Desertificazione e degrado del suolo stanno avanzando in tutto il pianeta Europa compresa. In Italia, i segni di degrado sono evidenti in circa il 28% del territorio, soprattutto nelle regioni meridionali. Qui, le attuali condizioni meteoclimatiche contribuiscono all’aumento di vulnerabilità e alla desertificazione, con la conseguente perdita di qualità degli habitat e della densità delle coperture artificiali, unita ad una possibile erosione del suolo e frammentazione del territorio. Si registrano significativi peggioramenti anche nelle aree del nord come Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna.

Ad evidenziare la gravità è stato l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in vista della Giornata Mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità indetta dalle Nazioni Unite che si svolgerà il 17 giugno. Durante un webinar sono state illustrate le azioni per il raggiungimento degli obiettivi di “Land degradation neutrality” e i principali risultati della Cop15, tenutasi ad Abidjan (Costa d’Avorio) dal 9 al 20 maggio 2022. Durante la Cop 15 è stata ribadita l’urgenza e la crucialità di garantire azioni coordinate per fermare e recuperare il degrado del territorio.

Secondo le stime del Global Land Outlook, il 70% delle terre emerse è stato alterato dall’uomo, con conseguenze su circa 3,2 miliardi di persone e si prevede che entro il 2050 questa quota possa raggiungere il 90%. Attualmente nel mondo sono circa mezzo miliardo le persone che vivono in aree deteriorate dove il degrado ha raggiunto il suo massimo livello, vale a dire la perdita totale di produttività.

L’Africa, in particolare la zona a sud del Sahara, è la più colpita dal fenomeno della desertificazione: Il 73% delle terre aride coltivabili sono già degradate. Anche Asia, Medio Oriente e Sudamerica e i paesi maggiormente sviluppati, come gli Stati Uniti e l’Australia, presentano un alto rischio di degrado del suolo. In Europa, i Paesi più coinvolti e affetti da fenomeni di desertificazione e di siccità sono quelli del bacino del Mediterraneo. All’Italia si aggiungono la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Croazia, Cipro e Malta. Anche se non sono immuni da analoghi fenomeni l’Ungheria, la Slovenia e la Romania.

In evidenza: immagine d’archivio

Articolo Precedente

Vivere a risparmio energetico? Anche la tv può dare l’esempio

next
Articolo Successivo

Tassonomia Ue, il Parlamento europeo dice no all’inserimento di gas e nucleare tra le energie “verdi”. Ora è decisiva la plenaria di luglio

next