di Francesco Petrelli*

I leader di governo, che si riuniranno da questa domenica a Monaco di Baviera per il G7, sono chiamati a individuare e mettere subito in pratica soluzioni straordinarie per arginare la fame che dilaga in aree sempre vaste del pianeta. Lo scenario che si prospetta nei prossimi mesi è infatti drammatico.

Molti Paesi in via di sviluppo, che stavano dando i primi segnali di ripresa, vedono vanificato ogni loro tentativo di uscita dai tremendi effetti sanitari, sociali ed economici prodotti dalla pandemia. Diversi si trovano infatti attualmente sull’orlo della bancarotta a causa del rapido aumento dei prezzi di cibo e energia. In altre parole non hanno mezzi per resistere e reagire. Centinaia di milioni di persone non hanno di che sfamarsi, milioni sono sul baratro della carestia.

In Africa orientale, una persona rischia di morire di fame ogni 48 secondi, in Africa occidentale la popolazione affronta la peggiore crisi degli ultimi dieci anni, con 27 milioni di persone in condizione di grave insicurezza alimentare. Ma anche nel resto dell’Africa, in Medio Oriente e in America Latina la situazione è davvero grave e coinvolge oramai anche i Paesi a medio reddito. Il paradosso è che alcune grandi multinazionali del settore energetico e alimentare traggono profitto dalle crisi che riducono altri alla mera sopravvivenza o li spingono sotto la soglia della povertà estrema, facendo guadagni al ritmo di migliaia di dollari al secondo. Proprio nel settore alimentare in questi due anni abbiamo ben 62 nuovi miliardari.

Cosa fare dunque per riuscire a scongiurare la catastrofe? Come Oxfam riteniamo che siano essenzialmente due le misure da intraprendere subito. Cancellare immediatamente i pagamenti del debito a carico dei Paesi a basso e medio reddito nel 2022 e 2023. L’aumento dei tassi di interesse nelle nazioni industrializzate sta infatti alimentando la crisi globale del debito e molti paesi non riescono più a farvi fronte. Nel 2022, ad esempio, il costo del servizio del debito per i Paesi più poveri è stimato in 43 miliardi di dollari, mentre nel 2021 il debito estero per i Paesi a basso reddito già rappresentava il 171% della spesa complessiva per la sanità, l’istruzione e misure di protezione sociale.

In parallelo, introdurre una tassa del 90% sui profitti in eccesso realizzati dalle multinazionali durante la pandemia nei Paesi G7 potrebbe costituire una risposta efficace all’emergenza e incidere in forma strutturale sul problema. La somma che si ricaverebbe, 430 miliardi di dollari, sarebbe più che sufficiente a eliminare la fame in dieci anni, a coprire tutti gli appelli lanciati delle Nazioni Unite per fronteggiare le crisi umanitarie del pianeta e infine a erogare un bonus una tantum di tremila dollari a favore del 10% più povero dei cittadini negli stessi Stati del G7, aiutando così le famiglie ad affrontare l’aumento del costo della vita. Probabilmente al vertice di Monaco sarà lanciata la “Global Alliance for Food Security”, una nuova iniziativa che per quanto promettente sulla carta prende spunto da precedenti tentativi che non hanno funzionato. Nel 2015, anno di lancio dell’Agenda per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ci fu un’iniziativa, volta a portare fuori dall’incubo della fame mezzo miliardo di persone entro il 2030, che è rimasta a tutt’oggi senza finanziamenti.

Vedremo e monitoreremo dunque se i sette grandi saranno in grado questa volta di passare dalle parole ai fatti. Il G7 non può sottrarsi all’impegno di salvare milioni di persone dalla fame.

*policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia

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