Sveliamo tutti i segreti della misteriosa pista da bob di Cortina per le Olimpiadi 2026. Per tre anni è stato pensato un progetto sbagliato, perché troppo veloce e con eccessive accelerazioni gravitazionali. Così, per rendere accettabile il percorso, si sarebbe dovuto creare un viadotto alto 20 metri e lungo 250, ai piedi delle Tofane. Un mostro. Per questo c’è stata una correzione in extremis, probabilmente sulla spinta delle proteste di ambientalisti ed opinione pubblica, oltre che per le osservazioni delle federazioni sportive. È così che è stato pensato una specie di “ottovolante”, con colate di cemento e terrapieni comunque vertiginosi. Il costo è già lievitato a 85 milioni di euro, con un balletto del piano economico-finanziario rispetto ai 61 milioni indicati solo qualche mese fa. C’è poi il sistema di alimentazione, per creare il ghiaccio, che utilizzerà l’ammoniaca, a dispetto di quanto era stato dichiarato ufficialmente. In ogni caso, se e quando verrà realizzata, la nuova pista “Eugenio Monti” non avrà lo stesso percorso di quella delle Olimpiadi del 1956, come avrebbe voluto il governatore Luca Zaia, né di quella dismessa nel 2008. Sarà tutta un’altra cosa, alla faccia di chi ha sempre sostenuto che si tratterà di una semplice “riqualificazione”, com’é scritto ancora oggi nei documenti della Regione Veneto.

Ilfattoquotidiano.it è in grado di svelare i contenuti del progetto rimasto finora top-secret. È stato discusso a fine novembre 2021 e nel gennaio 2022 dalle Federazioni di bob, skeleton e slittino. Ora è arrivato sul tavolo della Conferenza dei servizi, composta dagli enti amministrativi locali e da quelli che sovrintendono al rispetto di piani e vincoli che gravano sull’area delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’Unesco. Fino ad oggi le informazioni sono state distribuite con il contagocce, ma siccome si è arrivati alla stretta finale, era inevitabile che le notizie trapelassero.

UN PROGETTO SBAGLIATO – I documenti (ma solo dopo l’incarico ricevuto il 30 dicembre 2021) portano la firma del progettista, l’ingegnere tedesco Uwe Deyle, della società Planungsbüro Deyle GmbH che ha sede a Stoccarda e che da Torino 2006 (impianto da 100 milioni di euro ormai in rottamazione) a Pechino 2022 si è occupata dei principali impianti da bob olimpici. Responsabile unico del procedimento è l’ingegnere Alessandra Grosso, dirigente della Regione Veneto. Procuratore dei tedeschi è l’ingegnere Ludovico De Lotto. Il primo progetto prevedeva di rifare la “Monti” così com’era. Si trattava della soluzione CL.10.1.GT, sviluppata nel 2019 a livello di pre-fattibilità, su incarico di Coni Servizi, in preparazione del dossier olimpico, che ha consentito di ottenere l’assegnazione dei Giochi. Lo scorso novembre le federazioni internazionali contestarono un problema rilevante: troppo elevate le velocità massime e le forze G (gravitazionali) a cui sarebbero stati sottoposti gli atleti nella parte bassa del percorso. Testuale: “Il punto più basso non potrà essere a livello dei campi da tennis, perché le velocità raggiunte sarebbero troppo alte, perciò dovrà essere accettata una differenza di quota di circa 20 metri tra la pista e la quota dei campi da tennis”.

IL MOSTRO – Ecco materializzarsi lo spettro di un mostro in calcestruzzo, praticamente un viadotto lungo 250 metri e alto 20, che occuperebbe un sesto della lunghezza complessiva della pista. È questa la conformazione finale a cui è arrivata l’evoluzione del primo progetto (nuova sigla CL10.15.2GT), per evitare che i bob si trasformassero in proiettili lanciati a velocità folle. Un pugno nello stomaco. Per questo è stata elaborata (grazie ai tedeschi) una soluzione alternativa (sigla: CL13.4GT) che è finita sul tavolo delle decisioni finali. Le variazioni sono significative: viene introdotta una chicane a forma di 8, tutta a nord della palestra di roccia. “I campi da tennis non saranno oggetto di intervento, la palestra di roccia non sarà all’interno del tracciato e le costruzioni a sud non saranno interessate”. Questo il risultato, che sembra salvare capra e cavoli, ma con l’effetto che le curve da 16 diventano 18, la lunghezza del tracciato di gara cresce da 1.495 metri a 1.512 metri, la lunghezza totale della pista da 1.982 metri a 2.001 metri. I terrapieni per le nuove curve sono comunque impressionanti, anche se si assicura che verranno coperti d’erba.

LA SCELTA – A quasi parità di resa dal punto di vista sportivo, la seconda soluzione “a otto” è stata preferita, non solo perché più attrattiva. “Dopo la curva Cristallo viene proposta una soluzione che disegna un diverso tratto finale della pista rispetto al tracciato storico, compiendo un giro completo sul versante alle spalle della palestra di roccia e incrociando per due volte il tracciato dopo la curva Cristallo e la curva Antelao. Questa soluzione comporta un effetto molto meno significativo rispetto all’opzione 1”. La simulazione è comunque impressionante. Nel primo caso la sopraelevata oscura lo sfondo delle vette della conca ampezzana, nel secondo caso l’impatto è meno evidente, anche se il serpente di ghiaccio e cemento è pur sempre imponente. La seconda soluzione, che sarà preferita, comporta però un eccesso di 11.160 metri cubi di terra, 2.322 metri cubi in più degli 8.838 metri cubi della prima soluzione (che utilizza la sopraelevazione in cemento). Annotazione finale dei progettisti: “La soluzione con il viadotto non è percorribile dal punto di vista delle esigenze di tutela paesaggistica”. Sarà anche così, ma gli ambientalisti avranno di che sbizzarrirsi, solo a guardare le planimetrie.

EDIFICI – Sono sei gli edifici da realizzare per un totale di 18 mila metri cubi e quasi 5.000 metri quadrati. La partenza uomini richiede una superficie di 1.895 metri quadrati e 10.730 metri cubi, quella femminile 385 metri quadrati e 1.660 metri cubi, per gli junior è di 110 metri quadrati e 280 metri cubi. Altri 1.035 metri quadrati se ne vanno per l’arrivo, con una costruzione di 3.650 metri cubi (una parte su due piani fuori terra). C’è poi la cabina S, storico cimelio della “Monti” sulla curva Antelao da ristrutturare. Infine gli impianti di refrigerazione richiederanno altri 1.300 metri quadrati di superficie e 880 metri cubi fuori terra.

IMPIANTO AD AMMONIACA – Sembrava che l’ammoniaca sarebbe stata messa da parte, invece sarà usata per un sistema di refrigerazione “di grande scala”. Con un sistema indiretto (refrigerante solo in sala macchine) servono al massimo 4 tonnellate e mezzo, con il sistema diretto servono 30 tonnellate di ammoniaca. Un punto sicuramente critico è l’utilizzo dell’acqua del torrente Boite per raffreddare l’impianto, che secondo alcune ipotesi potrebbe essere combinato con quello del Palaghiaccio.

UN BALZO A 85 MILIONI DI EURO – Un punto già dolente sono i costi. Quando in autunno la società di ingegneria DBA PRO eseguì per conto della Regione il Documento di fattibilità delle alternative progettuali indicò un costo di 60 milioni 750 mila euro, cifra che contribuì a preferire il rifacimento della pista Monti, rispetto al trasferimento delle gare a Innsbruck (come avrebbe voluto il Cio e come aveva dichiarato il presidente Thomas Bach). Quei 61 milioni di euro, che hanno già attirato il finanziamento totale del governo, sono ormai superati, con una crescita del 40 per cento. Il nuovo quadro di spesa indica 65,9 milioni di euro per i lavori: 35,2 milioni per la ricostruzione della pista, 6,4 per gli edifici, 8,7 per la refrigerazione, 6,4 per gli impianti elettrici, 4,1 per strade, tunnel e ponte, 2,8 per idraulica, 1,9 milioni per oneri di sicurezza. La stazione appaltante ha altri 17,1 milioni di euro a disposizione per voci varie, tra cui imprevisti (2 milioni), progettazione-direzione lavori (6 milioni) e Iva (7,6 milioni). Il totale? Una bazzecola da 85 milioni di euro, salvo ulteriori rincari.

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Olimpiadi 2026, la pista da bob a Cortina e i tanti vincoli sull’area. Ma l’opera non sarà sottoposta a Valutazione di impatto ambientale

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