“Vale la pena di aiutare i giovani sposi a saper trovare il tempo per approfondire la loro amicizia e per accogliere la grazia di Dio. Certamente la castità prematrimoniale favorisce questo percorso perché dà tempo ai nuovi sposi di stare insieme, di conoscersi meglio, senza pensare immediatamente alla procreazione ed alla crescita dei figli”. È quanto afferma un documento del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita intitolato Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Un testo che ha la prefazione di Papa Francesco e che viene pubblicato alla vigilia del X Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Roma dal 22 al 26 giugno 2022. “Suscita sempre un grande interesse fra i giovani – si legge nel documento vaticano – l’ascolto diretto di coniugi che raccontano la loro storia di coppia dando ragione del loro ‘sì’, o la testimonianza di fidanzati, anche quelli che non hanno ancora deciso di sposarsi, che cercano di vivere cristianamente il fidanzamento come importante tempo di discernimento e di verifica, inclusi coloro che hanno compiuto la scelta della castità prima del matrimonio, e che raccontano ai giovanissimi le motivazioni della loro scelta e i frutti spirituali che ne derivano”.

La Santa Sede ribadisce che “non deve mai mancare il coraggio alla Chiesa di proporre la preziosa virtù della castità, per quanto ciò sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune. La castità va presentata come autentica ‘alleata dell’amore’, non come sua negazione. Essa, infatti, è la via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri. La castità insegna ai nubendi i tempi e i modi dell’amore vero, delicato e generoso, e prepara all’autentico dono di sé da vivere poi per tutta la vita nel matrimonio. È importante perciò mostrare che la virtù della castità non ha solo una dimensione negativa che chiede ad ognuno, secondo il proprio stato di vita, di astenersi da un uso disordinato della sessualità, ma possiede anche una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro, sotto il profilo fisico, morale e spirituale, che, nel caso della chiamata al matrimonio, è di fondamentale importanza per orientare e nutrire l’amore coniugale, preservandolo da qualsiasi manipolazione. La castità, in ultima analisi, insegna, in ogni stato di vita, ad essere fedeli alla verità del proprio amore. Ciò significherà, per i fidanzati, vivere la castità nella continenza e, una volta sposi, vivere l’intimità coniugale con rettitudine morale”.

Nel documento si legge, inoltre, che “la castità vissuta nella continenza consente alla relazione di maturare gradualmente e in modo approfondito. Quando, infatti, come spesso accade, la dimensione sessuale-genitale diventa l’elemento principale, se non l’unico, che tiene unita una coppia, tutti gli altri aspetti, inevitabilmente, passano in secondo piano o vengono oscurati e la relazione non progredisce. La castità vissuta nella continenza, al contrario, facilita la conoscenza reciproca fra i fidanzati, perché evitando che la relazione si fissi sulla strumentalizzazione fisica dell’altro, consente un più approfondito dialogo, una più libera manifestazione del cuore e l’emergere di tutti gli aspetti della propria personalità, umani e spirituali, intellettuali ed emotivi, in modo da consentire una vera crescita nella relazione, nella comunione personale, nella scoperta della ricchezza e dei limiti dell’altro: e in ciò consiste il vero scopo del tempo del fidanzamento”.

Per il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita “anche nel caso in cui ci si trovasse a parlare a coppie conviventi, non è mai inutile parlare della virtù della castità. Tale virtù insegna ad ogni battezzato, in ogni condizione di vita, il retto uso della propria sessualità, e per questo, anche nella vita da sposati, è di somma utilità. Da coniugi, infatti, emerge, in modo ancora più evidente, l’importanza di quei valori e di quelle attenzioni che la virtù della castità insegna: il rispetto dell’altro, la premura di non sottometterlo mai ai propri desideri, la pazienza e la delicatezza con il coniuge nei momenti di difficoltà, fisica e spirituale, la fortezza e l’auto-dominio necessari nei tempi di assenza o di malattia di uno dei coniugi, etc. Anche in tale contesto, l’esperienza degli sposi cristiani sarà importante per spiegare l’importanza di questa virtù all’interno del matrimonio e della famiglia”.

Il Vaticano sottolinea anche che “i percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità, nell’orizzonte di una positiva e prudente educazione sessuale, che vengono proposti ai ragazzi man mano che cresce la loro età non dovranno limitarsi al solo orizzonte dell’amore tout court, poiché questo, nell’interpretazione culturale dominante, viene compreso principalmente come amore romantico, ma andranno inseriti in una chiara visione coniugale dell’amore, inteso come reciproco donarsi degli sposi, come un saper amare e un saper lasciarsi amare, come uno scambio reciproco di affetto e di accoglienza incondizionata, come un saper gioire e un saper soffrire per l’altro”. E ancora: “Nonostante tutto il sostegno che la Chiesa può offrire alle coppie in crisi, ci sono, tuttavia, situazioni in cui la separazione è inevitabile. A volte può diventare persino moralmente necessaria, quando appunto si tratta di sottrarre il coniuge più debole, o i figli piccoli, alle ferite più gravi causate dalla prepotenza e dalla violenza, dall’avvilimento e dallo sfruttamento, dall’estraneità e dall’indifferenza. Comunque deve essere considerata come estremo rimedio, dopo che ogni altro ragionevole tentativo si sia dimostrato vano”.

Nella sua prefazione al documento, Bergoglio spiega le motivazioni che hanno portato alla stesura di questo itinerario: “Emergeva qui senza mezzi termini la seria preoccupazione per il fatto che, con una preparazione troppo superficiale, le coppie vanno incontro al rischio reale di celebrare un matrimonio nullo o con basi così deboli da ‘sfaldarsi’ in poco tempo e non saper resistere nemmeno alle prime inevitabili crisi. Questi fallimenti portano con sé grandi sofferenze e lasciano ferite profonde nelle persone. Esse restano disilluse, amareggiate e, nei casi più dolorosi, finiscono persino per non credere più nella vocazione all’amore, inscritta da Dio stesso nel cuore dell’essere umano. C’è dunque anzitutto un dovere di accompagnare con senso di responsabilità quanti manifestano l’intenzione di unirsi in matrimonio, affinché siano preservati dai traumi delle separazioni e non perdano mai fiducia nell’amore”.

“Ma – aggiunge il Papa – c’è anche un sentimento di giustizia che dovrebbe animarci. La Chiesa è madre, e una madre non fa preferenze fra i figli. Non li tratta con disparità, dedica a tutti le stesse cure, le stesse attenzioni, lo stesso tempo. Dedicare tempo è segno di amore: se non dedichiamo tempo a una persona è segno che non le vogliamo bene. Questo mi viene in mente tante volte quando penso che la Chiesa dedica molto tempo, alcuni anni, alla preparazione dei candidati al sacerdozio o alla vita religiosa, ma dedica poco tempo, solo alcune settimane, a coloro che si preparano al matrimonio. Come i sacerdoti e i consacrati, anche i coniugi sono figli della madre Chiesa, e una così grande differenza di trattamento non è giusta. Le coppie di sposi costituiscono la grande maggioranza dei fedeli, e spesso sono colonne portanti nelle parrocchie, nei gruppi di volontariato, nelle associazioni, nei movimenti. Sono veri e propri custodi della vita, non solo perché generano i figli, li educano e li accompagnano nella crescita, ma anche perché si prendono cura degli anziani in famiglia, si dedicano al servizio delle persone con disabilità e spesso a molte situazioni di povertà con cui vengono a contatto”. “Perciò, – conclude Francesco – per dare concretezza a questa urgente necessità, ho raccomandato di attuare un vero catecumenato dei futuri nubendi, che includa tutte le tappe del cammino sacramentale: i tempi della preparazione al matrimonio, della sua celebrazione e degli anni immediatamente successivi”.

Twitter: @FrancescoGrana

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