La sospensione della somministrazione di uno psicofarmaco ai detenuti. Secondo Sergio Gervasi, rappresentante Uilpa intervistato dall’Ansa, è questo il motivo che ha spinto un gruppo di reclusi del carcere di Cremona ad appiccare le fiamme, verso le 22 di venerdì, in diverse celle in segno di protesta. Ottanta di loro sono stati evacuati e spostati nei passeggi mentre i vigili del fuoco hanno spento i roghi dopo circa due ore. Le fiamme hanno coinvolto due sezioni detentive su due piani del fabbricato, il secondo e il terzo. Durante le operazioni, la Polizia e i Carabinieri hanno sorvegliato il perimetro del penitenziario. “Al momento non abbiamo notizie di feriti tra i detenuti”, ha detto Gervasi. Per accendere il fuoco, ha spiegato, sono stati utilizzati “materassi, lenzuola e olio“. Interrompere la distribuzione del farmaco “a tossicodipendenti e soggetti con disturbi psichiatrici“, ha aggiunto, ha scatenato la protesta incendiaria perché in carcere quella medicina “viene usata come merce di scambio“. La direttrice dell’istituto, Rossella Padula, ha detto che “tutto è stato gestito con fatica ma nel migliore dei modi”.

Per Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa Polizia penitenziaria, l’incidente mette in luce i problemi vissuti all’interno di molte Case circondariali. “Nelle carceri da troppo tempo si vive l’inferno – ha precisato – talvolta, come nel caso di Cremona, non solo metaforico. Cambiano i capi del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), tre in due anni, ma non muta la disfatta dello Stato, che resta inerme di fronte allo sfacelo più totale. Ripetutamente – ha aggiunto – abbiamo segnalato le gravissime criticità del carcere cremonese, che assomma alcune difficoltà particolari a quelle comuni alla quasi totalità degli istituti penitenziari del Paese”. Per De Fazio, l’episodio cremonese dimostra che “la grave emergenza penitenziaria è ancora in atto e che dalle rivolte e dai tredici morti del marzo 2020 la situazione non è affatto cambiata”. Il sindacalista si rivolge alle autorità: “Più che le parole, le declamazioni di principio e le passerelle, alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia e al presidente del Consiglio Mario Draghi chiediamo fatti concreti, quale l’emanazione di un decreto-legge che affronti l’emergenza e crei le precondizioni per una riforma complessiva che ripensi il sistema d’esecuzione penale, rifondi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e reingegnerizzi il Corpo di polizia penitenziaria”.

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