Olimpiadi Invernali 2026, allarme per una babele di strutture ed enti che si occupano dell’organizzazione, senza una regia e un piano condiviso. Sanità da incubo, per quanto riguarda le rimanenze di beni per fronteggiare il Covid, che assommano alla cifra mostruosa di 319 milioni di euro, composta soprattutto da dispositivi di protezione individuali che rischiano di scadere. Per non parlare delle liste d’attesa per visite ed esami arretrati, per lo smaltimento delle quali la Regione Veneto investe formalmente 40 milioni di euro, che poi non spende. Sarà anche la prima Regione italiana ad ottenere la parifica del bilancio dalla Corte dei Conti, eppure non sono poche le critiche che i giudici contabili hanno formulato attraverso la requisitoria del procuratore generale Ugo Montella e la relazione della presidente della sezione di controllo Maria Elisabetta Locci. Il governatore Luca Zaia si è detto soddisfatto, ma le osservazioni gettano qualche ombra nelle pieghe di un bilancio da 15 miliardi di euro.

UNA BABELE CHIAMATA OLIMPIA – La Regione ha stanziato 99 milioni di euro, fino al 2026, per le Olimpiadi Milano-Cortina. Per questo la Corte ha qualche timore. “Non sembra sia stato sufficientemente approfondito l’aspetto relativo al grado di possibilità che gli sponsor possano non adempiere alle proprie obbligazioni, con conseguente eventuale necessità di intervento della garanzia della Regione, né che sia stato chiarito come il Comitato intenda tutelarsi nei confronti degli stessi patrocinatori per scongiurare loro inadempienze o far fronte alle stesse”. E poi una babele di enti. Prima nazionali: “Fondazione Milano Cortina 2026”, Consiglio Olimpico Congiunto, società “Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A.” – SIMICO S.p.A. (10% del capitale sociale sottoscritto dalla Regione Veneto), “Forum per la sostenibilità dell’eredità olimpica e paralimpica”. Poi regionali: Fondazione Cortina e Veneto Innovazione S.p.A. per il Programma Veneto in Action. Osservano i giudici: “Sembra che l’articolazione che si è venuta a creare sia mancante di un delineato progetto di sistema, che veda la condivisione e il coordinamento delle varie azioni da porre in essere, oltre che di una chiara ripartizione delle rispettive competenze. Il proliferare di soggetti che intervengono all’interno dello stesso ambito di azione, con contorni che rimangono ancora vaghi, imporrà, volta per volta, il capire chi deve fare cosa, con un aggravio di tempi, procedure e costi. Si auspica pertanto un coordinamento, al fine di evitare ritardi nella esecuzione dei lavori e possibili duplicazioni di attività, con aumento ingiustificato dei relativi costi”.

SCORTE DI MASCHERINE E CAMICI – La sanità, con un bilancio 10,6 miliardi di euro, assorbe l’80 per cento degli impegni di spesa complessivi del bilancio complessivo. Giudici colpiti negativamente dal valore delle rimanenze (a fine dicembre 2021) di beni per l’emergenza Covid: ammontano a 319 milioni di euro. Hanno chiesto spiegazioni, la Regione ha risposto che per 44 milioni le scorte riguardano dispositivi medici per vaccinazioni e tamponi, per i restanti 265 milioni di euro si tratta di dispositivi di protezione individuali (mascherine, camici…), Il procuratore Montella: “Si evidenzia un valore troppo elevato delle rimanenze, soprattutto a fronte di una spesa media mensile di soli 16 milioni di euro. Il rischio è il mancato futuro utilizzo dei beni acquistati”. Alla situazione attuale, le scorte basterebbero per più di 20 mesi.

LISTE D’ATTESA: STANZIO, MA NON SPENDO – Già un anno fa la Corte dei Conti aveva bacchettato la Regione sulle liste d’attesa per visite ed esami sanitari. Lo Stato ha stanziato risorse per recuperare il tempo perduto per il Covid, la Regione ha presentato nel novembre 2020 un piano operativo. Già nel 2020 dei 39 milioni di euro stanziati per il Veneto, solo 18 milioni erano stati assegnati agli enti territoriali, mentre la potente Azienda Zero (che gestisce operativamente la sanità veneta) si è trattenuta la parte restante. Nel 2021 lo stanziamento è così salito a 41 milioni di euro (compresi quelli non spesi nel 2020), ma sono stati spesi solo 19 milioni. “Le ragioni fornite dalla Regione (carenza di personale, impossibilità di far fare lavoro straordinario, ndr) – scrivono i giudici – non spiegano uno stanziamento che è pari praticamente al doppio di quanto la stessa sia stata effettivamente capace di utilizzare. Non si comprende come mai, se nel 2020 la Regione è riuscita ad impiegare solo in parte le risorse statali alle quali ha avuto accesso, abbia poi deciso nel 2021 di stanziare, per il medesimo scopo, oltre a quelle non utilizzate nell’esercizio precedente (20,7 milioni di euro) ulteriori risorse per euro 20,3 milioni, integralmente non utilizzate e nuovamente accantonate”.

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