L’allarme lanciato negli scorsi giorni e ignorato da quasi tutti i media è realtà: al Nord inizia a mancare l’acqua. In decine di Comuni di Piemonte e Lombardia “sono già in azione le autobotti per l’approvvigionamento” perché “i serbatoi locali afferiscono a sorgenti che non ci sono più”. Mesi di siccità, con alcuni territori in cui “non piove da 110 giorni”, iniziano a ripercuotersi sulla quotidianità, non solo di agricoltori e allevatori ma anche dei cittadini. E l’Autorità distrettuale del fiume Po sottolinea che la situazione “è in peggioramento”, dice il segretario generale Meuccio Berselli. “Il Po – rimarca – non aveva una portata così bassa da 70 anni, ma la verità è che la vedremo ancora più bassa”. Come Ilfattoquotidiano.it aveva riportato nel silenzio generale, già la scorsa settimana l’Osservatorio sulla siccità del più grande corso d’acqua italiano aveva avvisato sul rischio di razionamento, con Utilitalia, in rappresentanza delle multiutility del servizio idrico integrato, che aveva fatto presente di aver chiesto ai sindaci di un centinaio di paesi piemontesi e di 25 lombardi di sospendere nelle ore notturne l’acqua potabile, per rimpinguare i livelli dei serbatoi. In molti casi – dice ora Berselli – le ordinanze sono già state firmate: “Il razionamento dell’acqua per uso idropotabile c’è già”.

A preoccupare l’Autorità distrettuale del Po è anche il Ferrarese e, in parte, anche la Romagna: “Nel Ferrarese, un bacino di circa 250mila persone, abbiamo chiesto di prelevare meno acqua possibile”, annuncia Berselli. Mentre circa 300mila sono le persone che fanno capo ai potabilizzatori della Romagna e “al momento” sono “più fortunate” perché “l’acqua arriva dalla diga di Ridracoli che ha immagazzinato buone scorte in autunno”. I riflessi sentono anche in agricoltura, settore in cui è stato chiesto di “prelevare meno di quanto hanno bisogno” per “consentire un deflusso minimo vitale di acqua”, nonostante questo sia il periodo in cui ci sarebbe maggiore bisogno di acqua per portare a maturazione le colture. Un razionamento anche in questo caso, insomma. Per Berselli, quella dell’estate 2022, è una “tempesta perfetta”. Un anno così, specifica, “non si era mai visto”: “La neve sulle Alpi completamente sparita, ghiacciai in esaurimento, temperature più alte della media, scarse piogge, ventilazione calda che secca i suoli…”.

E il resto dell’arco alpino, ‘fonte’ per tutti i corsi d’acqua del Nord Italia, non è messo meglio: sui ghiacciai del Trentino è stata misurata una quantità di neve compresa tra il 50% e il 60% del valore medio della serie storica e, a fine maggio, diverse fronti glaciali si presentavano già prive di copertura nevosa, con circa un mese di anticipo rispetto a quanto registrato negli ultimi venti anni. I dati sono emersi grazie alle misure eseguite in collaborazione tra l’Ufficio previsioni e pianificazione della Provincia autonoma di Trento, la Commissione glaciologica della Sat, il Muse e l’Università di Padova: si nota già a fine maggio la scopertura di alcune fronti glaciali, come ad esempio quella del ghiacciaio della Marmolada e del Mandrone. Oltre alle precipitazioni particolarmente scarse a dicembre, gennaio e febbraio (quello 2022 è tra i dieci inverni con maggiore siccità dal 1921, con un terzo a metà delle precipitazioni normali), le temperature sono state molto elevate con il trimestre che ricade tra i cinque più caldi dal 1921. Sui ghiacciai quindi si è accumulata poca neve e le precipitazioni di aprile non sono state sufficienti “per recuperare il forte deficit invernale e maggio, normalmente periodo di consistenti accumuli sui ghiacciai, ha visto un precoce inizio della stagione di fusione già nella seconda decade”, si legge nel report.

La lenta agonia riguarda anche l’Alto Adige: sul ghiacciaio di Malavalle in Val Ridanna, sul ghiacciaio della Vedretta Lunga in Val Martello e sulle Vedrette di Ries occidentali in Valle Aurina “la neve è alta in media circa 2 metri rispetto agli oltre tre della fine di una normale stagione invernale”, ha detto il direttore dell’Ufficio idrografico di Bolzano, Roberto Dinale. Anche in Valle d’Aosta, dove la giunta regionale ha approvato monitoraggi con radar e droni, la “marcata anomalia” riscontrata attraverso rilevamenti su due ghiacciai pone “i presupposti per gravose perdite di massa glaciale nell’estate 2022″. Sul ghiacciaio del Grand Etrét, i guardaparco del Corpo di sorveglianza specializzato nel monitoraggio dei ghiacciai sono stati costretti a “un lungo avvicinamento a piedi con l’attrezzatura da sci-alpinismo sulle spalle, senza precedenti dall’anno 2000, e hanno potuto calzare gli sci con continuità solo oltre i 2.500 metri di quota”. E l’accumulo di neve medio sul Gran Paradiso è risultato di 127 centimetri, valore più basso in assoluto della serie storica e inferiore di circa il 62% rispetto ai 3,31 metri che rappresentano la media del periodo 2000-2021.

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