creava” ed “utilizzava il potere conquistato negli Enti pubblici e privati quale bacino per collocare i clientes” come “moneta di pagamento per i favori illeciti che questi gli rendevano”, come aveva scritto la Gup di Caltanissetta Graziella Luparello nelle motivazioni della sentenza del processo in cui l’imprenditore era condannato, nel maggio 2019, a 14 anni di reclusione. La Procura aveva chiesto la condanna in primo grado a dieci anni e mezzo. Secondo gli inquirenti Montante sarebbe stato la testa di una sorta di “governo parallelo” in Sicilia, e avrebbe “diretto” la vita politica e amministrativa dell’isola, piazzando suoi uomini in posti strategici.

“Grande soddisfazione per la completa assoluzione del proprio assistito” manifestano i difensori del questore Andrea Grassi, gli avvocati Cesare Placanica e Walter Tesauro. “Già la sentenza di primo grado aveva sancito l’estraneità di Grassi a ogni rapporto opaco” nell’ambito del “Sistema Montante”, dicono. “Oggi, con la completa assoluzione, a Grassi è stato ridato anche l’orgoglio di dichiararsi, come fatto dalle prime battute delle indagini, un uomo dello Stato”. Soddisfazione esprime anche l’avvocato Giuseppe Dacquì, legale del generale Gianfranco Ardizzone: “Il generale – ha spiegato il difensore – è stato assolto dal reato associativo, per l’altro capo R relativo all’ipotesi di corruzione, viene assolto per i fatti che sono stati commessi dal 2011 in poi, quando si parla del trasferimento dell’allora colonnello da Reggio Calabria a Caltanissetta, per questo fatto è stato assolto. Per quanto riguarda il fatto legato all’assunzione della figlia, il reato è stato prescritto”, ha concluso.

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