Le prossime elezioni per il Csm si terrano il 18 e 19 settembre. Metteranno fine a una legislatura che ha praticamente terremotato Palazzo dei Marescialli, colpito dall’inchiesta su Luca Palamara e poi dai veleni relativi all’indagine sulle dichiarazioni di Piero Amara e la presunta loggia Ungheria. Il voto di settembre sarà il primo con la nuova legge elettorale, quella introdotta dalla riforma di Marta Cartabia. A deciderlo è stato Sergio Mattarella, nella sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Il capo dello Stato, si legge in una nota del Quirinale, “ha oggi indetto per i giorni 18 e 19 settembre 2022 la elezione dei suoi venti componenti magistrati”. Mattarella ha anche invitato il presidente della Camera, Roberto Fico, d’intesa con la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, “convocare convocazione del Parlamento in seduta comune per la elezione dei dieci componenti di designazione parlamentare dello stesso Consiglio Superiore, informando di ciò il Presidente del Senato della Repubblica, il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura in carica e il Ministro della Giustizia”.

Tra le varie novità, infatti, la riforma Cartabia aumenta il numero di membri laici – cioè quelli nominati dalla politica – fino a dieci. E’ solo uno dei motivi per cui la riforma è stata aspramente criticata dal mondo della magistratura. In origine lo stesso Mattarella aveva chiesto una nuova legge che riformasse il Csm dopo i veleni sullo strapotere delle correnti. Per combattere la deriva correntizia si puntava dunque tutto sulla modifica del sistema elettorale dei membri togati, cioè quelli scelti dalla magistratura al proprio interno. Finora esisteva uno strano collegio unico maggioritario in cui passavano tutti i primi classificati a livello nazionale, che rendeva difficile l’elezione di candidati non sponsorizzati dalle correnti.

Ma invece di svoltare verso un sistema proporzionale – chiesto a gran voce dall’Associazione nazionale magistrati – la riforma ha messo una toppa peggiore del buco: d’ora in poi sette collegi binominali maggioritari, in cui cioè vincono i primi due classificati, eleggeranno 15 dei 20 togati (col ripescaggio di un miglior terzo). In questo modo, denunciano i magistrati, si crea una sorta di “bipolarismo giudiziario” tra le due o tre correnti più forti (i progressisti di Area e, a seconda dei casi, i conservatori di Magistratura indipendente o i centristi di Unicost) per cui sarà facile sapere in anticipo chi vincerà in ogni collegio. La guardasigilli Cartabia ha scelto di abbandonare anche la soluzione del suo predecessore Alfonso Bonafede che prevedeva piccoli collegi uninominali per incoraggiare l’elezione di candidati conosciuti sui territori. E soprattutto ha rifiutato di aprire a meccanismi di sorteggio dei candidati, chiesti da vari partiti della sua maggioranza e anche da una buona parte della magistratura. Sarà con questa norma che la magistratura tornerà a eleggere i membri dell’organo di autogoverno, alla fine di una legislatura profondamente segnata dalle polemiche e dai veleni.

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