Poche illusioni, considerati i numeri in Parlamento, la maggioranza incapace di legiferare sui diritti, la legislatura ormai quasi alla fine. Ma dal Roma Pride l’appello rivolto dalla comunità Lgbtqi+ e non solo al Parlamento è quello di insistere. “Questa è la nostra risposta a quella politica che ha affossato tra gli applausi la legge Zan contro l’omolesbobitransfobia”, c’è chi rivendica, di fronte alle migliaia di persone scese tra le strade del centro della Capitale, per il corteo del Pride. “Bisogna fare pressione fino all’ultimo giorno di legislatura per riuscire a colmare il divario rispetto al resto d’Europa sulla lotta ai crimini d’odio anche in Italia”, spiega Rosario Coco, presidente di Gaynet.

“Certo, sappiamo come questa maggioranza si regga su accordi deboli e conosciamo i numeri in Aula. Ma il movimento Lgbtqi+ sta rilanciando la sua agenda: dal matrimonio egualitario alle leggi sulla filiazione, passando per la condanna delle terapie riparative, accesso per tutte e tutti alla procreazione medicalmente assistita, adozioni per tutte le coppie, riconoscimento dei figli alla nascita”, spiega, invitando poi l’arco progressista a inserire questi punti nei programmi elettorali per le prossime Politiche. “Il rischio che nei prossimi mesi si faccia soltanto campagna elettorale è reale”, c’è chi ammette. Ma dal Pride l’appello è unanime: “Basta promesse, adesso servono fatti. Non è possibile che si faccia propaganda sulle nostre vite”. E ancora: “Non siamo cittadini di serie B, servono diritti uguali per tutte e tutti”.

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