Se Reggio Calabria è una città complicata a volte incomprensibile dal punto di vista politico, Catanzaro è una città trasversale dove tutti stanno con tutti e, allo stesso tempo, con nessuno. A parte Pd, Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia non ci sono altri simboli di partito (se non camuffati) tra le 23 liste presentate alle elezioni di Catanzaro. Questo la dice lunga su qual è la vera sfida per le amministrative del 12 giugno nel capoluogo calabrese. Per certi versi, infatti, la scelta del nuovo sindaco sembra solo un dettaglio. O meglio chi vincerà le elezioni al massimo è la partita dentro la partita.

A sinistra la situazione sembra abbastanza chiara: il Pd, a dispetto del passato, riconosce le capacità di Nicola Fiorita, docente universitario e fondatore di Cambiavento, e appoggia la sua candidatura assieme ad altre tre liste civiche e al M5s. Quest’ultimo punta a entrare per la prima volta in Consiglio comunale ma per farlo deve superare un 3% che, a queste latitudini, sembra un sogno. Dall’altra parte il centrodestra che ha gestito il Comune negli ultimi cinque anni con Sergio Abramo (sindaco per 17 degli ultimi 25 anni e storico berlusconiano ora in Coraggio Italia) ma si ritrova spaccato e ridotto a correre con tre candidati a sindaco: Antonello Talerico (sostenuto da 5 liste centriste), Wanda Ferro di Fratelli d’Italia e Valerio Donato, sostenuto dal resto del centrodestra Nonostante il tentativo di spacciarsi per civico, è lui il candidato del centrodestra con più possibilità in questo momento a Catanzaro. Fino all’altro ieri storico tesserato Pd, Donato è un professore universitario che l’ex presidente della Regione Mario Oliverio e la sua giunta (del Pd) avevano nominato nel 2015 commissario liquidatore della Fondazione Calabria Etica.

Donato era uno dei papabili candidati del centrosinistra. Quando il segretario regionale del Pd Nicola Irto gli ha proposto di partecipare alle primarie contro Fiorita, però, Donato non ha accettato e all’indomani si è trovato nuovi compagni di viaggio. O meglio alleati: la Lega e quel che resta di Forza Italia, orfana da pochi mesi di Mimmo Tallini, l’ex presidente del Consiglio regionale e mattatore di voti che schiera appunto il presidente dell’Ordine degli avvocati Antonello Talerico. I bene informati sostengono che l’operazione Donato sia iniziata, in realtà, mesi prima, quando si era già capita la vera posta in gioco: in vista delle politiche dell’anno prossimo, il senatore Giuseppe Mangialavori, coordinatore regionale di Forza Italia, vuole portare in dote un buon risultato a Catanzaro nonostante la rottura consumatasi con Tallini.

Guarda a queste elezioni come un “trampolino” per le politiche anche l’attuale presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso, uomo forte di Salvini a Catanzaro e ispiratore della lista Prima l’Italia (la Lega non presenta il suo simbolo). A sostegno del candidato a sindaco ex Pd Donato, Mancuso piazza Gioacchino Di Maio, detto Jack, ieri militante di Forza Nuova e oggi leghista. La notizia esce sui giornali, scoppia la polemica e Donato – il professore universitario con un passato a sinistra – cerca di correre ai ripari. In una nota segnala il “problema etico e politico” e chiede a Di Maio “un passo indietro”. I suoi trascorsi, dice Donato, “sono in netta e irredimibile contrapposizione con la mia storia umana, professionale e politica e con quella di tutti gli altri candidati del Progetto Rinascita. Sui postulati cruciali della nostra Carta costituzionale, nessuno di noi ha intenzione di transigere”.

L’aspirante sindaco fa i conti senza l’oste, cioè il partito di Salvini. Giuseppe Macrì, coordinatore provinciale della Lega, gli risponde che Di Maio “gode dei diritti indispensabili per esercitare la rappresentanza elettorale”. “La sua presenza in lista – aggiunge Macrì – è stata possibile anche perché i suoi rapporti con Forza Nuova sono totalmente inesistenti, essendosi egli dimesso da ogni incarico ricoperto nel passato e avendo, formalmente, declinato qualsiasi impegno all’interno di quel movimento”.

Il pezzo forte, però, è il programma elettorale di Donato e delle dieci liste che lo sostengono. Sul sito del candidato si parla di una citta di Catanzaro che “vive una condizione di emarginazione politica e di impoverimento economico e culturale”. La causa di questi disastri? “La politica non ha messo a sistema i fattori produttivi in nessuno dei settori di competenza dell’amministrazione comunale”. Peccato, però, che quasi tutti gli amministratori comunali che critica nel suo programma li ha inseriti nelle sue liste, a partire da 5 assessori uscenti: con Catanzaro Azzurra (la lista di Forza Italia) sono candidati Alessandra Lobello, Concetta Carrozza e Agazio Praticò. Tra i nomi di Catanzaro Prima di tutto (la lista di Cambiamo di Giovanni Toti) c’è Lea Concolino mentre Rosario Lostumbo corre con Prima l’Italia, la lista che la Lega presenta in diversi Comuni del Sud. A loro si aggiungono diversi consiglieri comunali – uno su tutto il presidente del consiglio Marco Polimeni, forzista – che finora hanno fatto parte della maggioranza che, per dirla con le parole del loro candidato sindaco, “non ha messo a sistema i fattori produttivi in nessuno dei settori di competenza dell’amministrazione comunale”.

A proposito dei consiglieri uscenti ricandidati da Donato, per diversi di loro la Procura di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta Gettonopoli dove è imputato anche il presidente del Consiglio regionale Mancuso, ispiratore della lista di Forza Italia. Una decina di candidati, secondo i pm e i carabinieri, nella precedente consiliatura, ha incassato gettoni di presenza per aver partecipato a riunioni di commissione che, in realtà, non si sono tenute. Tra questi c’è Sergio Costanzo, candidato di Fare per Catanzaro, che è accusato anche per la sua presunta falsa assunzione: per gli inquirenti Costanzo (all’epoca consigliere comunale di opposizione) sarebbe stato formalmente assunto da un negozio di animali senza svolgere “alcuna prestazione effettiva per l’impresa” che, tuttavia, ha avuto dal Comune quasi 79mila euro “a titolo di rimborso” per il “dipendente” impegnato in politica. Il nome di Costanzo compare anche nelle carte dell’inchiesta Farmabusiness: in un’intercettazione un indagato ritenuto organico alla ‘ndrangheta rivela che il politico locale è stato sempre sostenuto dalla cosca dei Gaglianesi il cui storico boss è suo cugino, Gino Costanzo, dagli anni Novanta in carcere dove sta scontando l’ergastolo. Dopo gli arresti, il candidato replicò così alla Gazzetta del Sud: “Se mai è esistito questo clan – sono le sue parole – di sicuro io non ho mai avuto rapporti e sono sicuro di non aver mai chiesto voti ad affiliati”.

Le carte dell’inchiesta della Dda, nella quale Costanzo non è indagato, dicono cose diverse. Il Nucleo investigativo dei carabinieri, infatti, ha intercettato questa sua frase: “Vedi di darmi un contributo perché io me la gioco alla grande la partita con lui”. Lui era Mimmo Tallini di Forza Italia che è stato coinvolto nell’indagine della Dda e assolto in primo grado. L’interlocutore al quale Costanzo ha chiesto un “contributo”, invece, era Domenico Scozzafava, “l’uomo della pioggia”, condannato in primo grado a 16 anni di carcere perché considerato dai pm il trait d’union tra gli ambienti politici e quelli legati alla ‘ndrangheta.

Non per mafia ma per truffa e falso ideologico è accusato Ivan Muraca, candidato a consigliere nella lista Azione popolare che sostiene Talarico. Secondo la guardia di finanza, Muraca avrebbe indebitamente percepito aiuti comunitari destinati a finanziare l’avviamento della sua azienda agricola: 124mila euro che il Tribunale di Catanzaro gli ha sequestrato disponendo, nei suoi confronti anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi. Intanto però nella Pubblica amministrazione prova a entrarci come eletto.

La corsa alla carica di sindaco, comunque, difficilmente si risolverà al primo turno: l’ipotesi più accreditata è quella di un ballottaggio tra Fiorita (centrosinistra e M5s) e Donato (Lega, Forza Italia e civiche). Se le canditure di Antonio Campo e Francesco Di Lieto possono essere intese “di servizio”, ad insidiare i pronostici però ci sono sia Antonello Talerico (sostenuto dall’ex forzista Mimmo Tallini) che la candidata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro. Giorgia Meloni ha puntato sulla deputata che è coordinatrice regionale del partito. Dopo che il resto della coalizione ha puntato un ex del Pd, Fratelli d’Italia si è defilata ricorrendo all’usato sicuro ma quantomeno “coerente”. Oltre che parlamentare, infatti, Ferro è stata in passato anche presidente della Provincia: anni di politica, sempre a destra. Non ci sono sondaggi ufficiali, ma la sensazione è che il sacrificio della Ferro stia trascinando la lista e non il contrario. Neanche dalle parti della Meloni comunque si spera a un sindaco di Fratelli d’Italia, ma la Ferro potrebbe arrivare anche al 7-8%. I voti che mancano al centrodestra per non rischiare una debacle. E questo non può che favorire il centrosinistra unito. Trasversalismo permettendo.

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