Il Paris Saint Germain è campione d’Europa. Ciò che il club di proprietà qatariota non riesce a ottenere sul campo, a dispetto dei munifici investimenti, è arrivato sotto il profilo economico. È quanto emerge dai recenti dati pubblicati dalla Uefa sulla ripartizione degli introiti di Champions League. Nessuno nel triennio 2018-2021 ha incassato tanto quanto i parigini, che hanno raccolto 322 milioni e 538mila euro, distanziando di 15 milioni il Manchester City secondo in classifica e di 20 il Barcellona terzo. Facile notare come nessuna delle tre squadre abbia sollevato il trofeo nelle edizioni considerate, mentre una delle tre vincitrici (il Chelsea) è addirittura al decimo posto con poco più di 198 milioni di euro, alle spalle di Bayern Monaco (301), Liverpool (278), Real Madrid (275), Juventus (262), Atletico Madrid (252) e Borussia Dortmund (210). Dati emblematici sull’unicità di orientamento delle riforme Uefa, sempre orientate verso format e ripartizioni elitarie che non solo cristallizzano i rapporti di forza già presenti, ma spingono verso un costante incremento del gap tra i top club e il resto.

Presentato con un anno di ritardo per ragioni non specificate, il report sui premi Uefa riguarda l’edizione 2020-21 di Champions vinta dal Chelsea in finale sul Manchester City, ma permette di tirare le somme sul ciclo triennale appena concluso. Osservando la sola stagione 20/21 è facile notare diverse discrepanze. Se Chelsea a City sono logicamente i maggiori beneficiari dei trasferimenti Uefa, con i Blues che si avvicinano ai 120 milioni (119.779.000 la cifra esatta) e il team di Guardiola poco distante (119.081.000), scorrendo la graduatoria ci si imbatte nel Barcellona e nella Juventus che, a dispetto dell’eliminazione negli ottavi, occupano rispettivamente la settima e l’ottava posizione. Più in alto di club quali Borussia Dortmund e Porto, che invece nell’edizione in oggetto sono entrate tra le migliori otto sul campo, arrivando ai quarti. I tedeschi hanno incassato 6 milioni in meno del Barcellona e 4 della Juventus, mentre i portoghesi sono addirittura fuori dalle prime dieci, con 75 milioni ricevuti contro i quasi 85 dei catalani e gli 83 dei bianconeri.

Un simile risultato ha origine dalla scelta della Uefa di premiare in percentuale maggiore rispetto al passato lo status e la bacheca delle società. Per il periodo 2018-2021 i criteri di ripartizione prevedevano che le prestazioni sul campo avrebbero inciso sulla ripartizione degli introiti solo per il 30%, mentre un’identica percentuale era riservata al coefficiente derivante dalla posizione del club nel ranking Uefa calcolato sulle prestazioni degli ultimi dieci anni, unito ai trofei vinti in passato (prossimo o remoto poco importa). Tornando ai dati aggregati per il triennio 2018-21, ecco quindi il Paris Saint Germain che, nonostante una finale, una semifinale e un ottavo, è arrivato a mettere in cassa 44 milioni in più del Liverpool campione d’Europa 2020, ed eliminato agli ottavi e ai quarti nelle altre due stagioni. Oppure la Juventus, fuori una volta ai quarti e due agli ottavi, che sopravanza di quasi 100 milioni l’Ajax, le cui prestazioni sono state simili a quelle dei bianconeri, con una eliminazione alle semifinali, una agli ottavi e una ai gironi.

Le citate distorsioni derivano principalmente dalla quota relativa al market pool, ovvero dalle entrate dei diritti tv dei singoli paesi. In questo campo il Psg è favorito poiché, portando la Francia solo tre squadre in Champions, la fetta da dividersi risulta maggiore. Nel caso dell’Ajax invece pesano i bassi introiti derivanti dal mercato olandese (la Uefa ha faticato a trovare emittenti interessate all’acquisizione del pacchetto), basti pensare che Tottenham Hotspur e Manchester United si avvicinano ai ricavi degli ajacidi (166 milioni contro i 165 degli Spurs e i 155 dei Red Devils) nonostante nel triennio in questione abbiano preso parte alla Champions solo due volte. Il risultato di questo sistema distributivo è che i club nella top 10 hanno incassato 2.7 miliardi di euro, pari al 47% dell’ammontare totale dei premi, con il 53% ripartito tra tutte le società rimanenti. Riassumendo in una frase la politica Uefa: criteri da Superlega per evitare la creazione della Superlega.

Tanti soldi per pochi e al resto le briciole, con non più una ma due coppe come contentino, ovvero l’Europa League e la Conference League. La subordinazione economica della EL alla Champions è assoluta (sulla neonata Conference non esistono ancora dati, ma sono facilmente prevedibili). Dai numeri sulla stagione 2020/21 emerge che, in media, un club di Premier League partecipante alla Champions ha incassato oltre 4 volte più di uno partecipante all’Europa League: 102 milioni contro 22. Le cifre non si discostano molto anche guardando gli altri campionati principali: per la Liga il rapporto è 81 milioni contro 21, per la Bundesliga 67-12, per la Serie A 60-19, per la Ligue 1 63-10. Una situazione che il triennio 2022-2024, rimasto immutato sotto il profilo della ripartizione delle risorse, è destinato a radicalizzare ulteriormente, con una competitività sempre più ristretta al circolo dei soliti noti club dell’élite, destinati a vincere anche quando perdono.

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