Nonostante la guerra in Ucraina, le crescenti difficoltà di approvvigionamento e l’aumento dei costi delle materie prime, la frenata della produzione industriale non si è materializzata. In aprile è aumentata dell’1,6% rispetto a marzo. L’Istat registra “il terzo mese consecutivo di crescita congiunturale dell’indice”, che cresce per i beni intermedi (+2%), quelli di consumo (+1,6%) e l’energia (+1,4%), mentre i beni strumentali risultano stabili. Rispetto all’anno precedente, l’indice aumenta del 4,2% (al netto degli effetti di calendario), trainato dai beni di consumo. La tenuta dell’industria non basta però per evitare consistenti revisioni al ribasso delle previsioni di crescita per quest’anno. Secondo la Banca d’Italia, nello “scenario di base” il pil salirà del 2,6% – contro il 3,8 che si stimava a gennaio – ma in uno scenario “avverso” in cui le forniture di gas venissero sospese a partire dal trimestre estivo l’Italia si ritroverebbe in stagnazione, con il pil fermo.

Nello scenario base, “un sostegno considerevole all’attività economica proviene dalla politica di bilancio e dagli interventi delineati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza“. Secondo Bankitalia “le misure di aiuto a imprese e famiglie per fronteggiare il rincaro dei beni energetici, quelle introdotte negli anni scorsi e gli interventi del Pnrr” possono “innalzare il livello del Pil complessivamente di oltre 3,5 punti percentuali nell’arco del triennio 2022-24, di cui circa due punti riconducibili alle misure delineate nel Pnrr“. Un’intensificazione delle ostilità in Ucraina e delle rappresaglie russe nei confronti della Ue cambierebbe tutto: se Mosca chiudesse le forniture energetiche “si ipotizzano ricadute dirette”, spiega via Nazionale nella Nota relativa con le nuove Proiezioni macroeconomiche, “in particolare per le attività manifatturiere a più elevata intensità energetica, ulteriori consistenti rialzi nei prezzi delle materie prime, un più deciso rallentamento del commercio estero, un più forte deterioramento dei climi di fiducia e un aumento dell’incertezza”. L’inflazione al consumo, stimata al 6,2% nello scenario di base, subirebbe un netto aumento avvicinandosi all’8% e rimarrebbe elevata anche nel 2023, al 5,5%. Si tratta in tutti i casi di stime che non incorporano i dati diffusi dall’Istat il 31 maggio, quando la crescita nel primo trimestre del 2022 è stata rivista al rialzo di tre decimi di punto percentuale allo 0,1%.

Per ora, come detto, la produzione tiene. “L’output si attesta significativamente al di sopra dei livelli di febbraio 2020 (+4,8%), a differenza di quanto sta accadendo negli altri principali Paesi dell’Eurozona (Spagna: +0,8%, Germania -7,3%, Francia -5,4%)”, commenta Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo. Rispetto a un anno prima, i settori più vivaci sono il tessile e abbigliamento (23,4%), probabilmente favorito dalla “normalizzazione” dei comportamenti di consumo dopo lo shock Covid, e il farmaceutico (19,8%), sostenuto dalla vivacità dell’export, specie verso gli Stati Uniti. Sul fronte opposto, alcuni settori sono rimasti in rosso sull’anno, tra cui i metalli (-2,3%), i prodotti chimici (-1,5%) e i mezzi di trasporto (-0,7%). “Nel complesso”, secondo Mameli “il dato di aprile è stato molto sorprendente; un ruolo potrebbe essere stato giocato dagli effetti del calendario vista la collocazione della Pasqua a inizio mese (e il mancato ponte festivo del 25 aprile)”. In ogni caso, “il manifatturiero italiano si sta dimostrando più resiliente del previsto allo shock bellico e inflazionistico”. Il settore manifatturiero italiano “sembra meno colpito dalle difficoltà di approvigionamento di materie prime e componentistica, rispetto a quanto accade negli altri grandi Paesi dell’Eurozona (probabilmente grazie a una minor quota della catena di produzione basata in Asia o in Europa dell’Est, e grazie al minor peso del settore automotive sul valore aggiunto totale dell’industria)”. la previsione comunque è che l’attività manifatturiera “possa indebolirsi nei prossimi mesi (la produzione industriale potrebbe correggere già a maggio). Tuttavia, l’impatto del nuovo shock sembra meno drammatico di quanto si temesse, almeno in questa fase. Inoltre, è in atto una tendenza alla ripresa nei servizi (e nel commercio al dettaglio) che, insieme alla fase ultra-espansiva nel settore delle costruzioni, potrebbe più che compensare la debolezza attesa per il settore manifatturiero”.

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