di Giuseppe Paris

Se si ha ancora la forza e il coraggio di leggere la nostra Costituzione, si prova un unico sentimento: rabbia. Rabbia che scaturisce dalla constatazione di come gran parte della nostra Carta Costituzionale sia oggi lettera morta. Leggendo i vari articoli i principi enunciati di Sovranità Popolare, Dignità Sociale, Pari Opportunità, Rispetto delle Diversità sembrano essere semplici “consigli” per una classe politica le cui scelte sono ispirate ai principi del liberismo economico e non già al rispetto della nostra Carta Costituzionale.

Il disconoscimento di questi principi costituzionali si può far coincidere con l’inizio della Seconda Repubblica, con il primo governo Berlusconi; da lì in avanti, complice anche il Pd, si è assistito ad un costante e incessante attacco ai valori e ai principi Costituzionali.

Il risultato è che oggi ci troviamo a vivere in un paese governato da una classe politica che opera delle scelte che vanno in una direzione opposta a quanto sancito dalla nostra Carta Costituzionale. Questo riguarda sia scelte di politica interna: privatizzazioni selvagge, assenza di tutele del lavoro sia a livello salariale, si veda la posizione del governo Draghi sul salario minimo in linea con i diktat di Confindustria in barba alle indicazioni Europee, sia a livello di sicurezza: siamo tra i paesi Ocse quello con il più alto numero di morti sul lavoro, a livelli dei peggiori paesi del terzo mondo.

Lo stesso dicasi per le tematiche di politica internazionale con un comportamento da parte del governo Draghi, nei confronti dei conflitti armati, in totale disprezzo dei principi sanciti dalla Costituzione e in totale disprezzo delle prerogative parlamentari.

Il disconoscimento di parte della nostra Carta Costituzionale da parte della classe politica iniziato con l’avvento della Seconda Repubblica sta trovando la sua massima espressione con il governo Draghi, che rappresenta gli interessi di pochi (stakeholder, in italiano portatori di interessi) contro l’interesse del popolo italiano.

Questo sfascio democratico è ben rappresentato dal fenomeno del non voto, che in una democrazia che si definisca tale, rappresenta il fallimento della politica, che non viene più percepita come rappresentanza di istanze democratiche che partono dal basso, ma come espressione delle élite e dei privilegi.

Sarebbe compito delle forze riformiste di centrosinistra, i cui predecessori hanno elaborato la nostra Costituzione con saggezze e equilibrio, pretenderne il rispetto. Purtroppo il Pd ha da tempo abdicato al ruolo del partito del lavoro, del rispetto dei diritti, di difesa delle fasce più deboli. Il M5S che aveva suscitato speranze e contributo al riavvicinamento di tanti cittadini alla politica ha tradito in modo miserabile queste aspettative. Quindi non ci resta che aggrapparci alla Costituzione, pretenderne il rispetto come fonte giuridica ispiratrice del potere esecutivo.

Sul come fare la Costituzione pone come organo di riferimento per la sovranità popolare il Parlamento, che deve avere la prima e l’ultima parola sulle questioni di rilevanza nazionale e internazionale: esattamente l’opposto di quanto sta facendo il governo Draghi che per quanto attiene le vicende sociali ed economiche interne si ispira ai criteri fondanti del suo credo liberista e per quanto riguarda le decisioni inerenti la politica estera al suo credo atlantista, in perfetto diniego delle prerogative Costituzionali, senza peraltro aver ricevuto nessuna investitura derivante dalla sovranità popolare.

Urge quindi un immediato ritorno entro la via segnata dalle regole costituzionali, sia in politica interna che in politica estera. Il primo passaggio di questa nuova fase sono le dimissioni del governo Draghi.

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