Soprattutto i ricchi paghino. Questa volta non lo dice un manifesto di Rifondazione Comunista (che in forma analoga suscitò grande polemica in una campagna elettorale di una quindicina d’anni fa) ma il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. In un’intervista al direttore della Stampa Massimo Giannini il capo di Bankitalia risponde come segue a una domanda sull’impennata del costo dell’energia, gas e petrolio: “Quando eravamo più giovani e saliva il prezzo del petrolio parlavamo della tassa dello sceicco, che andava assorbita. Oggi si può passare alle rinnovabili, fare investimenti per altre fonti energetiche, economizzare riducendo il raffreddamento o il riscaldamento delle case. Ma il punto cruciale è che una tassa va pagata, ciò che dobbiamo discutere è chi deve pagare la tassa: la può pagare sicuramente il più ricco per un periodo temporaneo”. L’alternativa? “La può pagare chi verrà dopo di noi in quel caso si fa crescere il debito pubblico“. E questa strada è ormai impraticabile: in sostanza basta scostamenti di bilancio. “Basta non lo dico io, lo dice qualcun altro perché i rischi – dice il governatore – sono troppo alti”. Visco ricorda che sulla tassazione dei redditi “ci sono stati dei progressi nello smussare irregolarità molto forti, però il famoso messaggio di Tremonti ‘dalle persone alle cose’non è avvenuto, prima o poi bisognerà fare i conti con questo. E’ inutile rinviare nel tempo. Sono tutte cose da fare in fretta. La stessa cosa vale per gli investimenti nella scuola, che si rinviano continuamente perché i ritorni sono oltre la scadenza elettorale. Mi spiace: ma se tu hai deciso di servire la collettività facendo il politico ti assumi la responsabilità di fare le riforme anche se vanno oltre il tuo mandato”.

Visco parla anche di altre soluzioni per il contrasto alla perdita del potere d’acquisto, per esempio del salario minimo che definisce “una buona cosa” anche se precisa “in certe condizioni”. “Ci sono molti studi – risponde il governatore di Bankitalia – da Alan Krueger negli Stati Uniti a chi ha vinto il premio Nobel dell’economia quest’anno (David Card, ndr) che dicono che il salario minimo in certe condizioni è favorevole all’occupazione. Io credo che se ben studiato è una buona cosa, ha vari effetti positivi. Il rischio sta nel livello, se è eccessivo può portare a non ocupare persone che hanno una produttività in grado di non arrivare a quella soglia. Ciò che è importante è non legare al salario minimo automatismi che poi ci possono costare. Un esempio: un salario minimo che ha piena indicizzazione ai prezzi al consumo, se diventa il modello di riferimento di tutte le contrattazioni, incorpora direttamente quel meccanismo della rincorsa tra prezzi e salari”. Visco promuove anche il reddito di cittadinanza, anche in questo caso con riserva che riguarda il problema – si potrebbe dire ormai annoso – del rafforzamento delle politiche attive del lavoro: “E’ ovvio – spiega rispondendo a Gianni – che in questa fase di transizione ci sono fasce sociali che sono deboli e non sono in grado di resistere al cambiamento: se non le curi, non solo fai un danno grave sul piano dell’equità, ma anche all’efficienza futura. Il punto è capire qual è la funzione del reddito di cittadinanza. La domanda è se il sussidio sia un incentivo a non lavorare? Su tre milioni di persone che ricevono il reddito di cittadinanza circa un quarto è immediatamente occupabile. Ma gli altri no, non sono subito occupabili. Ci vogliono le politiche attive del lavoro, la formazione. Che ci sia un contributo per aiutare questa transizione credo che sia assolutamente necessario”. Insomma, tra pandemia e guerra, è sbagliato che lo Stato intervenga per correggere le storture dell’economia dovute alle ripetute crisi? Per Visco no, anzi è giusto: “Il governo, sia questo che quello precedente, ha risposto come si doveva. La pandemia è stato un evento straordinario, gli interventi sono stati ragionevoli. Con la guerra c’è un altro spiazzamento, il costo dell’energia sale molto e colpisce le fasce più povere e le imprese più dipendenti dall’energia. Se è un fatto transitorio e mirato, l’intervento pubblico diretto può essere giusto”.

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