Più che un laboratorio politico, le elezioni di Verona sembrano essere un contenitore di contraddizioni, messaggi in bottiglia e matrimoni di convenienza. I candidati accreditati per la vittoria, in una corsa alquanto incerta, sono tre: il sindaco, l’ex sindaco e l’ex calciatore. Federico Sboarina, 51 anni, è stato eletto nel 2017 grazie alla Lega, anche se con una lista civica (Battiti), poi è stato corteggiato da Matteo Salvini, che ha però dovuto incassare il passaggio dell’avvocato in Fratelli d’Italia, in nome di antiche militanze. Nonostante lo schiaffo plateale, il Carroccio ha fatto buon viso al voltafaccia ed ora lo appoggia, con qualche malumore della base e senza entusiasmarsi troppo, interessato soprattutto ad avere più voti di lista di Giorgia Meloni, per marcare, in caso di successo, il fatto che senza la Lega non si governa. Il centrodestra però a Verona è spaccato, dei tre pezzi che lo compongono in sede nazionale ha perso la gamba di Forza Italia.

Flavio Tosi si può definire un politico di lungo corso, visto che ha 52 anni, è stato assessore veneto alla Sanità, segretario regionale della Lega e ha fatto il sindaco per dieci anni, fino al 2017. Incurante di essere stato cacciato dalla Lega nel 2015, in inverno ha fatto sapere a Salvini che era disponibile a fare il candidato, anche perché annusava contrasti dei padani con i Fratelli d’Italia. L’accordo non c’è stato, al massimo una manifestazione di blando interesse, poi si sono messi di traverso i leghisti che in Veneto contano, a partire da Luca Zaia. Così Tosi ha deciso di correre in proprio, trovando però alcuni significativi alleati. In primis i forzisti che lo hanno tenuto per mesi sulla corda, in attesa della benedizione di Silvio Berlusconi, che alla fine è arrivata, probabilmente per marcare il disappunto verso il duopolio Sboarina-Lega che ha gestito il quinquennio amministrativo senza tener conto degli altri alleati. Tosi ha portato con sé anche Italia Viva di Matteo Renzi, il quale non ha perso occasione per farsi vedere e comunicare che guarda agli uomini e non agli schieramenti, quando c’è da eleggere il sindaco migliore. In fondo Tosi ha sempre puntato al centro e se fu buttato fuori dalla Lega fu anche perché coltivava ambizioni in tal senso a livello nazionale.

Il terzo incomodo è l’ex calciatore (Verona Hellas, Roma, Nazionale) Damiano Tommasi, 48 anni, sposato, sei figli, candidato anomalo del centrosinistra. Per mantenere un profilo civico ha disertato la presentazione della lista del Pd, nonché i passaggi pubblici in riva all’Adige del segretario nazionale Enrico Letta e dell’ex premier Giuseppe Conte. Come dargli torto, visto che cinque anni fa il centrosinistra diviso, con una candidata dem, non arrivò neppure al ballottaggio? Comunque ha incontrato i due leader in privato. Gioca a nascondersi dai partiti, anche se è riuscito a compattare il centrosinistra e ad aggiungere i Cinquestelle. Un’altra contraddizione che è stata spiegata a Conte da alcuni militanti, delusi perché i due grillini sono confusi nella lista di Tommasi. Non che le contraddizioni siano finite qui, visto che Carlo Calenda e la sua Azione non sopportano i Cinquestelle (“Dovete sparire”) ed è entrato in rotta di collisione a distanza perfino con il ministro Federico D’Incà arrivato per elogiare Tommasi. Se qualcuno voleva indizi di future alleanze politiche nazionali nel centrosinistra, in realtà ha raccolto soprattutto scintille.

In questa partita che si gioca in una città a vocazione di centrodestra può accadere di tutto, vista la varietà dei sondaggi, secondo cui in testa ci sarebbe addirittura Tommasi con il 37 per cento. L’avvocato Sboarina difficilmente può vincere al primo turno, anche se sbandiera di essere già oltre il 40 per cento. Tosi vorrebbe replicare il colpaccio di un lustro fa, quando Patrizia Bisinella arrivò seconda. In un eventuale testa a testa finale se ne vedrebbero delle belle, perché l’ex sindaco conta ancora tantissimo e da anni lavora per un rientro in grande stile. Tommasi in apparenza non ha chance, eppure secondo alcuni sondaggisti se andasse al ballottaggio potrebbe perfino vincere.

Gli interessi di sistema nazionale sono tanti. Berlusconi vuol dimostrare di esistere ancora e non disdegna di lanciare segnali, stando assieme a Renzi. Meloni intende affermare che il suo partito è il primo del centrodestra, guardando al 2025 quando in Regione non sarà più candidabile Zaia, per eccesso di mandati. Per lei, se Sboarina perdesse, sarebbe un colpo durissimo, visto che a Verona può ottenere la prima poltrona di peso in Nord Italia. In una terra che si rifà soprattutto all’ex ministro Lorenzo Fontana, Matteo Salvini non può manifestare cedimenti e deve misurarsi con lo strapotere di Zaia. In attesa delle assemblee di partito promesse inutilmente da anni, l’opa sui palazzi veneziani si lancia anche vincendo le amministrative a Verona.

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